Davanti all'infinito del mare e alla potenza del sole che entra nella carne.E' quasi un'adorazione inconsapevole. Quella delle claustrali o degli eremiti è un'adorazione cosciente: contemplano un volto in cui si racchiudono tutti i mari e i soli e le stelle, tutte le albe e tutti i tramonti, Colui che dà consistenza ad ogni granello di sabbia, a ogni cristallo di neve delle alte montagne, all'universo intero..
Ma forse anche noi, turisti del tempo, siamo pellegrini del'eterno e in questo periodo sospeso delle città deserte, delle spiagge affollate o delle alte vette, contempliamo senza saperlo il "mistero eterno/ dell'esser nostro" (Leopardi).
Cesare Pavese ha dedicato un libro memorabile a questo momento di sospensione, dove le "ferie" dal lavoro spalancano davanti una voragine, quella del tempo vuoto, così insolita ed allarmante da dover essere riempita affannosamente di distrazioni o di torpore.
Forse uno dei modi migliori di gustare l'estate è proprio la lettura, Anche - perchè no - di "Feria d'agosto" " In verità" scriveva Pavese in questo strano libro " siamo tutti in attesa (...) La compagnia che ci facciamo serve a distrarci dalla varia attesa, dal vuoto instabile che la tentazione di tacere crea dentro di noi ". E ancora " Non si sfugge nemmeno nell'acqua, alla solitudine e all'attesa (...). Che cosa deve dunque accadere? (...) . Ma siamo tutti inquieti; chi seduto e chi disteso, qualcuno contorto, e dentro di noi c'è un vuoto, un'attesa che ci fa trasalire la pelle nuda." Certo, Pavese è ipersensibile alle normali risacche della vita. Era vulnerabile come i bambini che non hanno la corazza dell'abitudine e della distrazione a difenderli dagli urti dell'esistenza e avvertono tutto sulla carne viva. Nel " Mestiere di vivere ", Pavese ci dà ancora due suggestioni che bisognerebbe ascoltare e contemplare a lungo...La prima: " Com'è grande il pensiero che veramente nulla a noi è dovuto. Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora perchè attendiamo?" I l primo pensiero ci fa accorgere di essere come i fortunati destinatari di una grande eredità, i principi di un regno che nascendo ci viene elargito, non si sa da chi e perchè. Certo senza alcun merito da parte nostra. Senza che - appunto - ci fosse dovuto alcunchè. Per pura liberalità, per assoluta gratuità. Ma subito dopo subentra la sensazione che questa incomprensibile situazione debba essere - per forza - solo la premessa, la preparazione di qualcosa. Aspettiamo spiegazioni, insomma. Che qualcuno venga a svelarci chi siamo e perchè ci troviamo qui. E quale scopo ha questa donazione che abbiamo ricevuto..
Può sembrare assurdo questo aspettare perchè, secondo lo scrittore, nessuno ci ha promesso qualcosa. Eppure non è proprio così. Perchè intanto tutto ci è stato dato e tutto è una promessa. Tutto è qualcosa di incompiuto, come un sipario che deve aprirsi. E questo è il compito di un sipario; esiste solo per aprirsi a un certo momento.
L'ansia di questa rivelazione non è per nulla passività, ma forse è la vita stessa. Ciò che fa dire ancora a Pavese; " Aspettare è ancora un'occupazione. E' non aspettar niente che è terribile." Perchè senza nulla da aspettare è solo il baratro del nulla che ci si spalanca davanti. E non domani, ma da subito e ingoia già le cose, le ore, i volti amati.E' orribile.Noi avvertiamo che non siamo fatti per questo. Infatti tutti noi, volenti o nolenti, aspettiamo. Il mare in un modo tutto speciale suggerisce questa attesa.
Anche Flaubert lo coglie e lo rappresenta nell'anima della sua Madame Bovary; " In fondo all'anima tuttavia ella attendeva un avvenimento. Come i marinai che si sentono perduti essa volgeva di qua e di là gli sguardi disperati, cercando in lontananza qualche vela bianca, tra le nebbie dell'orizzonte. Non sapeva che cosa aspettasse, quale caso; nè da qual vento questo sarebbe portato, nè a qual riva condurrebbe lei; se fosse scialuppa o bastimento grande, se carico d'angosce o pieno di felicità fino alle murate ". Siamo tutti dei poveretti che dalla riva vedono allontanarsi sempre più, all'orizzonte, il naviglio delle cose e delle persone amate, perchè l'esistenza è un continuo addio. E alla fine arriva la notte che inghiotte tutto. Ma c'è un'altra possibilità, che sussurriamo al nostro cuore e che tacitamente desideriamo per i nostri figli. Che in realtà noi viventi siamo lì sulla riva in attesa di una nave che arrivi all'orizzonte con il grande Amore della vita, con la Felicità che un giorno si avvicinerà e sbarcherà sulle spiagge della nostra esistenza. Anche se si crede, come Pavese, che nessuno ce l' l'ha promessa ( ma in realtà ci è stata promessa), questa è l'attesa che abbiamo davvero nel cuore. Ed è inestirpabile. Luminosa come il sole d'Agosto.
Ma forse anche noi, turisti del tempo, siamo pellegrini del'eterno e in questo periodo sospeso delle città deserte, delle spiagge affollate o delle alte vette, contempliamo senza saperlo il "mistero eterno/ dell'esser nostro" (Leopardi).
Cesare Pavese ha dedicato un libro memorabile a questo momento di sospensione, dove le "ferie" dal lavoro spalancano davanti una voragine, quella del tempo vuoto, così insolita ed allarmante da dover essere riempita affannosamente di distrazioni o di torpore.
Forse uno dei modi migliori di gustare l'estate è proprio la lettura, Anche - perchè no - di "Feria d'agosto" " In verità" scriveva Pavese in questo strano libro " siamo tutti in attesa (...) La compagnia che ci facciamo serve a distrarci dalla varia attesa, dal vuoto instabile che la tentazione di tacere crea dentro di noi ". E ancora " Non si sfugge nemmeno nell'acqua, alla solitudine e all'attesa (...). Che cosa deve dunque accadere? (...) . Ma siamo tutti inquieti; chi seduto e chi disteso, qualcuno contorto, e dentro di noi c'è un vuoto, un'attesa che ci fa trasalire la pelle nuda." Certo, Pavese è ipersensibile alle normali risacche della vita. Era vulnerabile come i bambini che non hanno la corazza dell'abitudine e della distrazione a difenderli dagli urti dell'esistenza e avvertono tutto sulla carne viva. Nel " Mestiere di vivere ", Pavese ci dà ancora due suggestioni che bisognerebbe ascoltare e contemplare a lungo...La prima: " Com'è grande il pensiero che veramente nulla a noi è dovuto. Qualcuno ci ha mai promesso qualcosa? E allora perchè attendiamo?" I l primo pensiero ci fa accorgere di essere come i fortunati destinatari di una grande eredità, i principi di un regno che nascendo ci viene elargito, non si sa da chi e perchè. Certo senza alcun merito da parte nostra. Senza che - appunto - ci fosse dovuto alcunchè. Per pura liberalità, per assoluta gratuità. Ma subito dopo subentra la sensazione che questa incomprensibile situazione debba essere - per forza - solo la premessa, la preparazione di qualcosa. Aspettiamo spiegazioni, insomma. Che qualcuno venga a svelarci chi siamo e perchè ci troviamo qui. E quale scopo ha questa donazione che abbiamo ricevuto..
Può sembrare assurdo questo aspettare perchè, secondo lo scrittore, nessuno ci ha promesso qualcosa. Eppure non è proprio così. Perchè intanto tutto ci è stato dato e tutto è una promessa. Tutto è qualcosa di incompiuto, come un sipario che deve aprirsi. E questo è il compito di un sipario; esiste solo per aprirsi a un certo momento.
L'ansia di questa rivelazione non è per nulla passività, ma forse è la vita stessa. Ciò che fa dire ancora a Pavese; " Aspettare è ancora un'occupazione. E' non aspettar niente che è terribile." Perchè senza nulla da aspettare è solo il baratro del nulla che ci si spalanca davanti. E non domani, ma da subito e ingoia già le cose, le ore, i volti amati.E' orribile.Noi avvertiamo che non siamo fatti per questo. Infatti tutti noi, volenti o nolenti, aspettiamo. Il mare in un modo tutto speciale suggerisce questa attesa.
Anche Flaubert lo coglie e lo rappresenta nell'anima della sua Madame Bovary; " In fondo all'anima tuttavia ella attendeva un avvenimento. Come i marinai che si sentono perduti essa volgeva di qua e di là gli sguardi disperati, cercando in lontananza qualche vela bianca, tra le nebbie dell'orizzonte. Non sapeva che cosa aspettasse, quale caso; nè da qual vento questo sarebbe portato, nè a qual riva condurrebbe lei; se fosse scialuppa o bastimento grande, se carico d'angosce o pieno di felicità fino alle murate ". Siamo tutti dei poveretti che dalla riva vedono allontanarsi sempre più, all'orizzonte, il naviglio delle cose e delle persone amate, perchè l'esistenza è un continuo addio. E alla fine arriva la notte che inghiotte tutto. Ma c'è un'altra possibilità, che sussurriamo al nostro cuore e che tacitamente desideriamo per i nostri figli. Che in realtà noi viventi siamo lì sulla riva in attesa di una nave che arrivi all'orizzonte con il grande Amore della vita, con la Felicità che un giorno si avvicinerà e sbarcherà sulle spiagge della nostra esistenza. Anche se si crede, come Pavese, che nessuno ce l' l'ha promessa ( ma in realtà ci è stata promessa), questa è l'attesa che abbiamo davvero nel cuore. Ed è inestirpabile. Luminosa come il sole d'Agosto.
Lo so che accanto a Flaubert, Pavese e Leopardi questa è ben meschina osservazione, ma, a proposito di spiagge affollate, il Vecchianese doc ( come la sottoscritta), è abituato al Parco, con chilometri di spiaggia libera. Per questo la sua postazione è composta da un quadrilatero delimitato da: ciabatte, borsa, asciugamano, pallone, su un'area di circa 30 metri quadrati. Ma se vai a Viareggio ...sardine!!
RispondiEliminaCiao, Antonella:)
Marilena
EliminaHai ragione, sardine. Io non amo il mare, come ho già avuto occasione di dire amo navigare il mare e quindi un punto di vista diverso non guardare dalla costa l'infinito del mare ma dall'infinito buttare uno sguardo sul finito della costa...Dio mio il caldo mi fa filosofeggiare troppo! Ciao, un abbraccio.
Antonella
I love such beach's shores...
RispondiEliminaLovely serie,
Best regards from Paris,
Pierre
RispondiEliminaGrazie, se ho ben capito ti piacciono le foto con le orme, per onestà devo dire che le ha scattate mio cugino. Un caro saluto.
Antonella
Gli autori che tu citi mi confermano quanto si dice intorno ai poeti: loro sanno esprimere con naturalezza ciò che l'Uomo di ogni tempo non è in grado di dire, pur pensandolo e sentendolo nell'intimo.
RispondiEliminaUn saluto, Antonella, sperando in un po' di refrigerio.
RispondiEliminaQuanto è vero quello che dici, i poeti sanno leggere l'animo umano e sanno esprimere quello che da sempre l'uomo sente come un grumo dentro do sè ma non è in grado di trasformarlo in parole.
Riguardo al refrigerio sono sconsolata, domani arrivano 5 quintali di pomodori per la passata e con questo caldo...credimi mi spaventa l'idea! Ciao un abbraccio.
Antonella
Antonella ti confesso che non ho letto il post ma i miei occhi sono stati rapiti dallo splendore delle immagini....favolose!
RispondiElimina
RispondiEliminaCiao, grazie, non sono tutte foto mie, quelle delle orme le ha scattate mio cugino.
A presto.
Antonella
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EliminaCiao, scusami, ho erroneamente cancellato il tuo commento, ogni tanto faccio dei pasticci terribili, e quelli come questo mi fanno stare male perchè è una cosa che spero di non dover mai fare quella di eliminare dei commenti. Dunque se riporto esattamente scrivevi "ma adesso o quest'inverno?" e naturalmente ti riferivi alle foto. La prima è nell'ottobre di 2003 a Isola delle Femmine Palermo. Le altre (che secondo me sono bellissime) sono dell'inverno del 2006 (forse 2007) a Capo Verde.
EliminaCiao e scusa ancora questo "orribile gesto".
Antonella
Eh! sì! Alla fine della storia ci accorgiamo che aspettiamo la felicità per i nostri figli. Niente più renderci più contenti che la loro felicità. E che il mare della vita sia pieno e ricco, con poche burrasche e tanta acqua calma, con il vento che spinge lontano.
RispondiEliminaIo non mi annoio mai d'estate perchè ho sempre un sacco di lavoro da fare...quest'anno i muratori in casa mi hanno dato tanto di quel lavoro (in fatto di pulizie )da averne almeno fino a Natale.
RispondiEliminaCiao Katherine, io devo dire che in estate sono pigra, il caldo, anche quando non è così caldo' mi fa stare veramente male e mi intorpidisce un po'. al punto che anche leggere diventa un peso. Io dico sempre che i miei giorni d'estate sono giorni sprecati, trascorsi nell'attesa che passi per ritrovare la mia abituale vitalità. Ciao, a presto.
Antonella
io aspetto che le spiagge si svuotino... adoro il mare in solitaria e l'estate non fa per me...
RispondiEliminaper il resto non aspetto più quella nave - ho dato e avuto - amen
non credo più a niente e nessuno, vivo il presente e mi accontento di quello che ho. Ho visto troppe brutte cose per sperare in qualcosa di buono.
Io credo che bene o male di cose brutte ne abbiamo viste tutti. Ci sono vite che sembrano perfette e poi se scavi scopri che sono state tanto provate, forse sono state provate al di là di quello che normalmente si considera sopportabile. Anch'io ho avuto i miei dispiaceri piccoli e purtroppo anche grandi, ho sempre cercato di tirarmi di nuovo in piedi e alla fine sono contenta di quello che sono diventata. Se sono così come sono è anche per quelle cose negative che ho vissuto. Io la nave la aspetto ancora, magari non davanti al mare in estate (che proprio non lo sopporto ), magari davanti al mare in inverno...però la aspetto e so che arriverà. Ciao, un abbraccio e un saluto affettuoso.
RispondiEliminaAntonella
E' vero. Siamo anche il risultato dei nostri errori e non saremmo così oggi se non avessimo avuto tutto nel nostro percorso. Personalmente, malgrado tutto, compatisco chi ha avuto una vita troppo facile o serena. Non conosce veramente se stessa e quindi è una persona incompleta...
EliminaVedo che non sono l'unica a cui piace il mare d'inverno.
Adoro il mare in inverno! Ma quello che volevo dirti è che anch'io compatisco chi ha avuto una vita troppo facile e serena, non si conosce certamente in profondità, probabilmente non sa qual'è il suo limite, è sicuramente una persona incompleta e credo anche poco comprensiva verso i dolori degli altri. A presto.
EliminaAntonella