Gabriele D'Annunzio, a tavola, si comportava come nella vita:
da esteta e da contemplativo, raffinato, aulico, ma anche sensuale e carnale.
Aborriva le taverne e le trattorie affollate, in viaggio non mise mai piede in un
vagone ristorante, e, per quanto potè, si negò alla convivialità.
Riteneva infatti indecoroso offrire lo spettacolo di sè intento alla masticazione,
funzione che giudicava triviale e che, in età avanzata, lo imbarazzava
per la perdita quasi totale della dentatura.
Solo a Fiume, si adattò a consumare il rancio con i legionari.
Durante la dorata prigionia al Vittoriale, negli anni del regime fascista,
il Vate accentuò il proprio isolamento dal mondo: nel corso degli estenuanti
tour de force allo scrittoio, si cibava con bramosia di sola frutta fresca di stagione,
che gli veniva servita in grandi coppe.
E, quando c'erano ospiti a pranzo, si limitava a d assistere e ad intrattenere,
senza toccare il cibo che restava intatto nel suo piatto:
tutt'al più intingeva le labbra nello champagne
Per cominciare bisognerebbe osservare che D'Annunzio tradiva le sue
origini abruzzesi.
Era goloso di parrozzo, il celebre dolce della sua terra, ma adorava anche brodetti di pesce,
preparati secondo le varietà regionali della costiera del medio Adriatico.
Le tradizioni abruzzesi contemplavano i pranzi trimalcionici cui nessuno osava
sottrarsi.
Durante la campagna per il voto politico del 1897, che vide l'Imaginifico battersi con
il repubblicano Carlo Altobelli nella contesa per il collegio di Ortona, fu invitato
a partecipare al rituale delle " panarde ", i banchetti di otto - nove portate,
che esordivano con i tommarelli cotti in brodo grassissimo di gallina,
per terminare con animelle, fegati e polli; passando per un tripudio di arrosti,
fritture e bolliti.
Declinare l'invito avrebbe significato disonorare il padrone di casa e , dunque,
in ultima analisi, scordarsi l'elezione.
Va inoltre ricordato che ogni promotore di pantagrueliche abbuffate,
per richiamare icasticamente agli ospiti i suoi doveri, piazzava in un angolo un
guardiano, baffuto e con fucile appresso, che funzionava da magnifico deterrente agli
occhi del commensale restio ad onorare la cucina
Il poeta, quel giorno, al banchetto, arrancava. Per un po' cercò di alleggerire il piatto,
gettandone il contenuto sotto la tavola.
Poi qualcuno se ne avvide e scattò l'allarme: " Don Gabriele! Attenti a Don Gabriele! ".
Il Vate si vide puntare addosso la doppietta e dovette ricorrere a un teatrale escamotage
fingendosi svenuto.
Quali erano i piatti prediletti da D'annunzio?
Nessuno in particolare.
Amava la cucina italiana, la pasta con il pomodoro, le cotolette di vitello
ben croccanti, ma era anche ghiotto di selvaggina, formaggi, carciofi.
tartufi, caviale, marron glacè, cioccolata.
Decantava le virtù del culatello, ma sapeva godere anche di una semplice frittata.
Durante il suo periodo francese, come è noto, il Comandante visse ad Arcachon,
sulle rive dell'Atlantico. Talvolta evadeva dalla sua vita di lavoro, per recarsi a Bordeaux,
dove frequentava il ristorante Le Chapon Fin. Lì un giorno invitò Giacomo Puccini, della
cui collaborazione era molto desideroso.
Nell'occasione, in omaggio alle passioni venatorie e gastronomiche del maestro,
venne servita una beccaccia in salsa bordelese, accompagnata da vino di Sauterne.
Al Vittoriale D'Annunzio portò la cuoca Albina Majover, che aveva
conosciuto e reclutato in Francia.
La donna, ribattezzata Suor Intingola, rimase al suo servizio per 26 anni.
Nel suo Libro Segreto il Vate così rievoca magnificamente la cessazione del suo
regime di astinenza, che osserva con rigore durante le lunghe fasi di fervore creativo:
" Sono solo dopo tanti giorni di nausea e di digiuno; mangio il prosciutto di San Daniele,
il caviale di Lenine, gli aranci siciliani dell'illustre psichiatra Rosolino Colella,
i mandarini e i bergamotti calabri di Giuseppe Scalise, gli eroici grappoli di Luigi Rizzo
conte di Grado, lo zibibbo damasceno, i datteri di Candia, i lucumi di Istambul,
i saltcraker di Arthur Symons, i parrozzi di Luigi D'Amico,
la persicata di Brescia, le zangole di Comacchio, le fragole di California.
I Sapori! I Sapori! "
Ed ecco a descrivere ciò che connotava la severa regola ascetica della
dieta lavorativa, la continuazione di quelle memorie estetiche:
" Sono solo nel colmo del mio digiuno rituale nella Loggia dell'Apollonio, c'è un'ampia coppa di frutta. C'è l'uva che ieri mi inviò da Pegli il conte di Grado Luigi Rizzo, il mio
diletto compagno di Buccari, il mio Ammiraglio, delle navi rubate o ribelli
a Fiume d'Italia.
C'è l'uva di Bolzano, ci sono pesche stupende, che mi ricordano quelle d'Abruzzo,
polpa e sugo, sugo e polpa.
Lentamente pilucco i grappoli di Pegli e quelli di Bolzano,
comparando con molta attenzione i due sapori."
Negli epistolari intimi e persino nelle sue comunicazioni quotidiane al personale
di casa, il poeta raggiungeva vette di sublime lirismo.
Come nelle lettere indirizzate a una delle sue giovani fiamme, Letizia De Felici,
da lui rinominata Melitta.
L'amante gli aveva regalato una pernice, e lui l'aveva mangiata,,
celebrandone "la squisita carne ", mai però paragonabile a quella " della quaglia di Cori ",
ovvero la stessa Letizia, " pescanoce a due gambe ".
E dopo quello che lui chiamava "incendio mistico " di sfrenata lussuria,
il 15 luglio 1926 scriveva
" Io sono tuttora foderato di pelle tua. La tua pelle è sovrapposta alla mia esattamente, e non riesco a strapparmela di dosso. Mi rinfresca e mi brucia al tempo medesimo:
pelurie di pesca e ardore d'inferno.
Sorrido per velare la mia malinconia. Non so veramente se tu sia una cosa di carne
o una cosa di sogno. Ma so che sei scomparsa. "
In fitte pagine di pensieri che avrebbero dovuto dare vita a un' opera autobiografica
rimasta mutila e disorganica, il poeta celebra i suoi riti orgiastici,
una sorta di febbrile e stuporoso stato dionisiaco, la porta che conduce alla liberazione
del suo genio, all'attivazione di fervore mentale rigeneratore.
Da consumato esteta, rapito nell'estasi e nell'ebrezza anche mediante
l'uso della cocaina, descrive con minuzia quegli " eccessi quasi criminosi ",
di voluttà carnale, che rappresentano il limitare del digiuno.
Davanti al pasto belluino del mattino, o del mezzogiorno, rinasce il poeta dei sensi,
" puro spirito vibrante ", pronto alla creazione artistica.
Il 5 ottobre 1933, scrive: " Ecco, dopo ventiquattrore di orgia possente e
perversa, dormo undici ore continue. Vado subito a cercare, nel risveglio, il "piatto freddo "
nel corridoio buio. Mangio avidamente - non come un principe ma come un minatore -
prendendo le fette colle belle dita. O incanto della Fame, che trasmuta in ambrosia e in
nettare il prosciutto cotto e il Porto Ruby! "
Questo era il vero D'Annunzio.
Con questo post è iniziata la nuova rubrica
La storia in cucina
che verrà collocata all'interno di " Piccole storie nella Storia "
Gustosissima entrèe per una nuova categoria che titillerà le nostre avide papille!
RispondiEliminaBuona giornata!!!!!!
Ciao Silvia, sono contenta che ti sia piaciuto e che ti piaccia l'idea della nuova rubrica...D'Annunzio mi sembrava un inizio grandioso!
EliminaCiao, buona giornata.
Antonella
Complimentissimi a Xavier per i suoi wallpapers!
RispondiEliminaRiferirò a Xavier, ne sarà felice.
EliminaAntonella
alcuni particolari che sfuggono sempre grazie antonella ....buona giornata
RispondiEliminaGrazie a te di leggere sempre quello che scrivo...
EliminaBuona giornata anche a te.
Antonella
Ciao Anto,
RispondiEliminacome vedi anche se di fretta ci sono!
Premetto col dire che a me D'Annunzio non è mai piaciuto tanto, forse per colpa della scuola che lo rende molto noioso e pomposo, ma questo post me l'ha presentato sotto una nuova luce.
Sicuramente il suo spirito epicureo (oltre che estetista) l'ha spinto a vivere a 360 gradi ogni sua passione e non mi sento affatto di criticarlo, anzi beato lui che se l'è potuto permettere!
Sai se il Libro segreto è in vendita? Sarei curiosa di leggerlo.
Un bacione grande (specie a Cassandra)
Ciao Melinda...anch'io penso " beato lui che ha potuto permetterselo! "
EliminaA me invece D'Annunzio è sempre piaciuto molto, soprattutto i romanzi con le sue atmosfere un po' decadenti, un po' morbose...corrotte...
Il libro è in vendita, Classici Moderni , edizioni BUR, euro 9,50
Ti lascio queste due parole sul libro:
Fra le Prose di ricerca che D’Annunzio volle distinguere dalle Prose di romanzi, Il libro segreto (1935) non è solo l’ultimo testo significativo, ma il più audace per temi e sperimentazione formale. Rinunciando alla progettata autobiografia o a una proustiana recherche, il vecchio eremita del Vittoriale si racconta: presenta come cercato suicidio la misteriosa caduta dalla finestra che lo tagliò fuori dalla Marcia su Roma, e costruisce una “confessione” del suo Io più occulto, riunendo i fogli in cui fermava pensieri folgoranti, ricordi imprevisti o versi scaturiti nel dormiveglia. E vi premette una agiografia in negativo, una laica Via crucis in cui il poeta solare e guerriero si rivela “tentato di morire” fin dalla fanciullezza. L’esaustiva introduzione e l’ampio corredo di note a cura di Pietro Gibellini svelano finalmente i segreti di questo libro in larga parte criptico
( Pietro Gibellini)
Ciao, un bacione.
Antonella
Mi sono dimenticata di dirti che Cassandra sta meglio e ti manda una zampatina.!
EliminaCiao Antonella,
RispondiEliminaper prima cosa in bocca al lupo per questa nuova,bella ed entusiasmante rubrica.
Io ho conosciuto la grandezze di D'Annunzio in modo errato, perchè la mia prof. lo associava solo a Mussolini, al Fascismo ecc. Questo ci ha impedito di scoprire la sua bravura e capirlo a 360 gradi. Il tuo post dimostra quanto la scuola italiana sia errata, un post come questo permetterebbe agli alunni di capire realmente il pensiero, l'essenza e la bravura di un poeta, oltre al rovescio della medaglia. Quindi grazie perchè mi ha fatto scoprire un lato di lui che nemmeno immaginavo.
Un abbraccio
Ciao Audrey, mi fa piacere che questo post ti sia piaciuto e magari ti abbia fatto venire voglia di rileggerlo partendo da un altro punto di vista.
EliminaCome sai a me piace molto e non finirò mai di ringraziare la mia professoressa di lettere per averci insegnato, anche in letteratura, ad andare al di là delle apparenze. Un grande come D'Annunzio non può essere studiato, ricordato e ridotto solo al suo rapporto con Mussolini e con il fascismo.
Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie.
lontane.
Ascolta. Piove
dalle nuvole sparse.
D'Annunzio è soprattutto questo.
Ciao, ci sentiamo domani mattina, un bacione.
Antonella
Ciao Antonella,
RispondiEliminanon conosco ancora benissimo Gabriele d’Annunzio, vuoi perché non l’abbiamo ancora affrontato in letteratura vuoi perché non ho ancora letto nessuno dei suoi libri ma solo qualche poesia.
Mi hai fatto venire una gran voglia di visitare il Vittoriale, dovrò chiedere a nonna Bea di portarmi appena la scuola finisce :)
Per il resto... Beh, se oltre a quello che hai scritto nel post è vera la famosa leggenda della costola che si fece togliere per “dialogare meglio con se stesso”, posso dire che D’Annunzio amava moltissimo i piaceri della vita!
Un abbraccio
Xavier
Ciao Xavier la famosa storia della costola non so se è vera...certo è che se è inventata passa indenne attraverso generazioni di studenti.
EliminaScrivendo il post è tornata anche a me la voglia di tornare al Vittoriale...
Quando e se leggerai D'Annunzio mi dirai cosa ne pensi.
Ciao, un bacio.
Antonella
Molto interessante questo post, che descrive un D'Annunzio particolare!
RispondiEliminaBuona serata
Grazie Renata, è il primo di una serie di post che incrocerà personaggi della storia e cucina. La sontuosità del Vate mi sembrava un buon inizio.
EliminaBuona serata.
Antonella
Curioso leggere D'Annunzio sotto questo aspetto. Comunque, cara Antonella, il nostro feeling cresce...ieri sera stavo per pubblicare un post su D'Annunzio legato ai piaceri della vita poi ho deviato su Pleasure.
RispondiEliminaCi vediamo venerdì.
buona serata
Gloria
Ciao Gloria...davvero? Mi fa piacere vuol dire che abbiamo una comunanza di pensiero.
EliminaM i piace questo D'Annunzio colto tra piaceri privati, trovo affascinante il suo modo di descrivere e di gustare il cibo...scegliendo e gustando chicchi di uve differenti...assaporando non solo con il gusto ma anche con la vista e con il tatto.
Ciao, un abbraccio.
Antonella
Certo che vederlo sotto questa nuova luce, ci fa vedere un altra persona… e ognuno della sua vita è libero di fare ciò che vuole…
RispondiEliminaComunque è una storia molto interessante!
A proposito del “parrozzo”… piace moltissimo anche a me, alcuni anni fa lo trovavo spesso al supermercato, ora invece non riesco più a trovarlo, peccato, perchè è uno dei dolci che preferisco...
Ho letto sopra che Cassandra ha qualche problema… spero che si riprenda bene, portale una mia carezza
Un bacione Antonella… grande grande!
Ciao, a volte è solo l'angolazione da cui guardiamo che fa nascere un'opinione, se spostiamo un po' la prospettiva ci appare tutta un'altra persona. Se con questo post ho spostato un po' il punto di vista su D'Annunzio ne sono felice. A me è sempre piaciuto molto, soprattutto nei romanzi...e poi cosa serebbe guardare piovere senza pensare alla Pioggia nel Pineto?.
RispondiEliminaMa sai che io questo "parrozzo" non l'ho mai assaggiato? Devo vedere se lo trovo e assaggiarlo!
Cassandra sta meglio, aveva preso una brutta storta ma adesso cammina benino...lei ricambia la tua carezza con una zampatina.
Un grande abbraccio a tutti voi.
Antonella
interessante. Sai al Vittoriale ci sono stata anni fa e anche Hay Lin ha potuto entrare.
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