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giovedì 27 ottobre 2016

Il manifesto della cucina futurista






Era il 28 dicembre 1930 quando il quotidiano torinese “La Gazzetta del Popolo” pubblicò a piena pagina il manifesto della cucina Futurista, scritto e meditato da Filippo Tommaso Marinetti.
Poeta e padre spirituale del movimento Futurista, nato nel 1909 per rivoluzionare arte, letteratura, musica, teatro, danza e infine la cucina, le cui teorie rinnegavano gli stili del passato per aderire con forme vive al dinamismo della vita moderna.









I futuristi diedero una scossa a tutte le attività pratiche e intellettuali. I paradossi gastronomici, così come quelli estetici miravano all'evoluzione morale: bisognava scuotere la materia per risvegliare lo spirito. La cucina futurista, espressamente definita da Marinetti come una vera e propria rivoluzione "cucinaria", venne descritta in un manuale con tanto di ricette, menu e suggerimenti per imbandire lussuosi banchetti o per servire originali pranzi.










All’epoca ci si accontentava di poco e l’industria alimentare, salve pochissime marche, era a livello artigianale. A rileggere oggi il manifesto gastronomico Futurista, si intuisce che alcuni dei suggerimenti di Marinetti hanno trovato applicazione. Esempi ne sono l’integrazione dei cibi con additivi e conservanti, o l’adozione in cucina di strumenti tecnologici per tritare, polverizzare ed emulsionare.









Le ricette che apparivano allora rivoluzionarie, anche se in parte erano solo derivate da preparazioni rinascimentali, furono in alcuni casi un’anticipazione della Nouvelle Cuisine all’italiana.
Così, “rombi d’ascesa” era un risotto decorato con spicchi d’arancia, mentre il famoso “cane plastico” era una variante dei polpettoni di carne e verdure con l’aggiunta di miele.









Il cuoco precursore della cucina futurista fu il francese Jules Maincave, che nel 1914 aderendo al Futurismo, annoiato dai «metodi tradizionali delle mescolanze... monotoni sino alla stupidità», si ripropose di «avvicinare elementi separati da prevenzioni senza serio fondamento: filetto di montone e salsa di gamberi, noce di vitello e assenzio, banana e groviera, aringa e gelatina di fragola.









Famosa e impopolare fu la lotta che Marinetti fece contro l’«alimento amidaceo» (la pastasciutta), colpevole di ingenerare negli assuefatti consumatori: «fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo... una palla e un rudere che gli italiani portano nello stomaco come ergastolani o archeologi».









Oltre alla condanna della pasta e all'assoluzione del riso, il Manifesto predicava l’abolizione della forchetta e del coltello, dei condimenti tradizionali, del peso e del volume degli alimenti, e della politica a tavola; auspicando la creazione di «bocconi simultaneisti e cangianti», invitando i chimici ad inventare nuovi sapori, e incoraggiando l’accostamento ai piatti di musiche, poesie e profumi.
I futuristi si impegnarono inoltre a italianizzare alcuni termini di origine straniera: il cocktail divenne così la "polibibita" (che si poteva ordinare al "quisibeve" e non al bar), il sandwich prese il nome di "traidue", il dessert di "peralzarsi" e il picnic di "pranzoalsole".









Il successo maggiore di pubblico e stampa i futuristi lo ebbero con gli “aerobanchetti”, e memorabile fu quello organizzato a Bologna nel ’31. Niente tovaglia, sostituita da foglie di alluminio e piatti di metallo. Tavola a forma di aereo, con al centro delle due appendici raffiguranti le ali, una motocicletta come motore. Dopo la portata “aeroporto piccante”(insalata russa), venne servito “rombi d’ascesa” (risotto con arancia), durante il quale Marinetti proclamò: “voliamo a ottomila metri: sentite come questo nutre e favorisce lo stomaco.” Dai commensali si levò allora una richiesta urlante: “vogliamo il carburante.” S’inneggiava al lambrusco, travasato in latte da benzine. Furono poi anche serviti: “la sveglia stomaco”, “l’alga spuma tirrena” e “il pollo d’acciao” (arrosto ripieno di confettini argentei









La tavola era per il movimento Futurista terreno di sperimentazioni sensoriali molteplici: colori, forme, sapori, odori, abbinamenti.  Nel Manifesto scritto da Marinetti si legge: "Si pensa si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia".








7 regole del pranzo perfetto riprese dal Manifesto Futurista.


1. Armonia originale della tavola (cristalleria vasellame addobbo) coi sapori e colori delle vivande.

2. Originalità assoluta delle vivande (abolizione della pastasciutta).

3 . Dotazione di strumenti scientifici in cucina, ozonizzatori che diano il profumo dell'ozono a liquidi
 e a vivande; elettrolizzatori per scomporre succhi estratti ecc.; mulini colloidali per rendere possibile la polverizzazione di farine, frutta secca, droghe, eccetera. L'uso di questi apparecchi dovrà essere scientifico, evitando l'errore di far cuocere le vivande in pentole a pressione di vapore, il che provoca la distruzione di sostanze attive (vitamine, ecc.) a causa delle alte temperature.

4. Abolizione della forchetta e del coltello per i complessi plastici che possono dare un piacere tattile prelabiale.

5. Creazione dei bocconi simultanei e cangianti che contengano dieci, venti sapori da gustare in pochi attimi. Questi bocconi avranno la funzione analogica… di riassumere una intera zona di vita, lo svolgersi di una passione amorosa, o un intero viaggio nell'Estremo Oriente.

6. Uso dell'arte dei profumi per favorire la degustazione. Ogni vivanda deve essere preceduta da un profumo che verrà cancellato dalla tavola mediante ventilatori.

7. Presentazione rapida tra vivanda e vivanda, sotto le nari e gli occhi dei convitati, di alcune vivande che essi mangeranno e di altre che essi non mangeranno, per favorire la curiosità, la sorpresa e la fantasia.








I Futuristi e la Taverna del Santopalato




In una ipotetica, quanto affascinante, toponomastica gastronomico-culinaria del nostro Novecento, Via Vanchiglia 2 a Torino occuperebbe senz'altro un posto di primo piano. Fu in questa strada, infatti, che alla mezzanotte dell'8 marzo 1931 (e fino alle 4 del mattino), in una Torino "seriosa e paludata, alla presenza di artisti, notabili, giornalisti" (Antonella Barina), veniva inaugurato in pompa magna il primo ristorante interamente futurista d'Italia, il cui nome, Taverna Santopalato, venne partorito ovviamente dalla mente vulcanica e geniale del fondatore del movimento d'avanguardia Effe Ti Marinetti.  
 Dopo una febbrile giornata di intenso lavoro nella cucina, dove i futuristi Fillìa e P. A. Saladin gareggiavano con i cuochi del ristorante, Piccinelli e Burdese, nella preparazione delle vivande.. il menù che venne presentato fu questo:



Lista del primo pranzo futurista del Santopalato 


1. Antipasto intuitivo (formula della signora Colombo-Fillìa). 

2. Brodo solare (formula Piccinelli).

3. Tuttoriso, con vino e birra (formula Fillìa). 

4. Aerovivanda, tattile, con rumori ed odori (formula Fillìa). 

5. Ultravirile (formula P. A. Saladin). 

6. Carneplastico (formula Fillìa). 

7. Paesaggio alimentare (formula Giachino). 

8. Mare d'Italia (formula Fillìa). 

9. Insalata mediterranea (formula Burdese). 

10. Pollofiat (formula Diulgheroff). 

11. Equatore + Polo Nord (formula Prampolini). 

12. Dolcelastico (formula Fillìa). 

13. Reticolati del Cielo (formula Mino Rosso).

14. Frutti d'Italia (composizione simultanea). 

Vini Costa - Birra Metzger - Spumanti Gora - Profumi Dory. 




Questa la cronaca della serata come apparve sul quotidiano "La Stampa" in un completo articolo del redattore Dott. Stradella: 

"Nessuno ignora l'interessamento e le polemiche che agitano il mondo intero, per l'annunciata inaugurazione del Santopalato. L'avvenimento assumerà perciò un'importanza eccezionale, la data del quale rimarrà impressa nella storia dell'arte cucinaria così, come indelebilmente son rimaste fissate, nella Storia del mondo, le date della scoperta dell'America, della presa della Bastiglia, della pace di Vienna e del trattato di Versailles". Un annuncio steso press'a poco in questi termini non può essere che squisitamente futurista. Non vi sono che i futuristi, occorre lealmente riconoscerlo, conseguenti, al di là di ogni limite estremo, ai presupposti della loro dottrina. "Pur riconoscendo - ammonisce Marinetti - che uomini nutriti male o grossolanamente hanno realizzato cose grandi nel passato, noi affermiamo questa verità: si pensa si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia













Anche gli straordinari menù (30) furono all'altezza dell'estetica e dell'arte futurista, realizzati a mano da alcuni dei maggiori artisti del movimento marinettiano, Depero, Fillìa, Ugo Pozzo, Prampolini, Balla, Oriani fino a Medardo Rosso. All'inaugurazione erano presenti anche non futuristi come i pittori Felice Casorati, Michele Guerrisi e Felice Vellan, lo scultore Alloati ed il critico d'arte della "Gazzetta del Popolo" Emilio Zanzi.














Per chi desiderasse leggerlo riporto qui sotto integralmente il manifesto della Cucina Futurista


Il Manifesto della Cucina Futurista


Una vera e propria campagna per l'affermazione di una tavola avanguardista, con teorie e proposte concrete, prese avvio il 28 dicembre del 1930, quando Filippo Tommaso Marinetti pubblicò sulla Gazzetta del Popolo di Torino il Manifesto della cucina futurista, scritto che venne rilanciato nel gennaio successivo sulla Cucina italiana di Umberto Notari.
cucina futurista
Il Manifesto della Cucina Futurista di Filippo Tommaso Marinetti
Il Futurismo italiano, padre di numerosi futurismi e avanguardisti esteri, non rimane prigioniero delle vittorie mondiali ottenute "in venti anni di grandi battaglie artistiche politiche spesso consacrate col sangue" come le chiamò Benito Mussolini. Il Futurismo italiano affronta ancora l'impopolarità con un programma di rinnovamento totale della cucina. Fra tutti i movimenti artistici letterari è il solo che abbia per essenza l'audacia temeraria. Il novecentismo pittorico e il novecentismo letterario sono in realtà due futurismi di destra moderatissimi e pratici. Attaccati alla tradizione, essi tentano prudentamente il nuovo per trarre dall'una e dall'altro il massimo vantaggio.

Contro la pastasciutta

Il Futurismo è stato definito dai filosofi "misticismo dell'azione", da Benedetto Croce "antistoricismo", da Graça Aranha "liberazione dal terrore estetico", da noi "orgoglio italiano novatore", formula di "arte-vita originale", "religione della velocità", "massimo sforzo dell'umanità verso la sintesi", "igiene spirituale", "metodo d'immancabile creazione", "splendore geometrico veloce", "estetica della macchina". Antipraticamente quindi, noi futuristi trascuriamo l'esempio e il mònito della tradizione per inventare ad ogni costo un nuovo giudicato da tutti pazzesco. Pur riconoscendo che uomini nutriti male o grossolanamente hanno realizzato cose grandi nel passato, noi affermiamo questa verità: si pensa si sogna e si agisce secondo quel che si beve e si mangia.

Consultiamo in proposito le nostre labbra, la nostra lingua, il nostro palato, le nostre papille gustative, le nostre secrezioni glandolari ed entriamo genialmente nella chimica gastrica. Noi futuristi sentiamo che per il maschio la voluttà dell'amare è scavatrice abissale dall'alto al basso, mentre per la femmina è orizzontale a ventaglio. La voluttà del palato è invece per il maschio e per la femmina sempre ascensionale dal basso all'alto del corpo umano. Sentiamo inoltre la necessità di impedire che l'Italiano diventi cubico massiccio impiombato da una compattezza opaca e cieca. Si armonizzi invece sempre più coll'italiana, snella trasparenza spiralica di passione, tenerezza, luce, volontà, slancio, tenacia eroica. Prepariamo una agilità di corpi italiani adatti ai leggerissimi treni di alluminio che sostituiranno gli attuali pesanti di ferro legno acciaio. Convinti che nella probabile conflagrazione futura vincerà il popolo più agile, più scattante, noi futuristi dopo avere agilizzato la letteratura mondiale con le parole in libertà e lo stile simultaneo, svuotato il teatro della noia mediante sintesi alogiche a sorpresa e drammi di oggetti inanimati, immensificato la plastica con l'antirealismo, creato lo splendore geometrico architettonico senza decorativismo, la cinematografia e la fotografia astratte, stabiliamo ora il nutrimento adatto ad una vita sempre più aerea e veloce.

Crediamo anzitutto necessaria:

a) L'abolizione della pastasciutta, assurda religione gastronomica italiana. Forse gioveranno agli inglesi lo stoccafisso,il roast-beef e il budino, agli olandesi la carne cotta col formaggio, ai tedeschi il sauer-kraut, il lardone affumicato e il cotechino; ma agli italiani la pastasciutta non giova. Per esempio, contrasta collo spirito vivace e coll'anima appassionata generosa intuitiva dei napoletani. Questi sono stati combattenti eroici, artisti ispirati, oratori travolgenti, avvocati arguti, agricoltori tenaci a dispetto della voluminosa pastasciutta quotidiana. Nel mangiarla essi sviluppano il tipico scetticismo ironico e sentimentale che tronca spesso il loro entusiasmo. Un intelligentissimo professore napoletano, il dott.Signorelli, scrive: "A differenza del pane e del riso la pastasciutta è un alimento che si ingozza, non si mastica. Questo alimento amidaceo viene in gran parte digerito in bocca dalla saliva e il lavoro di trasformazione è disimpegnato dal pancreas e dal fegato. Ciò porta ad uno squilibrio con disturbi di questi organi. Ne derivano: fiacchezza, pessimismo, inattività nostalgica e neutralismo".

Invito alla chimica

La pastasciutta, nutritivamente inferiore del 40% alla carne, al pesce, ai legumi, lega coi suoi grovigli gli italiani di oggi ai lenti telai di Penelope e ai sonnolenti velieri, in cerca di vento. Perchè opporre ancora il suo blocco pesante all'immensa rete di onde corte lunghe che il genio italiano ha lanciato sopra oceani e continenti, e ai paesaggi di colore forma rumore che la radiotelevisione fa navigare intorno alla terra? I difensori della pastasciutta ne portano la palla o il rudero nello stomaco, come ergastolani o archeologi. Ricordatevi poi che l'abolizione della pastasciutta libererà l'Italia dal costoso grano straniero e favorirà l'industria italiana del riso.

b) L'abolizione del volume e del peso nel modo di concepire e valutare il nutrimento.

c) L'abolizione delle tradizionali miscele per l'esperimento di tutte le nuove miscele apparentemente assurde, secondo il consiglio di Jarro Maincave e altri cuochi futuristi.

d) L'abolizione del quotidianismo mediocrista nei piaceri del palato.
Invitiamo la chimica al dovere di dare presto al corpo le calorie necessarie mediante equivalenti nutritivi gratuiti di Stato, in polvere o pillole, composti albuminoidei, grassi sintetici e vitamine. Si giungerà così ad un reale ribasso del prezzo della vita e dei salari con relativa riduzione delle ore di lavoro. Oggi per duemila kilowatt occorre soltanto un operaio. Le macchine costituiranno presto un obbediente proletariato di ferro acciaio alluminio al servizio degli uomini quasi totalmente alleggeriti dal lavoro manuale. Questo, essendo ridotto a due o tre ore, permette di perfezionare e nobilitare le altre ore col pensiero le arti e la pregustazione di pranzi perfetti. In tutti i ceti i pranzi saranno distanziati ma perfetti nel quotidianismo degli equivalenti nutritivi.

Il pranzo perfetto esige:

1. Un'armonia originale della tavola (cristalleria vasellame addobbo) coi sapori e colori delle vivande.

2. L'originalità assoluta delle vivande.

Il "Carneplastico"

Esempio: Per preparare il Salmone dell'Alaska ai raggi del sole con salsa Marte, si prende un bel salmone dell'Alaska, lo si trancia e passa alla griglia con pepe e sale e olio buono finché è bene dorato. Si aggiungono pomodori tagliati a metà preventivamente cotti sulla griglia con prezzemolo e aglio.
Al momento di servirlo si posano sopra alle trancie dei filetti di acciuga intrecciati a dama. Su ogni trancia una rotellina di limone con capperi. La salsa sarà composta di acciughe, tuorli d'uova sode, basilico, olio d'oliva, un bicchierino di liquore italiano Aurum, e passati al setaccio. (Formula di Bulgheroni, primo cuoco della Penna d'Oca.)

Esempio: Per preparare la Beccaccia al Monterosa salsa Venere, prendete una bella beccaccia, pulitela, copritene lo stomaco con delle fette di prosciutto e lardo, mettetela in casseruola con burro, sale, pepe, ginepro, cuocetela in un forno molto caldo per quindici minuti innaffiandola di cognac. Appena tolta dalla casseruola posatela sopra un crostone di pane quadrato inzuppato di rhum e copritela con una pasta sfogliata. Rimettetela poi nel forno finchè la pasta è ben cotta. Servitela con questa salsa: un mezzo bicchiere di marsala e vino bianco, quattro cucchiai di mirtilli, della buccia di arancio tagliuzzata, il tutto bollito per 10 minuti. Ponete la salsa nella salsiera e servitela molto calda. (Formula di Bulgheroni, primo cuoco della Penna d'Oca).

3. L'invenzione di complessi plastici saporiti, la cui armonia originale di forma e colore nutra gli occhi ed ecciti la fantasia prima di tentare le labbra.
Esempio: Il Carneplastico creato dal pittore furista Fillìa, interpretazione sintetica dei paesaggi italiani, è composto di una grande polpetta cilindrica di carne di vitello arrostita ripiena di undici qualità diverse di verdure cotte. Questo cilindro disposto verticalmente nel centro del piatto, è coronato da uno spessore di miele e sostenuto alla base da un anello di salsiccia che poggia su tre sfere dorate di carne di pollo.

Equatore + Polo Nord

Esempio: Il complesso plastico mangiabile Equatore + Polo Nord creato dal pittore furista Enrico Prampolini è composto da un mare equatoriale di tuorli rossi d'uova all'ostrica con pepe sale limone. Nel centro emerge un cono di chiaro d'uovo montato e solidificato pieno di spicchi d'arancio come succose sezioni di sole. La cima del cono sarà tempestata di pezzi di tartufo nero tagliati in forma di aeroplani negri alla conquista zenit.
Questi complessi plastici saporiti colorati profumati e tattili formeranno perfetti pranzi simultanei.

4. L'abolizione della forchetta e del coltello per i complessi plastici che possono dare un piacere tattile prelabiale.

5. L'uso dell'arte dei profumi per favorire la degustazione. Ogni vivanda deve essere preceduta da un profumo che verrà cancellato dalla tavola mediante ventilatori.

6. L'uso della musica limitato negli intervalli tra vivanda e vivanda perchè non distragga la sensibilità della lingua e del palato e serva ad annientare il sapore goduto ristabilendo una verginità degustativa.

7. L'abolizione dell'eloquenza e della politica a tavola.

8. L'uso dosato della poesia e della musica come ingredienti improvvisi per accendere con la loro intensità sensuale i sapori di una data vivanda.

9. La presentazione rapida tra vivanda e vivanda, sotto le nari e gli occhi dei convitati, di alcune vivande che essi mangeranno e di altre che essi non mangeranno, per favorire la curiosità, la sorpresa e la fantasia.

10. La creazione dei bocconi simultanei e cangianti che contengano dieci, venti sapori da gustare in pochi attimi. Questi bocconi avranno nella cucina futurista la funzione analogica immensificante che le immagini hanno nella letteratura. Un dato boccone potrà riassumere una intera zona di vita, lo svolgersi di una passione amorosa o un intero viaggio nell'Estremo Oriente.

11. Una dotazione di strumenti scientifici in cucina: ozonizzatori che diano il profumo dell'ozono a liquidi e a vivande, lampade per emissione di raggi ultravioletti (poiché molte sostanze alimentari irradiate con raggi ultravioletti acquistano proprietà attive, diventano più assimilabili, impediscono il rachitismo nei bimbi, ecc.) elettrolizzatori per scomporre succhi estratti ecc. in modo da ottenere da un prodotto noto un nuovo prodotto con nuove proprietà, mulini colloidali per rendere possibile la polverizzazione di farine, frutta secca, droghe ecc.; apparecchi di distillazione a pressione ordinaria e nel vuoto, autoclavi centrifughe, dializzatori. L'uso di questi apparecchi dovrà essere scientifico, evitando p.es. l'errore di far cuocere le vivande in pentole a pressione di vapore, il che provoca la distruzione di sostanze attive (vitamine, ecc.) a causa delle alte temperature. Gli indicatori chimici renderanno conto dell'acidità e della basicità degli intingoli e serviranno a correggere eventuali errori: manca di sale, troppo aceto, troppo pepe, troppo dolce.






( Immagini dal web)
( Fonti web )

giovedì 13 ottobre 2016

La cantante australiana Helen Porter ancora tra noi come " Pesca Melba "






Quando la signorina Heken Porter Mitchell, nativa di Melbourne, andò sposa al barone Charles Frederick Nisbett Armstrong, disse chiaramente al marito che avrebbe voluto continuare la sua attività di cantante lirica. Il barone acconsentì a parole, ma, quando dopo alcune settimane Helen rimase incinta, si convinse che dell'argomento non si sarebbe più parlato.





Nato il piccolo George nel maggio 1883 a Brisbane, dopo sei mesi Helen confermò che, compatibilmente con lo svezzamento del piccolo, sarebbe tornata di tanto in tanto a Melbourne per proseguire gli studi musicali presso la locale Town Hall.





Charles a questo punto si oppose con la solita storia che la moglie di un nobile, per di più madre, non poteva e non doveva esibirsi in pubblico attraverso attività licenziose quali, appunto, spettacoli con trame scabrose. Helen non ci pensò più di tanto, prese il piccolo George e tornò dai genitori a Melbourne, chiedendo il divorzio.





Un anno dopo, a luglio, Helen si esibiva in un concerto presso la medesima Town Hall, ottenendo un buon successo. Sistemate le cose in famiglia e lasciato il bimbo ai genitori, Helen adottò il nome d'arte con il quale diventerà famosa e partì per Parigi dove prese lezioni di perfezionamento dall'insegnante italo - francese Mathilde Marchesi, che resterà al suo fianco fin quando, dopo un concerto al Covent Garden di Londra, la consacrazione di Helena sarà definitiva.





Siamo nel 18888, Helen ha 27 anni, il piccolo George nel frattempo l'ha raggiunta con i nonni, mentre il marito separato è rimasto in Australia. Il repertorio spazia con grande successo da Verdi  a Donizetti, passando per Bizet, Wagner, Gounod,Rossini, Masssenet e Leoncavallo, con una facilità impressionante di interpretazione in tutti i teatri d'Europa e d'America.





Nel 1903 a New York avviene l'incontro con Enrico Caruso e con la musica di un altro grande compositore italiano Giacomo Puccini, osannati tutti al Metropolitan Opera Hause con la Boemè, sotto la direzione di Arturo Toscanini, lo stesso che nel 1826 aveva diretto la prima presso il Teatro Carignano di Torino.





In precedenza nel 1893 Helen si era legata sentimentalmente al Duca Luigi Filippo Roberto d'Orleans, conte di Parigi, pretendente senza successo al trono di Francia, famoso per aver tentato con gesti eclatanti di essere arruolato nel 1914 allo scoppio della Grande Guerra e morto in esilio a Palermo nel 1926. Con Luigi Filippo Helen si recò in Russia nel corso di una fortunata tournèe presso la corte di Nicola II.





Nel 1922 dopo vent'anni di battaglie legali Helen riuscì ad ottenere il divorzio dal barone Nisbett Armostrong.
Alla presenza dei reali dì Inghilterra, George V e Vittoria Maria di Teck, nel 1926 tenne un concerto d'addio presso il Covent Garden. Tornò a Melbourne e fondò il locale Conservatorio, di cui fu presidente fino alla morte, nel 1931.





Per quanto riguarda il nome d'arte, sappiate che il grande cuoco francese Georges Auguste Escoffier inventò in suo onore un dessert a base di pesche cotte in sciroppo di zucchero, gelato di crema e marmellata, al quale venne dato il nome, tuttora vigente, di " pesca Melba ". In arte, appunto, Helen Porter Mitchell fu universalmente nota come Nellie Melba, il nome derivante dal diminutivo con il quale veniva chiamata dai genitori e il cognome in ricordo della sua città natale.


( Sergio De Benedetti, Libero del 18 agosto 2016 )
( Fotografie dal web )

giovedì 14 maggio 2015

Il Burro delle Alpi ad Expo / Riscossa del burro: fa bene ed è buono





Ci sono voluti cinquant'anni, mezzo secolo di pregiudizi per riabilitare uno degli alimenti
che l'uomo produce e gusta fin dalla notte dei tempi: il burro non fa male, finalmente
lo si può di nuovo dire senza sentirsi rispondere che " alza il colesterolo ". La notizia è 
supportata dal parere di nutrizionisti e ricerche scientifiche e arriva al momento giusto, in occasione
dell'Expo dedicato al cibo.









" Il burro  è più che mai parte della dieta mediterranea - spiega Pier Luigi Rossi, medico
specialista di Scienze Dell'Alimentazione - porta nel nome stesso la sua origine mediterranea:
deriva infatti da una parola greca che significa formaggio bovino "









E chi ribatte che il burro va evitato perchè difficile da digerire e resta pesante sullo stomaco
dovrà ricredersi anche su questo fronte. " E' un alimento ben digeribile, con pochissimo
lattosio e ricco di vitamine importanti ( a, e, k ) - prosegue Rossi -;
tra l'altro è uno dei pochi alimenti a contenere la vitamina D, che agisce sull'integrità
delle ossa" Una vera riscoperta che è stata celebrata persino da uno dei magazine
più prestigiosi del mondo: lo scorso anno, a giugno, l'americano Time  titolava in
copertina " Eat Butter " ( Mangia Burro ), accompagnandolo con l'immagine di un ricciolo
di burro con un sottotitolo eloquente:
" Gli scienziati avevano etichettato il burro come nemico. Perchè si sbagliavano "









E l'Italia con la sua incredibile varietà nel settore della gastronomia, non può che festeggiare questa
" riscoperta ", soprattutto nell'anno dell'Expo.
" Il latte è una delle più meravigliose e complesse opere della natura. Fondamentale alla vita.
Il burro ne è la parte più nobile, nella quale risiede tutto il suo potere energetico, gli aromi,
i sapori " spiega con orgoglio Roberto Brazzale, a capo dell'Azienda Casearia più antica
d'Italia, che dal 1784 produce, sull'Altopiano di Asiago, latte, formaggi e anche il celebre Burro delle Alpi.









Nonostante ciò,  questo prezioso dono, frutto del millenario lavoro dell'uomo sul latte,
è stato demonizzato. " Per decenni, dice Brazzale , è stato vittima di assurdi
pregiudizi e luoghi comuni che, oggi scopriamo grazie alla scienza, non avevano alcun fondamento "









Nel 2010, l'American Journal for Clinical Nutrition pubblicava un importante
studio sui grassi, concludendo che " non vi sono evidenze scientifiche convincenti sul fatto che
i grassi saturi causino problemi cardiaci. Nè che il consumo di grassi saturi causi l'obesità "









Riscoperta da parte della scienza e riscoperta da parte dei grandi chef, senza distinzione tra nord e
sud Italia dal piemontese Davide Scabin alla napoletana Marianna Vitale.
E anche un alimento come il burro si evolve, aprendosi alla sfida di nuovi sapori..
L'ultimo esempio arriva sempre dal Gruppo Brazzale, che ha lanciato la sua nuova eccellenza,
il Burro Fratelli Brazzale, realizzato con freschissima panna di centrifuga e zangolato
entro 24 ore dalla mungitura.










( Simona Verrazzo. Libero del 9 maggio 2015


*****************************************



Io ho sempre amato il burro, non riuscirei nemmeno a pensare al mio frigorifero senza burro.
Non ricordo pomeriggio della mia infanzia in cui a ora di merenda non arrivasse
qualche zia, nonna o mamma con i panini di pane, burro e zucchero, oppure pane, burro e cioccolata,
o ancora pane, burro e marmellata, ancora adesso per me è un cibo consolante,
non è raro che, se all'ora di pranzo sono sola,  il mio pasto consista , appunto, in pane burro e zucchero,
a volte con l'aggiunta della cioccolata.
Lo dico con molto rispetto ma mi fanno un po' sorridere le torte senza burro, ma volete mettere
la crostata profumata dal burro di montagna? O il ciambellone della nonna, che sapore può  mai
avere quando sostituiamo il burro con, al più, un bicchiere di olio di semi?









E senza burro che fine farebbe gran parte della cucina piemontese di cui vado così
orgogliosa?  Dove va a finire la polenta Cuncia ? Gli agnolotti conditi con il burro rosso
e giusto un'idea di brodo di carne?
E il risotto? Cosa diventerebbe il risotto senza una bella fettona di burro
per mantecarlo? Oppure la fonduta... e gli asparagi? Che piacere c'è a mangiare
gli asparagi se non sono annegati nel burro rosso e nel parmigiano come si fa qui da noi?
Come dicevo ho sempre consumato burro  e le mie analisi del sangue a detta
del medico " sono perfette, da manuale! " e così è successo quando mio marito è stato male,
il consiglio dei cardiologi è stato " non cambiate assolutamente stile di vita, sangue, organi, arterie dimostrano quanto il vostro stile di vita sia sano"








Però...bè, secondo me un però c'è...ed è la qualità!
In tutta la mia vita non ho mai visto com'è fatto un burro comperato al super mercato...,
quelli che io chiamo " burro di plastica ", il mio burro è il burro che si produce in questi
alpeggi sopra a casa...magari non sarà tanto bello a vedersi, magari non sarà igienicamente
perfetto ma non ha mai ammazzato nessuno, anzi generazioni e generazioni sono cresciute solo
con il pane e quel burro, anche perchè qui l'ulivo non esisteva e quindi l'unico condimento possibile
era il burro.








Sono felice di questa rivalutazione, sono felice perchè, come detto prima, il burro
è la parte più nobile del latte ed è con il latte che noi cresciamo, sono felice perchè considero
il burro, quello vero, una delle grandi eccellenze italiane.










Manifesto per la riscossa del burro


1) Il burro è un alimento naturale
2 ) Il burro è un prodotto sano, digeribile e prezioso per la salute
3 ) Nel burro c'è la parte più pregevole del latte
4 ) Il burro non fa aumentare il colesterolo
5 ) Il burro contiene le vitamine A- D - K- E
6 ) Il burro ha un apporto calorico contenuto
7 ) Il burro dà rapidamente un senso di sazietà
8 ) La paura del burro è scientificamente infondata
9) Il burro è conveniente, rappresenta un uso intelligente del denaro.
10 ) Il burro è fonte di piacere e salute

Godiamoci questo dono della natura con fiducia e felicità.
 ( Movimento liberazione dai pregiudizi sul burro )








Con questo post inizia un piccolo" viaggio intorno ad Expo ", ed entrerà a far parte della
più vasta rubrica " Piccole Storie nella Storia "





( Immagini dal web )

mercoledì 18 marzo 2015

Giù le mani dalla ricetta. La vera Amatriciana non sopporta l'aglio





Il 28 agosto 2008 le Poste Italiane emettevano un francobollo
dedicato agli " spaghetti all'amatriciana ". L'emissione si configurava nel più vasto
ambito della serie " Made in Italy " dedicata anche alla cucina ed era stata preceduta da 
altri francobolli tematici. L'emissione dava quindi un indubbio, giusto risalto a questo
piatto nato ormai in tutto il mondo.









Come certamente saprete, qualche tempo fa la Giunta Comunale di Amatrice,
dal 1927 ridente cittadina del Lazio in provincia di Rieti, ha preso una netta posizione
nei confronti del pluristellato chef  Carlo Cracco di Milano a proposito
della specialità, quando il cuoco più mediatico d'Italia ha rivelato durante una trasmissione 
televisiva il suo segreto per renderla ancora più godibile: aggiungere uno spicchio
d'aglio in camicia. Apriti cielo. Il Sindaco Sergio Pirozzi ha ribadito ancora una volta
che il sugo amatriciano vuole soltanto " guanciale, pecorino, vino bianco,
pomodoro San Marzano, pepe e peperoncino. " Nient'altro.









A chiarimento ulteriore va detto che Amatrice per secoli è appartenuta
all'Abruzzo e, come tale, al Regno di Napoli prima e al Regno delle due Sicilie poi.
Con la creazione della provincia di Rieti, appunto nel 1927, alcune zone
della provincia di Roma e dell'Aquila sono state sottratte ai due territori per integrare
la nuova provincia.
 Tornando, dunque, alla specialità, la ricetta indicata dal Sindaco
di Amatrice è conforme al territorio,mancando ad esso prodotti tradizionali di altre
regioni quali il parmigiano, la pancetta arrotolata, il basilico.









Sì, perchè proprio riferito a questi nuovi ingredienti, negli anni scorsi
ci fu un'altra garbata polemica con Aldo Fabrizi, autore di un celebre libro dedicato
alla cucina romana, " La Pastasciutta " nel quale il popolare attore, parlando però
di " amatriciana mia ", metteva in rima il suo modo di preparare il piatto in questione
con troppe varianti. Altri cuochi famosi poi, per attenuare l'intenso sapore del pecorino, aggiungono una certa quantità di parmigiano ( quando non addirittura metà e metà ), la 
cipolla,la pancetta arrotolata, e così via, terminando con alcune foglie di basilico che
fanno gridare allo scandalo, per non parlare infine della pasta, i bucatini,
che per anni hanno sostituito gli spaghetti senza alcun riscontro storico.









La cucina internazionale, della quale l'italiana è parte vitale e imprescindibile,
ha subito e sta subendo profonde modificazioni.
Molti sapori " forti " di alcuni piatti popolari, infatti, sono stati abilmente
rivisitati per evitare gli accessi di quello che fino a non molti decenni fa era ritenuto
il piatto unico della giornata e, dunque, carico di elementi casuali per dare sostanza.








Gli Amatriciani, giustamente, difendono la linearità della loro ricetta
secolare, ma altri dicono che non sarà un peccato mortale apportare alcune modeste
modifiche che avvicinino alla consuetudine un pubblico più vasto ed eterogeneo.
Già, come naturalmente per altri piatti italiani, ma chi stabilisce il confine tra
il semplice ammorbidimento della tradizione e lo stravolgimento della stessa?
Tutto gli abitanti di Amatrice, o noi con loro, sono a chiederselo con malcelata preoccupazione.







( Sergio De Benedetti, libero del 19 febbraio 2015 )






Voi cosa ne pensate? Per quanto mi riguarda sono totalmente contraria
al fatto che la cucina tradizionale, che nel caso dell'Italia è così ricca di storia e di
sapori, venga modificata. Come sapete io tengo molto alle tradizioni e quindi ritengo che chef  
con più o meno stelle farebbero bene a tenere giù le mani da quella che è sempre stata la nostra grande
tradizione culinaria, ovviamente uno può sperimentare tutto quello che desidera ma sarebbe bene
non chiamare Amatriciana un piatto che Amatriciana in realtà non è e questo vale
per tutti i piatti della nostra grande tradizione.

Piemontesità

Piemontesità
" ...ma i veri viaggiatori partono per partire, s'allontanano come palloni, al loro destino mai cercano di sfuggire, e, senza sapere perchè, sempre dicono: Andiamo!..." ( C.Boudelaire da " Il viaggio")