giovedì 18 aprile 2013

Oriana Fallaci, "Il Bambino " e " L'Alieno "




Tra gli anni Settanta e Ottanta la Fallaci è sulla cresta dell’onda. 
Lettera a un bambino mai nato e Un uomo sono tradotti e pubblicati in tutto il mondo
 e i suoi articoli e le sue interviste appaiono sulle più prestigiose testate internazionali
. È un fenomeno inaudito per un giornalista italiano: figuriamoci per una giornalista. 
«Life», «New York Times Magazine», «Look», «The New Republic», «Washington Post», «Newsweek», «Le Nouvel Observateur», «Le Figaro littéraire», «Der Stern» e molti altri giornali 
concedono parecchio spazio agli scritti della Fallaci; 
inoltre, e soprattutto in America, sono frequenti i ritratti e gli speciali a lei dedicati: 
da «Time» a «Vogue», da «Rolling Stone» a «Playboy»,
 pagine e pagine per raccontare la sua vita, il percorso professionale e,
 più in generale, quello che è diventato il caso Fallaci.






La fama la porta, nel 1977, a ricevere la laurea honoris causa in 
Letteratura dal Columbia College di Chicago.
 E, mentre la Boston University comincia a raccogliere e catalogare il suo lavoro e 
l’infinito numero di bozze che lo preparano
 – la ricerca di perfezione ha sempre spinto Oriana e leggere e rileggere decine di volte ogni scritto
 prima di affidarlo alle stampe –, 
nelle università americane le lectures della Fallaci sono sempre più richieste.
Maturano in questi anni l’amore di Oriana per gli Stati Uniti e il conseguente allontanamento dalla sua Italia, 
e dalla sua adorata Firenze in particolare. 







Fino alla fine degli anni Ottanta continua comunque a dividersi tra la villa di famiglia di Greve in Chianti, l’appartamento di Milano e la casa di Manhattan,
 ma progressivamente tenderà a prediligere quest’ultima soluzione di «ritiro».
Con la pubblicazione di Insciallah (Rizzoli, 1990), romanzo monumentale sul conflitto in Libano, 
la guerra torna a farsi protagonista dei suoi scritti.
 Partendo dall’attacco terroristico che aveva causato centinaia di morti tra le truppe americane e francesi,
la Fallaci descrive le giornate sospese e tragiche dei contingenti italiani in missione di pace, 
affrontando per la prima volta una questione che sarà al centro dei suoi ultimi libri:
 il fondamentalismo islamico. 
Insciallah, però, più che una cronaca degli scontri di Beirut è una trasfigurazione della vita e dell’odio che, rifacendosi alla legge matematica di Bolzmann, 
deve all’assurdità del caso ogni accadimento. 
I soldati italiani, in bilico tra la vita e la morte, tra la paura e il bisogno di trovare delle spiegazioni 
a una realtà paradossale, sopravvivono nella speranza che 
un improvviso colpo del fato non li cancelli per sempre:
 e nel frattempo attendono che qualcosa cambi, senza però sapere né cosa né in che modo.






In seguito all’attesissima uscita di Insciallah (Un uomo era stato pubblicato ben undici anni prima), 
Oriana si ritira in modo quasi permanente a New York.
 I suoi viaggi in Italia si fanno via via più sporadici o segreti
(«quando mi manca Firenze anzi la mia Toscana, cosa che mi accade con ancor maggior frequenza,
non ho che saltare su un aereo e venirci. Di soppiatto, però, 
come faceva Mazzini ogni volta che lasciava Londra per recarsi a Torino
 e visitar clandestinamente la Sidoli»),
ma il suo spirito d’appartenenza si rafforza, facendola sentire per sempre e prima di tutto fiorentina 
(«Sono nata a Firenze. Fiorentino parlo, fiorentino penso, fiorentino sento. Fiorentina è la mia cultura 
e la mia educazione. All’estero quando mi chiedono a quale paese appartengo, 
rispondo: Firenze. Non: Italia. Perché non è la stessa cosa»).






La scelta di New York è anche dovuta al radicato senso di democrazia 
che aveva sempre invidiato agli States e alla stessa tradizione newyorkese, 
che «è sempre stata il Refugium Peccatorum dei fuoriusciti, degli esiliati»: 
motivi per i quali la brownstone nell’Upper East Side diventa la sua nuova dimora.
Tra il 1991 e il 1992 entrano di prepotenza nella sua vita due elementi che
 l’accompagneranno fino alla morte.






Il primo è il cancro, o meglio «l’Alieno», come Oriana preferisce chiamarlo. 
Il secondo, che lei definisce «il mio Bambino», è un’impresa memorabile cui meditava di dedicarsi da tempo: la stesura di una grande saga sulla sua famiglia che attraversasse i secoli 
a partire dalla storia di Ildebranda, lontana ava condannata per stregoneria nel Seicento, 
fino ad arrivare alla propria infanzia, alla prima metà del Novecento.
Il romanzo, anch’esso davvero monumentale e di notevole complessità strutturale, 
punta a focalizzare tutti i «passaggi nel Tempo» che hanno fatto sì che lei potesse nascere,
 ponendo particolare attenzione ai momenti della storia che rischiarono di interrompere la catena
 («Ciascuno di noi nasce dall’uovo nel quale si sono uniti i cromosomi del padre e della madre,
 a loro volta nati da uova nelle quali s’erano uniti i cromosomi dei loro genitori.
 Se cambia il padre o la madre, dunque, cambia l’unione dei cromosomi 
e l’individuo che avrebbe potuto nascere non nasce più. 
Al suo posto ne nasce un altro e la progenie che ne deriva è diversa dalla progenie 
che avrebbe potuto essere»).






Oriana è quasi ossessionata da quello che immagina sarà il suo ultimo libro,
 e a causa dell’età e della malattia nel prologo al libro afferma che 
«il futuro s’era fatto corto» e «sfuggiva di mano con l’inesorabilità della sabbia che 
cola dentro una clessidra»: 
passa intere giornate nelle biblioteche e negli archivi dei vari luoghi che
 fanno da cornice alle vicende del romanzo
(considerando soltanto l’Italia, Panzano e il Chianti, Firenze, Livorno, Pisa, le valli valdesi, Torino, Rimini, Venezia, Cesena), 
consulta esperti, ricerca libri di storia rari e spesso estremamente settoriali; 
e ciò, inevitabilmente, la porta a una sorta di esilio, se non altro dai dibattiti italiani e mondiali.
 Soltanto i rapporti con la società americana non si troncano, ma certamente si diradano sempre più con l’andare degli anni.






Rilascia alcune interviste sulla sua malattia, «questo alieno» che, dichiara, «attacca la mia vita»; 
su un punto la Fallaci non ha dubbi: sulla scarsa attenzione di cui deve essere degnato il cancro, 
che ai suoi occhi assume fattezze quasi umane, e che di conseguenza può essere distrutto.
Convinta di essersi ammalata «sotto la nuvola nera del Kuwait»,
 rinuncia spesso alle terapie temendo non le sia sufficiente, per concludere il romanzo, 
il tempo che le rimane da vivere; continua a fumare ininterrottamente i suoi sigarilli Nat Sherman,
 recuperati nell’unico tabaccaio di New York che ne è fornito.
 Ne acquista ogni volta numerose stecche per interrompere il meno possibile il proprio lavoro; 
chiusa in casa, avvolta dalla solitudine che le è sempre stata cara, 
scrive per ore e ore alla scrivania con la sua Olivetti Lettera 32.
Ma il settembre del 2001 avrebbe messo gravemente a repentaglio la gravidanza del suo «bambino di carta», facendole temere «l’aborto».




( fotografie dal web )




18 commenti:

  1. Una grande donna ed una bravissima scrittrice Oriana Fallaci ma anche una donna sola e per certi aspetti anche in continua ricerca di una pace interiore.Buona giornata

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Hai ragione, grande donna e grande scrittrice...come tutti i grandi anche un po' sola.
      Per me resta insuperabile.
      Ciao, buona serata.
      Antonella

      Elimina
  2. Ciao Antonella,
    ricordo bene il successo e lo scalpore che fece Insciallah e il suo conseguente allontanamento da Firenze. Proprio in quegli anni in Italia scese un grande silenzio su Oriana, che errore!
    Un abbraccio
    Beatrice

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Il silenzio su Oriana è stata davvero un grandissimo errore, a volte mi sembra che l'Italia abbia la capacità di allontanare tutto quello che ha di grande. E Oriana è stata veramente tanto grande.
      Ciao Beatrice, un abbraccio.
      Antonella

      Elimina
  3. il fascino di questa donna è, per me, immenso.

    Buona giornata

    Gloria

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Una persona di innegabile fascino e di cultura immensa...quanto vorrei assomigliarle almeno un pochino!
      Ciao, vado di nuovo a perdere i sensi, sono stanchissima!
      Ciao, un abbraccio.
      Antonella

      Elimina
  4. Ciao Anto,
    questo post l'ho trovato più interessante degli altri, perchè sapevo ben poco sulle motivazioni di Oriana riguarda a lasciare Firenze e mi sono sempre chiesta come mai l'avesse fatto.
    Il romanzo su cui stava lavorando era per caso "Un cappello pieno di ciliegie"?
    Un baciotto

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Melinda, sono contenta di aver scritto qualche cosa che ti ha particolarmente interessata.
      E già cara il romanzo era "Un cappello pieno di ciliegie " di cui avremo modo di parlare più dettagliatamente.
      Ciao, un bacione.
      Antonella

      Elimina
  5. Sei una dei pochi blogger che scrive e ricorda Oriana Fallaci: è un gesto che ti fa onore in un paese che privilegia il conformismo intellettuale e i mediocri.
    Conoscevo bene la genesi dell'opera e della vita che tu hai descritto qui ma mi pare che, alla fine, manchi qualcosa. E' come se il tuo post si interrompesse con l'attacco alle torre gemelle; eppure fu quello l'ultimo scatto d'orgoglio e scrittura politico sociale della fiorentina.
    La Rabbia e l'Orgoglio furono un'esplosione incredibile, forse non prevista, che i media ufficiali e politically correct cercarano di arginare in tutti i modi.
    Ancora oggi la memoria della Fallaci è incosistente in Italia e la rete non è da meno: chi ha cuore, cervello e cultura non merita di essere ricordato. Il fatto che tu sia andata controcorrente è notevole.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Luca, grazie di questo bellissimo commento. Non mi conformerò mai a nulla e tanto meno a livello culturale.
      Per me la Fallaci era e resta una grande persona che va ricordata sempre.
      Il suo " La rabbia e l'orgoglio ", tutta la trilogia in realtà, fu , come dici tu, un'esplosione, qualche cosa di dirompente che da parte di molti si è preferito ignorare se non addirittura denigrare...purtroppo in Italia " fa cultura" solo chi è politicamente schierato dalla parte " corretta ", non ha importanza se poi la vera "cultura, il cervello e il cuore " non ci sono, l'importante è che sia ben chiaro lo schieramento politico.
      Oriana non era così, non apparteneva a nessuno se non alla CULTURA.
      In Italia non si nega a nessuno di diventare Senatore a vita, ad Oriana sì, non si nega a nessuno un ricordo su quotidiani, nomi di piazze, nei libri di scuola, ad Oriana sì...

      Hai ragione, il post si interrompe con l'attacco alle torri gemelle ma solo perchè questo fa parte di una serie di post che pubblico con cadenza settimanale e il grande capitolo della trilogia non è ancora stato toccato...quello è uno dei suoi momenti più alti e ne parlerò la prossima settimana dopo di che passerò ad analizzare i suoi libri.

      Volevo passare da te ma non sono riuscita a trovare il tuo link.
      A presto, buona serata.
      Antonella

      Elimina
    2. Credo si tartti del solito inghippo tecnologico visto che il mio blog è pubblico e aperto a tutti. Riprovo così.

      Elimina
    3. Terzo tentativo ( per stasera).
      SE per caso andasse a buon fine fammelo sapere per favore.

      Elimina
  6. Ieri ho finito di rileggere la Rabbia e l'Orgoglio. In questo libro scritto in una notte Oriana da sfogo a tutta la sua rabbia facendo da portavoce a pensieri rimasti inespressi. Era e rimarrà sempre una GRANDE!
    Un abbraccio
    Xavier

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Xavier, la Trilogia è veramente una sorta di testamento spirituale di Oriana. La Rabbia e l'Orgoglio nasce come lettera da pubblicare sul Corriere della Sera, uno sfogo davanti all'immane tragedia delle Torri e una presa di posizione durissima che a molti non è piaciuta.
      GRANDE, hai ragione tu, scritto tutto maiuscolo.
      Un abbraccio e un bacio.
      Antonella

      Elimina
  7. Distaccato e coinvolgente al tempo stesso questo tuo scritto sulla Fallaci. Un personaggio di grande statura, colto, inquieto, alla ricerca di sé, anticonformista. Il primo libro di lei che ho letto era stato Lettera a un bambino mai nato. Mi aveva colpito profondamente la dolcezza e la malinconia prive di banalità di cui sono intrise le righe del suo romanzo.
    E lei è soprattutto una donna che ha riscattato con la sua vita, la sua intellegenza e la sua autonomia le offese fatte nei secoli alle donne.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Ambra, cerco di non riversare sul post tutta la mia passione per Oriana Fallaci...per me è stata la compagna della vita dai tempi del liceo in poi.
      Una grandissima donna!
      Ciao, buona serata.
      Antonella

      Elimina
  8. Ciao Antonella,
    la Fallace purtroppo nella grandezza della sua vita, nella bellezza delle cose fatte e dei libri scritti ha subito un bruttissimo rovescio della medaglia, pesi enormi che si è portata dietro per anni.
    Un abbraccione :D

    RispondiElimina
  9. Hai ragione, povera Oriana, poco ricordata, la sua grandezza poco riconosciuta, lei era un po' troppo scomoda per tutti.
    Sono contenta di questa " serie " di post su di lei.
    Un grande abbraccio.
    Antonella

    RispondiElimina

Piemontesità

Piemontesità
" ...ma i veri viaggiatori partono per partire, s'allontanano come palloni, al loro destino mai cercano di sfuggire, e, senza sapere perchè, sempre dicono: Andiamo!..." ( C.Boudelaire da " Il viaggio")