lunedì 30 marzo 2015

Un gatto






Una sera di gennaio passeggiavo nelle vie di Biella con mio marito e i nostri ragazzi pelosi,
in una vetrina ho visto un gatto il legno, un porta rotoli, e così mi è nata l'ispirazione di costruirne 
uno per mia sorella, che fin da piccoli chiamiamo Torre dei Gatti  a causa della sua passione
per questi animali - e non chiedetemi cosa c'entra la Torre perchè non lo so - e che oggi è
una grande collezionista di gatti di ogni genere.








E così mio marito mi ha preparato lo " scheletro " in legno verniciato color fucsia
ed io ho provveduto a decorarlo con grandi occhi verdi...








Baffi lunghissimi e fioccone verde a fare da papillon








Alla fine ho inserito i rotoli, in questo caso visto che verrà posizionato in bagno,
l'ho fornito di rotoli di carta igienica bianchi e rosa per ottenere l'effetto rigato
dello Stregatto in Alice nel paese delle meraviglie.








Ed ecco pronto un " pezzo " da collezione che è stato accolto tra risate e 
immediatamente inserito nella vastissima collezione.
Naturalmente può essere usato anche per i rotoli di carta da cucina, secondo me è un'idea facile
da realizzare, simpatica ed ironica.









venerdì 27 marzo 2015

Speciale Fatterellando: Fabergè e le uova dello zar, seconda edizione.





Con l'arrivo della pasqua Fatterellando vi tiene compagnia
 con un' edizione speciale dedicata alle feste e, come già accaduto l'anno scorso, il tema è incentrato sulle uova più famose del mondo, quelle di Fabergé. Mentre con la prima edizione  " Fabergè e le uova dello Zar ( Qui post Antonella  Qui post Audrey )  abbiamo scoperto chi era Fabergé, come sono nate le sue uova, quale fosse il legame con la dinastia Romanov e
la loro abilità nel creare questi doni preziosi, quest'anno vi mostriamo e spieghiamo i segreti di 4 magnifiche creazioni: Flawers egg, Pellicano egg (presentate da Antonella), l'uovo bocciolo di rosa e l'uovo dei mughetti (presentate da  Audrey ).









Il Basket of Flowers Egg, conosciuto anche come “Wild Flowers Egg”, è fatto di argento, il vaso dorato, smalto guilloché opalescente color madreperla e blu scuro, diamanti taglio rosa, smalto verde opaco e smalti multicolori per i fiori. Lo zar Nicola II lo ha presentato a sua moglie, l'imperatrice Aleksandra Fyodorovna il 14 aprile 1901, giorno della Pasqua ortodossa.
Sotto forma di un cesto di fiori di campo, ha il corpo d'argento ricoperto di smalto opalescente color madreperla, applicato con un lavoro a traliccio realizzato con diamanti taglio rosa. La data,1901, è anch’essa in diamanti taglio rosa; la base è in smalto blu scuro. La bella composizione di fiori di campo si trova appoggiata su del muschio verde in fili d'oro.








La profusione di fiori di campo smaltati d'oro nel cesto di fiori, è la prova dell’ interesse del Fabergé per la natura. Ogni fiore, ogni foglia, sono minuziosamente modellati e smaltati il più realisticamente possibile. I fiori sono realizzati in oro e coperti con una varietà di smalti multicolori, rosa, bianco, blu scuro, arancio e malva. Il cesto è rifinito con un set di diamanti. Non è noto se ci fosse una sorpresa: la fattura Fabergé originale parla di "perle" e poiché non ci sono perle sull’uovo, sono stati collegate alla sorpresa. Una broche o un filo di perle, forse sono da collegare in qualche modo all’ uovo?









Le uova di Pasqua imperiali erano create con la massima riservatezza e, una volta consegnate, erano conservate negli appartamenti privati della famiglia imperiale. Solo in un' occasione durante il regno dello zar Nicola II, il pubblico russo è stato in grado di ammirare alcune di esse. Ciò è avvenuto ad una mostra di beneficenza, svoltasi sotto il patrocinio della zarina Alexandra Fyodorovna nel marzo 1902, presso il palazzo del barone Von Dervis in St Petersburg.
The Basket of Flowers Egg fu esposto in quell’ occasione, e le fotografie mostrano il vaso a forma di uovo con la base smaltata bianca; si presume che il sostegno, forse danneggiato successivamente, fu restaurato dopo la Rivoluzione russa e il colore cambiato da bianco a blu scuro. Nessuna traccia del pagamento per la riparazione è stata però ritrovata.








La recente scoperta della fattura Fabergé per 6.850 rubli, del 16 aprile 1901, ha confermato che l'uovo era stato ordinato dallo zar Nicola II per la zarina Alessandra Feodorovna. Nel 1917 l'uovo fu confiscato dal governo provvisorio e venduto per 2.000 rubli: l'identità dell'acquirente non è nota, ma è probabile fosse l’ industriale americano Armand Hammer. Nel 1933 The Basket of Flowers Egg fu acquisito dalla regina Mary, e nel 1953 ereditato da Elisabetta II.








Pellicano




L'uovo è fatto di oro rosso inciso in stile Impero,, smalto, diamanti, perle, avorio ,smalto grigio, rosa e blu opalescente, acquerello su avorio; gli ornamenti sono incisi. E’ uno dei pochi che non è smaltato su gran parte della sua superficie.







In coincidenza con la celebrazione del centenario del patrocinio delle istituzioni caritatevoli dell’ Imperatrice, questo uovo è inciso con le date commemorative "1797-1897" e con i motivi delle Arti e delle Scienze. L'uovo è sormontato da un pellicano in grigio opalescente, smalto blu e rosa, tempestato di diamanti, che alimenta i suoi piccoli, emblema per la fede cristiana di pietà, amore e carità verso il prossimo e, in quanto tale, è rappresentato sempre nell'atto di lacerarsi il petto per nutrire i suoi piccoli. Tale immagine è detta " pellicano con la sua pietà."









La simbologia deriva dal fatto che la femmina nutre i piccoli stritolando i pesci che tiene a macerare nella sacca membranosa che pende dalla mandibola inferiore. Quindi preme il becco contro il petto e ne fa uscire il cibo, dando così l'impressione che si trafigga per farne uscire il sangue con cui nutre i piccoli.La figura del pellicano e dei suoi piccoli è eseguita in diamanti e smalto bianco opalescente. L'uovo è inciso con motivi classici, reca le date commemorative 1797 - 1897, e la scritta "Visita i nostri vigneti, o Signore, e noi abiteremo in te."








La sorpresa è che l'uovo, sollevato dal suo supporto, si apre in otto pannelli ovali. Si rivelano così, le otto miniature su avorio di Johannes Zehngraf (1857-1908) raffiguranti le istituzioni di cui l'imperatrice vedova era patrona, fondate principalmente per l'educazione delle figlie della nobiltà.









Le miniature sono dipinte su ovali di avorio pieghevoli e racchiuse in una cornice di perle.









Sul retro delle miniature sono elencate le istituzioni ritratte: l’Istituto Xenia,l’Orfanotrofio Nikolai, l’Istituto Patriotic, l’Istituto Smolny, l’Istituto Ekaterina, l’Istituto Pavel, l’Orfanotrofio di San Pietroburgo di Nikolaj e l’Istituto Elisabeth. Chiuso, i pannelli formano l'uovo intero e le separazioni sono ingegnosamente nascoste.







L’uovo è appoggiato su di un supporto in oro variopinto a quattro gambe e conserva il suo astuccio originale in velluto rosso.
A causa delle date 1797 e 1897 sulla base delle uova,per molti anni l’uovo Pelican è stato attribuito al 1897, ma la ritrovata fattura Fabergè originale, mostra che fu presentato per la Pasqua del 1898.






Nel 1930 è stato una delle dieci uova vendute alla Hammer Galleries di New York e tra il 1936 3 il 1938,acquistato da Lilian Thomas Pratt, che nel 1947 lo lasciò al Virginia Museum of Fine Arts di Richmond, negli Stati Uniti.




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La curiosità di Antonella: Quanto vale un Fabergè
Indubbiamente un gioiello Fabergè è un oggetto molto prezioso, dati i materiali raffinati e l’accurata lavorazione (per le uova un intero anno di lavoro!). Nell’asta londinese di pochi giorni fa un pendente in pietra dura, di poco inferiore ai 2 cm di altezza, è stato aggiudicato per oltre 11mila sterline (14.850 euro); mentre un piccolo contenitore in oro e smalti (5.7 cm di altezza) ha toccato le 11.250 sterline. Anche nel giugno 2011 la medesima casa d’aste aveva venduto un pendente in platino e diamanti (2.9 cm) a 15mila sterline (16.780 euro). Il risultato più clamoroso fu toccato, però, da Christie’s, sempre nella capitale inglese, il 28 novembre 2007: il lotto 55, stimato 6-9 milioni di sterline (9-14 milioni euro), fu aggiudicato a 8.980.500 sterline (13.925.609 euro). Si trattava di un grande uovo su basamento, con orologio e movimento automatico.
Le sole uova imperiali contano una cinquantina di esemplari noti, molti dei quali conservati in musei o collezioni private internazionali. Per avere un’idea del valore di una di queste uova, basti pensare che nel 2004 un magnate russo riuscì a riportare in patria ben 9 esemplari, spendendo circa 100 milioni di dollari!




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Vi invito ora a passare da Audrey per ammirare altre due splendide uova










mercoledì 25 marzo 2015

Il Cardellino, Donna Tartt. Solo il diavolo ne può svelare il segreto




Ho letto le prime righe di questo libro e non ci potevo credere.
E' un libro che può buttarvi nello sconforto: ma per le ragioni opposte a quanto
capita con la maggior parte dei romanzi oggi -eddai non solo oggi - in commercio.
Chiusa infatti la sua ultima pagina avviliti vi chiederete e adesso?, cosa leggerò adesso?

Voglio parlarvi del piacere che questo meraviglioso libro prima vi donerà e di cosa realmente 
mi ha spinta ogni sera, per settimane - è un romanzo che va centellinato - a perdermi nell'ipnotico languore delle sue quasi 900 pagine; e ancora adesso a distanza di tempo, a percepirne in lontananza l'eco struggente.








C'è una grande storia, certo, una di quelle imponenti che si scrivevano una volta - come ha detto Raffaele La Capria assegnandogli ilpremio Malaparte - con un giovane prtagonista, Theo Decker, che è il classico orfano dickensiano ma con, in più, il sovrappeso d'una grande, fatale colpa. Perde infatti la madre, dilaniata in un attentato durante una sosta in un museo newyorckese, proprio la mattina in cui lei deve accompagnarlo a scuola per un problema disciplinare. E' sempre lì che il povero ragazzo, per tutta la vita oppresso dal rimorso ( fossi stato un buon scolaro tutto questo non sarebbe accaduto ), spinto da un vecchio gentleman morente, porta in salvo dalle fiamme una piccola tela che è un grande capolavoro; appunto Il cardellino.

Ed è ancora qui che incontra Pippa, nipote del vecchio e amore infelice della sua vita che seguiremo, da quel momento in poi,  lungo la disperata adolescenza fino alla giovinezza da borghese scapestrato facendo conoscenza d'una sfilza di personaggi memorabili; che vanno dal tenero e predestinato amico Andy alla sorella di lui, l'elegante, cinica Kitsey, e ai ricchi coniugi Barbour che adotteranno per un periodo l'orfano ( lei " talmente glaciale, bionda e incolore da sembrare dissanguata "; lui " gli occhi di un curioso grigio cangiante e i capelli di un bianco purissimo" ritratti con la vividezza che solo i grandi scrittori sanno rendere.








E ancora Hobie, l'antiquario dandy, il padre di Theo, attore mancato e sfortunato giocatore verso cui, inoltrandoci nel racconto che si tingerà nel finale dei colori foschi di una crime story, sviluppiamo, insieme al figlio, un senso di infinita compassione; e soprattutto l'amico Boris, la canaglia dal cuore d'oro che sembra uscire dritto dalle pagine di Oliver Twist e che legge ripetutamente L'Idiota inlingua originale. Certo tutto questo insieme alla meravigliosa fluidità della prosa e alla leggerezza di tocco basterebbe senz'altro a fare del Cardellino un romanzo indimenticabile.

Ma c'è, mi pare qualcos'altro ancora e di più segreto. E questo qualcos'altro, questo crisma particolare, sta nel quadro da cui il libro prende il titolo e che illumina, con la sua misteriosa presenza tutto il romanzo. Si tratta di un piccolo prezioso quadro di Carel Fabritius, definito da Donna Tartt con sottile ironia - lo humor ecco un altro degli ingredienti essenziali del libro -, " il più grande pittore fiammingo di cui nessuno ha mai sentito parlare ".








Il quadro rappresenta un cardellino legato a un trespolo con una cordicella, e le pagine dedicate alla sofferenza dell'animaletto, un'intera esistenza in catene, al senso di dignità che dalla sua postura comunque promana sono talmente intense da commuovere anche l'animo più insensibile - in un tempo che ci ha abituati a vedere in ogni istante ben altri scempi. Ma dunque guardiamolo questo quadro. Il prodigio delle pennellate ci restituisce, come se l'avessimo davanti, il minuscolo pennuto;
ma soprattutto appassiona la luce nella quale risplende -" una creatura fatta di luce, che solo nella luce poteva vivere ", scrive la Tartt. Siamo chiaramente di fronte ad un capolavoro. Eppure proprio nel quadro c'è qualche cosa che per così dire non quadra.

A un certo punto del romanzo il protagonista dice " qualunque fossero le ragioni che mi avevano spinto tanti anni prima a nascondere il quadro, a tenerlo con me, ancora prima, a portarlo via dal museo ormai non le ricordavo più " E già: ma allora perchè Theo, come chiunque avrebbe fatto, non lo restituisce al museo? L'aveva preso, dopotutto, solo per esaudire l'ultimo desiderio di un vecchio morente; e poi all'epoca non era che un bambino: circostanze che lo preserverebbero da qualsiasi atto giudiziario. Inoltre, se quando col padre si sposta a Las Vegas - e questa è, conle sue immagini elettriche, i tramonti psichedelici nel deserto che pare inghiottire le propaggini stesse della città, una delle zone più incantatorie del romanzo -, il piccolo Theo può ogni tanto perdersi a contemplarlo, quel prodigioso dipinto, tornato a New York, addirittura si priva della sua bellezza nascondendolo in un deposito.








E dunque e una volta per tutte, perchè non lo restituisce, tanto più che è lui stesso ad ammettere:
" Avevo sempre saputo che tenere il dipinto era un errore. "? Che rappresenta in definitiva per Theo Decker questo " oggetto segreto"? Una reliquia del passato di cui non vuole disfarsi, l'unica cosa che gli ricordi sua madre, gli ultimi istanti passati insieme? O, forse, è l'immagine in cui si specchia la sua triste esistenza? Sissì, il Cardellino è tutto questo, ma c'è sempre qualche cosa che ci sfugge, un fondo che non riusciamo ancora a comprendere.

Ed è stato mentre pensavo e ripensavo al significato ultimo del quadro nel romanzo che mi è tornata alla mente " La storia meravigliosa di Peter Schlemihl " di Adalbert von Chamisso. Schlemihl è, anche lui , un giovane che vive a margine del consesso umano; non come il piccolo Theo, per la sua prodigiosa intelligenza da nerd, ma perchè massivamente maldestro e inadatto al mondo. Tutto dovrebbe cambiare il giorno in cui Peter vende la sua ombra al diavolo per riceverne fortuna, amori e ricchezze e invece, da quel momento in poi, iniziano i suoi guai più seri; adesso a causa della mancanza dell'ombra proprio come per Theo accade per il possesso del quadro. E sarebbe inutile elencare le infinite dispute sul significato ultimo dell'ombra - in Italia ne scrisse Benedetto Croce -,
del perchè sia poi così indispensabile possederne una dal momento che la sua mancanza riduce gli uomino a dei paria. Nessuno infatti è mai arrivato ad una conclusione logica.








Ma non è proprio in questo, in questa oscura risacca che si illumina a tratti della luce ambigua del simbolo  il fascino dello Schlemihl e dunque del Cardellino? A me pare proprio di sì; ed è per quella nebulosa, romantica ambiguità che, a distanza di duecento anni da quando La storia meravigliosa di Chamisso è stata scritta, che ci incantiamo ancora nel leggerla e lo stesso, amo pensare, accadrà per la meravigliosa storia di Donna Tartt.





( immagini dal web )

lunedì 23 marzo 2015

Il sole nero fa leggenda





Venerdì scorso è stato il gran giorno, il giorno dell'eclissi solare.Prima un breve ripasso
delle nozioni di astronomia studiate ( maluccio ) alle medie. L'eclissi solare è quando la Luna 
si interpone tra la Terra e il sole, con un allineamento che fa da scudo ai raggi luminosi.
Esiste quella parziale, quella anulare( in cui il Sole dietrio alla Luna appare appunto come
un anello) e quella totale,come quella di venerdì, la più oscura.








E ora accontentato il Piero Angela che è in noi passiamo alla parte divertente.
Indossiamo la sacra veste del mago, dell'indovino, dello stregone e raccontiamo un minestrone
di corrispondenze, superstizioni, cabale e altre amenità assortite che, dall'inizio della sua credulona
esistenza l'uomo ha collegato alle eclissi solari. Liberi di leggere queste righe con un ghigno
di scettico disprezzo, tanto lo so che di nascosto fate gli scongiuri.








Tanto per cominciare la Luna che venerdì ha coperto il Sole è una luna nuova, la quale esercita
un'attrazione magnetica maggiore sul nostro pianeta, per esempio alzando il livello delle maree.
E nei mari chi ci sono? I pesci, e guarda caso l'eclissi è avvenuta sotto il segno dei pesci, che termina appunto il 20 marzo. E il 20 marzo cos'è? Ma è l'equinozio di primavera, cioè quando il giorno
e la notte hanno lastessa durata, che è cominciata quando, subito dopo l'eclissi, dai pesci
sole e luna si sono spostati in ariete.








Voi direte: Piacere. Eh no, un attimo: 
una siffatta combinazione non è mica da tutti i giorni. Eclissi totale solare più Luna nuova
più maree, più pesci più equinizio, e per giunta a marzo, il mese che prende il nome dal dio della guerra. Tutti simboli che denotano un nuovo inizio, quindi propizi ad imbarcarsi verso nuovi viaggi
o campagne belliche ( in senso figurato...almeno speriamo! ), al tentare le più ardite avventure,
dal lanciarsi in una dichiarazione d'amore al fare quell'investimento rischiosissimo che potrebbe renderci milionari. Insomma almeno un gratta e vinci  sarebbe il caso di comperarlo.




Ma il bello delle superstizioni è la loro ambivalenza: lo stesso fenomeno può essere di buon
augurio o un pessimo presagio, e così anche per l'eclissi c'è chi la vede brutta.
Le leggende nere sono tante, basta andare su internet, ve ne racconto una più occulta e sinistra.



Esiste unn castello d'epoca rinascimentale in Germania che si chiama Wewelsburg, nell'ononimo villaggio, ha una forma triangolare, dal 1934 fu usato dal Reichsfurer Heinrich Himmler come
una specie di tempio per gli elementi migliori - si fa per dire - delle sue SS, che lui vedeva
come la reincarnazione dei mitologici cavalieri del Graal che, nel catello
di Monsalvato, custodivano la coppa dell'Ultima Cena che conferiva l'imbattibilità.
Direte di nuovo: che c'entra con l'eclissi? Ecco: l'eclissi oscura il sole per questo è anche chiamata
sole nero. E cosa c'è intarsiato nel marmo del pianterreno del castello di Wewelburg, nella
mistica e sontuosa Obergruppenfuhrersaal, cioè la sala dei Generali di divisione delle SS,
coperta da una volta sostenuta da dodici colonne e altrettante finestre, cioè il numero
degli apostoli e dei segni zodiacali e delle porte della Gerusalemme Celeste?
C'è una pietra verde scura ( praticamente nera ), simbolo antichissimo, risalente
agli Alemanni del terzo secolo dopo Cristo, della ruota solare, che molte correnti esoteriche
neopagane e naziste chiamano , appunto, sole nero.









Il simbolo, collegato al Sole Centrale dalla celebre occultista ucraina madane Blavatsky,
si identificherebbe con Santur, un leggendario " secondo sole " che 230mila anni fa splendeva
per sei mesi all'anno sopra la popolazione nordica degli iperborei. Questo sole in seguito si estinse,ma il suo fantasma continua ad aleggiare nello spazio irradiando un'energia, secondo la Blavatsky,
che ne fa il perno nascosto del nostro sistema solare.
Non ridete più eh?

venerdì 20 marzo 2015

Tiramisù viole e cioccolato bianco, benvenuta Primavera






" Come viola,
odorosa e solitaria,
lieta come margherite
inspiegate, insolite,
che immobili fissano il sole
da un posto umile,
quieta, addolcente aria d'Inverno.
( C. Rossetti )


Un fiore romantico da lasciare. essiccare tra le pagine di un libro di poesie, Un fiore legato così spesso ai ricordi dell’infanzia.
Ricordo quando, da bambina, con la mia amica - cugina Adriana," andavamo per viole " e
tornavamo a casa con quei gentili e profumatissimi mazzetti...l'ho sempre considerato un fiore
discreto, timido e che proprio per queste sue caratteristiche di riservatezza emana un grande fascino.
Adesso che c'è nell'aria profumo di Primavera mi sono tornati in mente i prati
della mia infanzia e con loro la voglia di qualche cosa di dolce e profumato e così sono andata
a Biella dove esiste " da sempre " un'antica drogheria, la Drogheria Carpano, dove si trova
l'introvabile in quanto a spezie, essenze,  tisane e tè aromatici e ho trovato le favolose
violette candite...ed ecco il profumatissimo Tiramisù di Primavera, perfetto anche per occasioni
importanti come, ad esempio, il pranzo di Pasqua
Prima della ricetta, però, vi voglio dare qualche informazione su questo tripudio di
profumo e sapore che sono le violette candite..








A Madrid esiste un piccolissimo negozio " La Violeta " che dal 1916 vende solo
caramelle, fondants, canditi, sciroppi tutti a base di violetta e tutti prodotti a partire
dal fiore naturale. E sempre a partire dal fiore assolutamente naturale e fresco, un'antica
ditta italiana, " Pietro Romanengo fu Stefano ", che lavora a Genova dal 1780, produce,
oltre a confetteria del più alto livello e a frutti canditi, anche violette " pralinees",
chiamate anche " cristalllisèès ".Le violette provengono dai coltivatori di Albenga
e sono raccolte sempre dopo la festa di San Valentino, sia per il calo dei prezzi, sia perchè
da febbraio in avanti i fiori crescono con lo stelo più corto e sono meno adatte a comporre mazzetti.









Il processo per produrre questa cristallizzazione è di antico uso e sempre
ugualmente eseguito. Albume montato a neve, gomma arabica e zucchero finissimo
sono i soli ingredienti necessari. In poco più di un'ora  le fresche violette appena
raccolte, si trasformano e si cristallizzano.
La loro freschezza e la loro fragranza non dovranno più temere il tempo









Questo fiorellino cristallizzato, impropriamente chiamato candito, è sempre stato
 realizzato così perfettamente che anche nell''800 la sua fama correva.
Si sa da documenti che nel 1860 arrivò alla ditta Romanengo,dai Ducati Centrali (
( Parma, Piacenza, ecc.) un ordine, non solo di violette, ma di molti mazzolini completi
di foglie che dovevano essere cristallizzati per qualche illustre convivio.









Un altra specialità tutt'ora in fabbricazione ( ma non su larga scala )
sono i cioccolatini di pasta amara ripieni di " fondant " alla violetta e guarniti
ciascuno con una violetta "pralinèè "








Altre " confiseries " sulla Costa Azzurra  producono tuttora violette cristallizzate.
 Si sa che anche a Tolosa nel 1898 si faceva commercio di Bombon au parfum de violette
interamente realizzate con fiori freschi, che nonostante una complessa preparazione,
riuscivano a conservare la delicatezza della forma e il bel colore violaceo.








Altre creazioni di confetteria sono prodotte a Bologna dove la tradizione della viola ha,
non note, ma antiche origini, come testimonia l'esistenza della " Palazzina della Viola ",
antica villa della famiglia Bentivoglio il cui giardino in pieno cinquecento
era tutto coltivato a viole ed era denominato  " il luogo violato "!








A Bologna la ditta Majani e la ditta Zanarini producono ancora " fondants "
a forma di viole e viole candite. A Sulmona (Abruzzo) si producono confetti aromatizzati alle viole con mandorle di Avola, la famosa mandorla siciliana, avvolte da uno strato di cioccolato bianco alle viole, altri deliziosi confetti con il cuore di gelatina di viole. È possibile preparare anche un gustoso gelato alle viole, torte, risotti. Nella pasticceria piemontese esiste una tradizione del tutto particolare, quella delle violette candite di Borgo San Dalmazzo, servite come ornamento ai dolciumi ed ai marron glacè.
La principale produzione di viole si ha comunque
a tutt'oggi nel Sud della Francia dove il clima particolarmente felice è adatto a queste
coltivazioni e il grande turismo ne ha favorito l'espansione









Là dove crescono gli olivi e gli agrumi la violetta si trova in buona compagnia; infatti 
le prime coltivazioni all'inizio del secolo si ebbero proprio in Provenza e, naturalmente, 
nella riviera ligure, dove sotto l'ombra luminosa delle piante d'olivo file di violette trovavano il loro ambiente ideale. Dall'800 avanzato le violette furono coltivate attorno a Tolosa diventando un vero
emblema della città. moltissimi coltivatori nelle vicinanze vivevano esclusivamente di
questa attività; i fiori si vendevano sul mercato addirittura a peso e i mazzi confezionati erano
molto grandi. In seguito il  profumiere di TolosaBerdoeus creò un'essenza chiamata
"Violette de Toulouse" ( 1935 ) che fu molto diffusa e popolare in Francia e altrove, molto
verdure e gradevole...ma questa è un'altra storia... 









C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole,
anzi d’antico: io vivo altrove, e sento
che sono intorno nate le viole…

( da “L’aquilone” di Giovanni Pascoli )









Il bucaneve e la primula
adornano i nostri paesaggi boscosi
e le viole si immergono nell'umidità
del mattino
( Burns )




Ingredienti

500 gr di mascarpone
250 ml di panna freschissima
2 uova
3/4 cucciai di zucchero fine
Vino passito
Pavesini
40 gr. violette candite
essenza di viola








Sbattete con una frusta il tuorlo dell'uovo con lo zucchero
fino a farli diventare bianchi e spumosi.








Aggiungere poco alla volta il mascarpone fino
ad ottenere  una crema molto liscia.








A questo punto montate la panna ed incorporatela
delicatamente, facendo attenzione a non smontarla, alla crema 
di uova e mascarpone. In ultimo aggiungete l'essenza di viola.








Grattugiate una tavoletta di cioccolata bianca,
io ho usato la cioccolata Novi, a mio parere non ha paragoni.













In un piatto fondo mettete del vino passito di ottima qualità.
Io ho usato un Passito del Friuli che ho trovato in un'enoteca  di Biella.
La ricetta originale prevedeva di fare una bagna portandolo ad ebollizione
con l'acqua, io ho preferito non mescolarlo e l'ho usato puro.
Imbevete i Pavesini nel vino, la ricetta originale prevedeva i Savoiardi, in 
realtà io non li uso mai per il Tiramisù, li trovo un po' pesanti. 








Cominciate a preparare il vostro dolce alternando uno strato di pavesini,
 uno di crema al mascarpone e uno di cioccolata bianca grattugiata.
Terminate con uno strato di crema e uno di cioccolata e decorate con le violette candite.
Anche qui ho modificato un po',  la ricetta originale che prevedeva invece della violette
candite le caramelle alla viola ridotte in piccoli pezzi. Francamente mi sembrava
che sminuisse un po' il dolce che invece si è arricchito di sapore e raffinatezza
dopo averlo decorato con i piccoli fiori canditi.








Ponetelo in frigo almeno per 24 ore in modo che aromi
e profumi si amalgamino bene.
Che dire? E' un delirio di golosità e di piacevolezza, sprigiona un profumo inebriante
e il sapore è sorprendente. Non vi resta che provarla!









E la Primavera apparve nel bel giardino,
simile al sentimento d'amore ovunque sentito;
e ogni fiore ed erba sull'oscuro petto della terra
si svegliò dai sogni del suo letargo invernale.
Il bucaneve e poi la viola
si levarono dal suolo umido di tiepida pioggia;
e il loro respiro si confondeva col dolce odore
che emanava dalle zolle come la voce con lo strumento.
( Shelley )















Piemontesità

Piemontesità
" ...ma i veri viaggiatori partono per partire, s'allontanano come palloni, al loro destino mai cercano di sfuggire, e, senza sapere perchè, sempre dicono: Andiamo!..." ( C.Boudelaire da " Il viaggio")