mercoledì 29 luglio 2015

Expo, bello il padiglione inglese ma in pochi lo capiscono





Che verso fa l'ape? Zzz, direbbe qualcuno. Ebbene non è così.
E a dimostrarlo ci pensano le api di Nottingham che nel padiglione della Gran Bretagna a Expo 2015 
ogni giorno incantano e confondono i visitatori con mille suoni differenti a seconda
dell'ora del giorno, che sia l'alba o il tramonto.








Quello inglese è uno tra i padiglioni più gettonati e lo si capisce osservando, da lontano,
 il flusso di curiosi che ogni giorno si avvicina alle " maestre delle api ", le giovani volontarie
del padiglione che distribuiscono incessantemente come piccole operaie il ticket orario per accedere
al grande alveare.








Ad alcuni l'idea di non poter entrare subito e di dover rispettare una fascia oraria
precisa fa storcere un po' il naso " il padiglione è vuoto, perchè dovrei aspettare un'ora
per entrare in uno spazio che posso vedere ora ? " lamentano alcuni visitatori.









La risposta è semplicissima e arriva direttamente dallo staff inglese.
" L'idea di base è di vivere un'esperienza quasi spirituale e per qualche istante sentirsi
come un'ape, immedesimarsi con l'insetto,vedere quello che vede lei " e per godere
al meglio di questa esperienza " di volo " bisogna essere " pochi in una condizione di silenzio quasi totale ".









E così inizia il viaggio. Tra i dubbi sull'essere un insetto per un minuto, ragazzini - tantissimi -
che pensano di correre all'interno di un labirinto e turisti dubbiosi che, non capendo bene
quanto accade intorno a loro scattano foto " per non perdersi proprio nella. "








D'impatto il padiglione è bellissimo.
Ma pur essendo tra le installazioni più fotografate il padiglione britannico
ha un altro primato: è uno dei più criticati.
La colpa secondo un campione di turisti intervistato ieri all'uscita dell'alveare, è la 
mancanza di spiegazioni su quello che si sta per vedere.









Tanti però sono i commenti di chi rimane estasiato dal contatto con la natura
e dall'avventura all'interno dell'enorme alveare alto 17 metri, realizzato dall'artista
britannico Wolfgang Buttress e composto da 170mila diversi pezzi codificati uno ad uno
che compongono la struttura.









Dall'alto dell'alveare è possibile è possibile volgere uno sguardo ai padiglioni circostanti,
accompagnati da un ronzio costante, il suono, del tutto live proviene da alveari
posizionati a Nottingham e il cui audio è riprodotto a Milano grazie a decine di 
accelerometri.









Un consiglio: visitate il padiglione poco prima della sua chiusura. All'interno dell'alveare,
 la pioggia di luci a led ricrea colori e musiche in base al lavoro delle api di  Nottingham.








E lasciate perdere il bar sulla terrazza. Nonostante gli chef stellati
 che creeranno mensilmente menù su misura, le vere degustazioni sono altrove.





( Fonte Marianna Baroli, Libero del 6 maggio 2015 )
( Immagini dal web )





lunedì 27 luglio 2015

Tra te & me: Castelmagno vs Caciocavallo






Tre Te&Me, come sapete, è una rubrica nata in collaborazione con Audrey del blog "L'atelier du Fantastique". Solitamente, questo piccolo e sporadico spazio, ci mette a confronto mostrando i nostri differenti punti di vista ma a partire da oggi ci permetterà anche di parlare di tipicità. Difatti, io e Audrey, vi mostreremo ogni volta un prodotto tipico delle nostre zone, in questo caso io parlerò del Castelmagno e lei del Caciocavallo. Voi, invece, nei commenti, potrete raccontarci una vostra tipicità appartenete allo stesso campo o semplicemente votare la vostra preferita. Una piccola "sfida", per mostrarvi qualche bontà e primizia da non perdere e, perchè no, apprendere anche qualcosa in più sul nostro territorio.





Il Castelmagno



Non lasciatevi ingannare dalla sua " faccia " pulita e da quell'aria " tenera " e " innocente ", 
perchè " lui ", il prezioso Castelmagno delle Valli piemontesi, vale tanto oro quanto pesa!
Volete le prove? Allora, dovete sapere che... Correva l'anno 1277 quando nei comuni tra
 Castelmagno e Celle di Macra, l'usufrutto di pascoli o piccoli appezzamenti di terreno si pagava
in...forme di formaggio Castelmagno. A dettare l'originale" canone di affitto " era stato
l'allora signore di queste terre il Marchese di Saluzzo, un autentico amante della stagionata
cagliata piemontese.








Da allora, la fama del Castelmagno ( che deve il suo nome proprio a questo comune, anche se di
formaggiai specializzati se ne contano pure nelle zone di Pradleves e Monterosso Grana, intorno a Cuneo )
non ha potuto che crescere, raggiungendo le vette che conserva ancora oggi. Perchè?








Semplice: le sue selezionatissime e " segretissime " origini, ossia il latte della
" pura razza piemontese ", nobile " stirpe " vaccina, abituata a nutrirsi solo di foraggio fresco
( anche se qualche formaggiaio non disdegna di unire piccole quantità di latte
caprino e ovino )








Chiamatelo pure " snob " , ma per il Castelmagno è solo una questione di tradizioni.
Le stesse che gli impongono lunghi periodi di ritiro nelle " risole " ( speciali fagotti
in cui resta appeso un'intera giornata ) prima di raggiungere, in fascera,  le esclusive
grotte di stagionatura. Solo qui, infatti, imparerà le " buone maniere " , le regole
per essere sempre all'altezza. in ogni luogo e...su ogni tavola.








Perchè una volta ridotto in " quarti " ( o in consistenti fette ), il Castelmagno non può non farsi 
apprezzare: e allora si lascerà affettare e gratinare su generose fette di polenta, soprattutto se 
fresco e ancora morbido, o ridurre a scaglie e servire nei carpacci, affettati e corposi vini rossi. 
Proprio come si fa nelle valli piemontesi, che lo hanno visto nascere, crescere e divenire " torto "
ossia duro, dall'aspetto giallo ocra con venature blu e molto, molto gustoso!








Dimagrire dentro a una...risola



Come tutti i migliori anche il Castelmagno si fa " in quattro " per arrivare in tavola
nella sua forma migliore. Come? Innanzi tutto con il latte che passa  dal secchio
della mungitura alle focose " braccia " ( 37 / 38 gradi ) di una caldaia.
Un incontro mozzafiato, certo, ma di breve durata, perchè una volta coagulata e
rotta a puntino, la cagliata viene raccolta e sistemata in appositi teli " risole ",
del tutto simili a grandi amache








Prima di godersi il meritato riposo, tuttavia, il latte viene pressato leggermente e
finalmente lasciato " sgocciolare " per circa 12 ore. Trascorso questo tempo è 
pronto per compiere il primo trasloco, ovvero entrare in speciali recipienti di legno
dove soggiornerà, in totale relax, dai 2 ai 5 giorni. E il meglio deve ancora arrivare.


















Uscito dalle risole il formaggio è di nuovo" massaggiato " ( o meglio rimescolato da mani abili )
e preparato per il secondo trasloco: quello in fascera. Qui vi resta, compresso ben bene da 
un torchio, da 1 a 3 giorni, ma la " tortura " dura poco. Scoccato il terzo
giorno, il Castelmagno si libera di torchio e fascera, si lascia condire a dovere
( ovvero salare per quasi 48 ore ) e quindi si avvia verso lidi migliori, freschi e assolutamente
riposanti


















Sarà nelle umide grotte ( o nelle cantine di fondovalle come quelle di Caraglio )
che il suo spirito " crescerà " e si rinvigorirà fino al momento ( dopo 2 / 3 mesi,
anche se i formaggiai consigliano 5 ) di sbarcare in ...tavola.














Certo non tutti i fratelli hanno tanta fretta: i più difficili e snob ( quelli che per
definizione amano farsi aspettare), si lasceranno " coccolare " nelle muffe per molto,
molto più tempo, almeno quello necessario a cambiare " abito " !














Il loro " ingresso in società " , a quel punto, li vedrà ammantati di abiti arancioni,
" profumati " quanto basta da non passare inosservati e l'interno sarà tempestato di
" gioielli blu e verdi "








Il fascino delle tempie brizzolate

Paura di invecchiare? Se provate a chiederlo ad un formaggio di razza come il 
Castelmagno la sua risposta sarà semplicemente " no ". Come dargli torto...
Una volta indurito a puntino, macchiettato di strane e curiose " presenze " colore verde
o blu, e soprattutto avvolto da stagni abiti marroni o giallo intenso diventa il signore
indiscusso di tavoli e pranzi di tutto rispetto.








Ma non crediate, arrivare a simili altezze non è da tutti! Occorrono tempi lunghi, certo,
ma anche virtù innate che alcuni latticini hanno ed altri no.
 Durante la " maturazione " o " stagionatura "
( che è poi l'ultima fase della lavorazione del formaggio ), la struttura del latte cagliato
( quella massa che si ottiene una volta eliminato tutto il siero ) subisce delle variazioni.
In altre parole accade che le molecole del formaggio, ad opera di enzimi e microrganismi,
 si dividano e diano vita a prodotti completamente diversi con proprietà che cambiano  a seconda
del tipo e delle dimensioni delle scissioni che si sono verificate.








Un primo effetto?  Quando è ancora " giovane " il coagulo è friabile e poco
saporito; a mano a mano che " invecchia " il suo sapore diventa sempre più intenso e pronunciato.
Ma chi sono questi enzimi e microrganismi che tanta parte giocano nel successo
di un formaggio? Nient'altro che comuni muffe e batteri. La loro " azione " tuttavia non è
sempre uguale.








Nel caso dei formaggi erborinati come il Gorgonzola questi instancabili lavoratori agiscono 
dall'interno e solo dopo qualche tempo perchè è col tempo che si formano.
In formaggi come il Grana Padano o il Pecorino, invece, le trasformazioni avvengono, 
ancora all'interno della pasta, per opera di batteri che già inizialmente sono presenti nel latte.
E' di questa grande famiglia  che fa parte anche il Castelmagno stagionato.








Tutta un'altra categoria è invece quella che riguarda i latticini " avvolti " dalle muffe, 
ossia con trasformazioni solo all'esterno. Un esempio? In Taleggio e il
Camembert diventano "prime donne " solo una volta che le muffe li hanno avvolti per benino.
E ora la fatidica domanda: ma quanto tempo occorre perchè questo acceda?
Impossibile a dirsi. Molto dipende dal tipo di formaggio, dall'ambiente in cui si trova e,
soprattutto, dalle " cure " che riceve.





( Fotografie il Tempo Ritrovato: Castelmagno - Cuneo )
( Fotografie dei formaggi e della lavorazione dal web )









Bè, dopo tutta questa " signorilità " voglio proprio vedere cosa riescono ad inventarsi
Audrey e quel simpatico diavolo del suo amico Caciocavallo...mi sa che questa volta
non c'è storia la partita  la vince il Nord...
Dai, andiamo insieme a sbirciare cosa stanno combinando quei due e poi , se volete,
ci direte la vostra opinione.





mercoledì 22 luglio 2015

Expo, Padiglione Zero






E' certamente il fiore all'occhiello di Expo 2015. Padiglione Zero affascina proprio tutti.
Discreto, nella sua facciata di legno con il profilo che ricorda l'ondulatura delle montagne e da cui,
con fare dai tratti un po' curiosi compare la chioma di un albero, uno dei must - see di questo angolo 
di esposizione.








Ma torniamo un attimo indietro e soffermiamoci ad osservare la facciata del padiglione. 
Qui spicca a caratteri imponenti la scritta " Divinus halitus terrae", cioè
" Il respiro divino della terra "










Il benvenuto, essendo questo il punto di partenza di tutta Expo, non può che essere dato da una lunga
coda. Ma non scoraggiatevi, l'esposizione all'interno del padiglione vi lascerà meravigliati
al punto che la fatica delle decine di minuti passate sotto il caldo sole meneghino
saranno ben ripagate.








Il padiglione è stato progettato da Miche De Lucchi e realizzato da Gian Carlo Basili.
Con i suoi 5.000 metri quadrati vi guiderà in un viaggio attraverso la storia 
alimentare dell'uomo.








Varcate dunque le porte e lasciatevi togliere il fiato dall'enorme Biblioteca/ archivio
in legno, elegante e pieno di cassettoni.
Qui scoprirete, è conservata la memoria dei vari riti e delle pratiche dell'alimentazione
che si sono succedute nei secoli.







Varcate il grande arco e - provate - a soffermarvi nella sala dove sono proiettate immagini
dedicate a caccia, pesca, coltivazione e allevamento. Qui dovrete lottare con i gruppi
orientali che si soffermano a registrare ogni istante di show.
Vero protagonista della sala, però, è un grande albero, alto 23 metri, che buca il soffitto
ed esce oltre il tetto.








La sala seguente, attenti, ha un divieto: proibito toccare gli animali in esposizione.
Tuttavia pochi, anzi pochissimi, sembrano rispettare la richiesta  e gli animale, che rappresentano
riproduzioni di alcune delle specie che gli uomini hanno allevato o cacciato nel 
corso dei secoli, vengono utilizzati come perfetti compagni di selfie.








Nella sala troverete proprio di tutto, dai pesci appesi al muro alle oche e i conigli passando 
per i maiali fino al bufalo.









La preferita rimane tuttavia la grande sala degli attrezzi. Qui, all'ombra del mulino 
completamente realizzato in legno sono esposti strumenti ed utensili utilizzati
dall'uomo nel corso degli anni per coltivare la terra.








Un ultimo passaggio, certamente d'effetto, è l'accesso al grande vaso, circondato da anfore
e da otri provenienti da vari mesei del mondo, allestita così da simboleggiare la conservazione
e il trasporto dei cibi nei secoli.








L'ultimo passaggio è quello verso l'epoca moderna, dell'industrializzazione.
Ai visitatori viene presentato un enorme plastico grande circa 320 metri quadrati che
mostra come l'uomo ha modificato l'ambiente nel passare del tempo.








A lasciare a bocca aperta i più tecnologici è certamente la sala che ricorda la Borsa.
Qui un enorme muro digitale raccoglie " le fluttuazioni dei valori e il flusso senza sosta
del consumo degli alimenti in tutto il mondo ". E sebbene una delle installazioni più importanti
sia quella dedicata allo spreco del cibo, per molti è la parte più deludente del percorso.








La gigante " collina " formata dagli scarti quotidiani, infatti, pur essendo uno
dei temi portanti di Expo non arriva dritta al cuore del messaggio.
Peccato.








La Pagella


SI'

* La sala della libreria
* Le statue degli animali
*Il tabellone digitale


NO

* I cinesi che riprendono il video iniziale
* La troppa attesa tra una sala e l'altra
* La montagna degli sprechi.




































( Fonte Marianna Baroli, Libero del 7 giugno 2015 )
( immagini dal web )

Piemontesità

Piemontesità
" ...ma i veri viaggiatori partono per partire, s'allontanano come palloni, al loro destino mai cercano di sfuggire, e, senza sapere perchè, sempre dicono: Andiamo!..." ( C.Boudelaire da " Il viaggio")