Pubblicato nel 1962, Il giardino dei Finzi Contini fa parte di quel grande organismo romanzesco cui Giorgio Bassani lavorò nel corso di quarant’anni, dal ’38 al ’48, e che va sotto il nome de Il romanzo di Ferrara. Si tratta di una macrostruttura, sostenuta da un complesso meccanismo di relazioni e rimandi interni, che raccoglie gran parte dell’opera narrativa dello scrittore: Dentro le mura, Gli occhiali d’oro, Il giardino dei Finzi Contini, Dietro la porta, L’airone, L’odore del fieno, romanzi autonomi ma nello stesso tempo legati intimamente da una visione poetica comune, e da un’ambientazione che diventa anche simbolo di un modo di guardare alla storia: Ferrara, con le sue strade larghe e silenziose; la malinconia sottile e piacevole di un’esistenza sospesa in un’eterna provincia, tra i fasti universitari di Bologna e i poetici languori di Venezia; le nebbie lattiginose, da cui affiorano a tratti sagome scure, fantasmi che solo all’ultimo momento rivelano la loro vera identità di case, alberi, muri.
L’io narrante de Il giardino dei Finzi Contini vive immerso in questa atmosfera, e di questa atmosfera vuole restituire il sapore, in un romanzo che nasce e si sviluppa sul lento, assiduo movimento del ricordo.
Il prologo esordisce con l’immagine della necropoli etrusca di Cerveteri, meta di una scampagnata del protagonista insieme ad alcuni amici, una domenica d’aprile del 1957. La particolarità del luogo suscita nella compagnia una riflessione sulla morte e il ricordo di chi ci ha lasciato, sempre più labile con il passare degli anni, fino a dissolversi del tutto. «Perché le tombe antiche fanno meno malinconia di quelle più nuove?» chiede Giannina, la più piccola del gruppo, ed è come se da questa domanda scaturisse il flusso narrativo che dà vita all’intero romanzo, una grande “intermittenza del cuore” a recuperare un tempo passato, ma solo per accorgersi che mai, neppure quando era presente, lo si è posseduto veramente.
«Io riandavo con la memoria agli anni della mia prima giovinezza, e a Ferrara,
e al cimitero ebraico posto in fondo a via Montebello» .
Non è un caso che sia proprio un cimitero ad aprire la lunga rassegna di ricordi dell’io narrante; le immagini di morte sono ricorrenti nel romanzo, avvolte di un’aura mai lugubre o drammatica, ma dolcemente malinconica. Anche della tragedia umana dei Finzi Contini, illustre famiglia ebraica travolta e distrutta nei campi di sterminio nazisti, il lettore non avverte l’orrore e l’immane peso storico, ma solo il languore elegiaco di un amore perduto.
Il protagonista, agli inizi degli anni trenta, è uno studente di ginnasio che quando scopre di essere stato rimandato in matematica, inizia a vagabondare per la città, disperato per l’esito scolastico, fino ad arrivare di fronte al muro di cinta della bellissima villa dei Finzi Contini. Qui incontra per la prima volta Micol, una ragazzina tredicenne che il ragazzo ha già visto diverse volte in Sinagoga durante le celebrazioni religiose e le festività ebraiche, la quale lo invita ad entrare per consolarlo, vedendolo disperato.
E’ l’inizio di un’amicizia che , con il tempo, diventerà anche un’attrazione fisica.
Dal momento del primo incontro, passa un lasso temporale di dieci anni ed arriviamo nel 1938
all’epoca delle leggi razziali, un gruppo di giovani ebrei benestanti di Ferrara, tra cui il protagonista si trova escluso dai circoli sportivi, dalle biblioteche e dai luoghi di ritrovo pubblici: è l’occasione che spinge gli alteri Finzi Contini a sciogliere il proverbiale riserbo, mettendo il loro leggendario giardino a disposizione dei giovani, ebrei e non, coetanei dei figli Alberto e Micol.
Il giardino diventa così un luogo sospeso, a-storico, dove lo spensierato snobismo dei suoi nobili abitanti sembra voler cancellare con la noncuranza e il disinteresse quanto sta avvenendo oltre le mura secolari che ne delimitano i confini. Il fascino misterioso e antico di questo microcosmo, apparentemente inattaccabile, del tutto bastante a se stesso, attrae irresistibilmente il protagonista, che si innamora di Micol, parte di quel mondo ma, nello stesso tempo, l’unica a saperlo guardare con distacco e con triste ironia, l’unica che, talvolta, provi a scavalcare quelle mura, come faceva fin da ragazzina, eludendo la sorveglianza di portinai e governanti.
Finale
Ricordando la sera, di tanti anni prima, in cui Micol lo aveva invitato ad entrare, senza esitare scavalca il muro di cinta ed entra, per la sua ultima volta, nel giardino che era stato spettatore di tutto il suo amore per Micol. Lì capisce definitivamente che i Finzi Contini sono troppo diversi da lui e così decide di dare l’addio a Micol, alla sua famiglia ed al Malnate. Il romanzo termina con la narrazione della triste sorte accaduta a tutti i suoi componenti. Alberto muore per un male incurabile, Giampiero Malnate, mandato a combattere sul fronte russo, muore in battaglia e Micol, con il professore Ermanno e la moglie Olga vengono deportati in un campo di concentramento nazista da cui non faranno mai più ritorno.
Alla fine del romanzo, la rinuncia del protagonista a Micol corrisponde con la sua entrata nella vita vera, con tutto il suo peso di dolore e responsabilità, con la nuova consapevolezza che il mondo protetto e incantato de Il giardino dei Finzi Contini si reggeva solo su valori appartenenti al passato, che le parole di Micol erano
«le solite parole ingannevoli e disperate che soltanto un vero bacio avrebbe potuto impedirle di proferire».
L’io narrante de Il giardino dei Finzi Contini vive immerso in questa atmosfera, e di questa atmosfera vuole restituire il sapore, in un romanzo che nasce e si sviluppa sul lento, assiduo movimento del ricordo.
Il prologo esordisce con l’immagine della necropoli etrusca di Cerveteri, meta di una scampagnata del protagonista insieme ad alcuni amici, una domenica d’aprile del 1957. La particolarità del luogo suscita nella compagnia una riflessione sulla morte e il ricordo di chi ci ha lasciato, sempre più labile con il passare degli anni, fino a dissolversi del tutto. «Perché le tombe antiche fanno meno malinconia di quelle più nuove?» chiede Giannina, la più piccola del gruppo, ed è come se da questa domanda scaturisse il flusso narrativo che dà vita all’intero romanzo, una grande “intermittenza del cuore” a recuperare un tempo passato, ma solo per accorgersi che mai, neppure quando era presente, lo si è posseduto veramente.
«Io riandavo con la memoria agli anni della mia prima giovinezza, e a Ferrara,
e al cimitero ebraico posto in fondo a via Montebello» .
Non è un caso che sia proprio un cimitero ad aprire la lunga rassegna di ricordi dell’io narrante; le immagini di morte sono ricorrenti nel romanzo, avvolte di un’aura mai lugubre o drammatica, ma dolcemente malinconica. Anche della tragedia umana dei Finzi Contini, illustre famiglia ebraica travolta e distrutta nei campi di sterminio nazisti, il lettore non avverte l’orrore e l’immane peso storico, ma solo il languore elegiaco di un amore perduto.
Il protagonista, agli inizi degli anni trenta, è uno studente di ginnasio che quando scopre di essere stato rimandato in matematica, inizia a vagabondare per la città, disperato per l’esito scolastico, fino ad arrivare di fronte al muro di cinta della bellissima villa dei Finzi Contini. Qui incontra per la prima volta Micol, una ragazzina tredicenne che il ragazzo ha già visto diverse volte in Sinagoga durante le celebrazioni religiose e le festività ebraiche, la quale lo invita ad entrare per consolarlo, vedendolo disperato.
E’ l’inizio di un’amicizia che , con il tempo, diventerà anche un’attrazione fisica.
Dal momento del primo incontro, passa un lasso temporale di dieci anni ed arriviamo nel 1938
all’epoca delle leggi razziali, un gruppo di giovani ebrei benestanti di Ferrara, tra cui il protagonista si trova escluso dai circoli sportivi, dalle biblioteche e dai luoghi di ritrovo pubblici: è l’occasione che spinge gli alteri Finzi Contini a sciogliere il proverbiale riserbo, mettendo il loro leggendario giardino a disposizione dei giovani, ebrei e non, coetanei dei figli Alberto e Micol.
Il giardino diventa così un luogo sospeso, a-storico, dove lo spensierato snobismo dei suoi nobili abitanti sembra voler cancellare con la noncuranza e il disinteresse quanto sta avvenendo oltre le mura secolari che ne delimitano i confini. Il fascino misterioso e antico di questo microcosmo, apparentemente inattaccabile, del tutto bastante a se stesso, attrae irresistibilmente il protagonista, che si innamora di Micol, parte di quel mondo ma, nello stesso tempo, l’unica a saperlo guardare con distacco e con triste ironia, l’unica che, talvolta, provi a scavalcare quelle mura, come faceva fin da ragazzina, eludendo la sorveglianza di portinai e governanti.
Il nostro protagonista comincia così a frequentare quotidianamente Micol, con la quale condivide molti interessi e trascorre interi pomeriggi tra partite di tennis e lunghe chiacchierate, deliziato inoltre dall’ospitalità del professor Ermanno (padre dei ragazzi), di sua moglie Olga e da una schiera di gentilissimi servitori. L’intesa tra i due giovani si rafforza di giorno in giorno e questo porta i sentimenti del giovane a diventare “amore” ma è troppo timido per confessarlo alla sua amata Micol.
Un po’ all’improvviso, Micol decide di allontanarsi da Ferrara e di andare a Venezia per terminare i suoi studi e laurearsi. Il giovane protagonista continua però a frequentare la villa per rimanere così sempre in contatto con la sua amata e per completare gli studi della sua tesi, dal momento che il professore Ermanno gli ha messo a disposizione la fornita biblioteca della casa per studiare. In occasione dei festeggiamenti pasquali, Micol ritorna a Ferrara ed il protagonista è così felice di rivedere la ragazza che quando la incontra riesce anche a rubarle un bacio. Però proprio in seguito a quel bacio, che rimarrà il solo, Micol cambia atteggiamento nei confronti del giovane, diventa fredda e scostante fino a confessargli che tra loro non può esserci nessun tipo di relazione amorosa, perché sono troppo simili e ormai troppo amici, quasi come due fratelli.
Un amore appassionato e struggente che non verrà mai vissuto: Micol lo allontana, consapevole che le persone troppo simili non possono amarsi davvero, perché
«l’amore (così almeno se lo figurava lei) era roba per gente decisa a sopraffarsi a vicenda, uno sport crudele, feroce […] da praticarsi senza esclusione di colpi e senza mai scomodare, per mitigarlo, bontà d’animo e onestà di propositi»;
e forse (ma è un dubbio, solo un dubbio che l’io narrante non vuole sciogliere, né per se stesso né per i lettori), forse Micol un amore di questo tipo lo ha trovato, in Malnate, giovane frequentatore del giardino, milanese, comunista militante, che guarda alla vita e alla storia con ben altra energia e concretezza
che i Finzi Contini.
Deluso ed amareggiato, il giovane si allontana definitivamente dalla Magna Domus e comincia a frequentare Giampiero Malnate anche se sono due persone molto diverse tra loro. Quando il Malnate lo convince ad andare in una casa di tolleranza, il protagonista capisce che continuare a frequentarlo lo condurrebbe solo verso una strada di vita sbagliata e non adatta a lui ed una sera in cui si sente particolarmente depresso, vagabondando per la città, si trova a passare proprio davanti al muro di cinta della Magna Domus.
Finale
Ricordando la sera, di tanti anni prima, in cui Micol lo aveva invitato ad entrare, senza esitare scavalca il muro di cinta ed entra, per la sua ultima volta, nel giardino che era stato spettatore di tutto il suo amore per Micol. Lì capisce definitivamente che i Finzi Contini sono troppo diversi da lui e così decide di dare l’addio a Micol, alla sua famiglia ed al Malnate. Il romanzo termina con la narrazione della triste sorte accaduta a tutti i suoi componenti. Alberto muore per un male incurabile, Giampiero Malnate, mandato a combattere sul fronte russo, muore in battaglia e Micol, con il professore Ermanno e la moglie Olga vengono deportati in un campo di concentramento nazista da cui non faranno mai più ritorno.
Alla fine del romanzo, la rinuncia del protagonista a Micol corrisponde con la sua entrata nella vita vera, con tutto il suo peso di dolore e responsabilità, con la nuova consapevolezza che il mondo protetto e incantato de Il giardino dei Finzi Contini si reggeva solo su valori appartenenti al passato, che le parole di Micol erano
«le solite parole ingannevoli e disperate che soltanto un vero bacio avrebbe potuto impedirle di proferire».
" Quanti anni sono passati da quel remoto pomeriggio di giugno? Più di trenta.Eppure,se chiudo gli occhi, Micòl Finzi-Contini sta ancora là,affacciata al muro di cinta del suo giardino,che mi guarda e mi parla."
Nel 1970, il regista e attore italiano Vittorio De Sica prese spunto dal romanzo di Bassani per realizzare un film omonimo. Il film ottenne grandi consensi da parte dei critici di quel tempo ma non fu gradito dall’autore che, dopo aver inizialmente curato la stesura della sceneggiatura, cambiò idea e chiese successivamente di non essere nominato nei titoli di coda.Devo dire che io ho amato molto questo film pur riconoscendo che,
come quasi sempre avviene, è ben lontano dalla profondità e dalla struggente bellezza dell'opera letteraria.
.
Giorgio Bassani nasce a Bologna il 4 marzo del 1916 da una famiglia della borghesia ebraica, ma trascorre l'infanzia e la giovinezza a Ferrara, città destinata a divenire il cuore pulsante del suo mondo poetico, dove si laurea in Lettere nel 1939.
Durante gli anni della guerra partecipa attivamente alla Resistenza conoscendo anche l'esperienza del carcere; nel 1943 si trasferisce a Roma, dove vivrà per il resto della vita, pur mantenendo sempre fortissimo il legame con la città d'origine. E' solo dopo il 1945 che si dedica all'attività letteraria in maniera continuativa, lavorando sia come scrittore (poesia, narrativa e saggistica) sia come operatore editoriale: è significativo ricordare che fu proprio Bassani ad appoggiare presso l'editore Feltrinelli la pubblicazione del "Il gattopardo", romanzo segnato dalla stessa visione liricamente disillusa della storia che si incontra anche nelle opere dell'autore de "Il Giardino dei Finzi Contini".
Giorgio Bassani lavora anche nel mondo della televisione, arrivando a ricoprire il ruolo di vicepresidente della Rai; insegna nelle scuole ed è stato anche docente di storia del teatro presso l'Accademia d'Arte Drammatica di Roma. Partecipa attivamente alla vita culturale romana collaborando a varie riviste, tra cui "Botteghe Oscure", rivista di letteratura internazionale uscita tra il 1948 e il 1960.
Va inoltre ricordato il suo lungo e costante impegno come presidente dell'associazione "Italia Nostra", creata in difesa del patrimonio artistico e naturale del paese.
Dopo alcune raccolte di versi (tutte le sue poesie verranno poi raccolte in un unico volume nel 1982, con il titolo "In rima e senza") e la pubblicazione in un unico volume delle "Cinque storie ferraresi" nel 1956 (alcune però erano già comparse singolarmente in varie edizioni), Bassani raggiunge il grande successo di pubblico con "Il giardino dei Finzi Contini" (1962): nel 1970 il romanzo riceverà anche un'illustre trasposizione cinematografica per opera di Vittorio De Sica, dalla quale però, come detto, Bassani vorrà sempre prendere le distanze.
Le opere successive dello scrittore, sviluppate tutte intorno al grande tema geografico-sentimentale di Ferrara sono "Dietro la porta" (1964), "L'Airone" (1968) e "L'odore del fieno" (1973), riunite nel 1974 in un unico volume insieme al romanzo breve "Gli occhiali d'oro" (1958), dal significativo titolo
"Il romanzo di Ferrara".
Dopo un lungo periodo di malattia, segnato anche da dolorosi contrasti all'interno della sua famiglia, Giorgio Bassani si spegne a Roma il 13 aprile del 2000.
Dopo alcune raccolte di versi (tutte le sue poesie verranno poi raccolte in un unico volume nel 1982, con il titolo "In rima e senza") e la pubblicazione in un unico volume delle "Cinque storie ferraresi" nel 1956 (alcune però erano già comparse singolarmente in varie edizioni), Bassani raggiunge il grande successo di pubblico con "Il giardino dei Finzi Contini" (1962): nel 1970 il romanzo riceverà anche un'illustre trasposizione cinematografica per opera di Vittorio De Sica, dalla quale però, come detto, Bassani vorrà sempre prendere le distanze.
Le opere successive dello scrittore, sviluppate tutte intorno al grande tema geografico-sentimentale di Ferrara sono "Dietro la porta" (1964), "L'Airone" (1968) e "L'odore del fieno" (1973), riunite nel 1974 in un unico volume insieme al romanzo breve "Gli occhiali d'oro" (1958), dal significativo titolo
"Il romanzo di Ferrara".
Dopo un lungo periodo di malattia, segnato anche da dolorosi contrasti all'interno della sua famiglia, Giorgio Bassani si spegne a Roma il 13 aprile del 2000.
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La curiosità di Antonella
Il film fu presentato in tutto il mondo, ebbe successo al botteghino, anche se Bassani prese le distanze perché in disaccordo con le scelte fatte dal regista in fase di sceneggiatura, cambiò l'impostazione del romanzo. "Ricordo la prima a Gerusalemme - racconta Christian De Sica - ero seduto vicino a mio padre che aveva accanto Golda Meir e vicino a mamma c'era Moshe Dayan. Scorrono i titoli di coda e l'applauso non parte, mio padre mi stringe il braccio: 'Non è piaciuto'. Quando si accesero le luci, tutto il pubblico piangeva. Vedere Golda Meir con le lacrime agli occhi è un'emozione che mi porto ancora dentro. Poi ricordo gli applausi, e la felicità di papà".
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Vi invito a cliccare QUI
per andare da Audrey e leggere tutto sul film Il Giardino dei Finzi Contini
Wall di Audrey
( Immagini dal web )
Quando leggiamo un libro facciamo scorrere la nostra fantasia sulle note della lettura mediata da tutto quello che abbiamo dentro di noi
RispondiEliminae nessun altro immaginerà le stesse cose che abbiamo immaginato noi.
Quando un regista mette mano ad un romanzo per farne un film
non solo succede quello di cui sopra ma ha anche delle modifiche tecniche che fanno sì che la pellicola sia diversa dalla sua e dalla nostra immaginazione.
Per questo non è possibile dire che il libro è migliore o peggiore del film,
sarà giocoforza sempre diverso.
Comunque leggo sempre con piacere quel che scrivi anche perchè ci trovo l'impegno per la ricerca degli argomenti, non sempre commento ma quasi sempre leggo.
Ciao.
Ciao Massimo, bello averti qui in questo post a cui tenevo molto. In realtà è un estratto dalla mia tesina di maturità. Hai ragione, ognuno ha un suo modo di sentire e di interpretare ragione per cui un film non potrà mai comunicare esattamente le stesse sensazioni che ci ha comunicato un libro. Bassani è un autore che ho sempre letto molto volentieri ed è superfluo dire che il Giardino dei Finzi Contini sia il suo grande capolavoro in realtà io ho apprezzato anche il film con le sue atmosfere a volte surreali e i protagonisti che sembravano vivere in un mondo parallelo. Certo, anche Bassani, come tutti i grandi scrittori, avrebbe dovuto mettere in conto che il suo sentire non poteva essere esattamente quello del regista.
EliminaSpero a presto, un abbraccio.
Antonella
Dopo mille insidie è difficoltà , finalmente, dopo un anno, siamo riuscite a pubblicare questo Fatterellando. Spero che i nostri post piacciano e che risulti interessante anche vedere come l'approccio sia avvenuto in maniera differente per noi due. Un abbraccione e buona giornata
RispondiEliminaCerto che questo post ci ha fatte penare però secondo me ne è valsa la pena.
EliminaSì, interessante vedere come questa volta non siamo esattamente d'accordo...più che un Fatterellando sempre un Tra te e me.
Un abbraccio.
Antonella
Il giardino dei Finzi Contini, credo sia veramente un bellissimo film, per ora passa da Audrey per orientarmi sulla vera storia...
RispondiEliminaCiao e buon fine settimana cara Antonella.
Tomaso
Ciao Tomaso, sì, da Audrey troverai tutto quello che riguarda il film.
EliminaCiao, buona giornata.
Antonella
Mi infuse tanta tristezza, una protesta muta contro tutte le discriminazioni, ed un perdersi di fronte ai segreti che governano l'animo umano.
RispondiEliminaCiao Costantino, io l'ho sempre considerato uno dei più grandi libri della letteratura moderna, con grande garbo affronta temi sconvolgenti, ed entra nella parte più segreta delle emozioni umane. ( In realtà ho amato molto anche il film ). Ancora oggi, anzi soprattutto oggi, un romanzo di grande attualità.
EliminaTi auguro una buona giornata.
Antonella
E' sempre bello leggerti!Buon fine settimanaRosetta
RispondiEliminaGrazie Rosetta, buona giornata!
EliminaAntonella
Mi piacciono i film che fanno riflettere sulla storia del mondo e quindi ti faccio i complimenti per la scelta.
RispondiEliminaSaluti a presto.
Grazie, un libro e un film che ho sempre amato molto.
EliminaA presto.
Antonella
Ricordo di avere visto il film diversi anni fa, il libro non l'ho mai letto , anche se ce l'ho in casa e tante volte ho pensato di leggerlo. Chissà che , dopo il tuo bellissimo post, non i venga finalmente voglia di leggerlo. Buon week end.
RispondiEliminaCiao Mirtillo, spero davvero che questo post sia di stimolo a leggere il libro, come avrai intuito a me, a suo tempo, era piaciuto molto e anche adesso rileggendolo per scrivere il post non ho potuto che pensare che restava, anche a distanza di anni, un grande libro.
EliminaUn abbraccio.
Antonella
Ciao Antonella,
RispondiEliminaBassani è tra i miei autori preferiti fin dalla prima giovinezza, quando lessi con emozione e partecipazione le cinque storie ferraresi: fu una stagione di letture intense, rimaste per sempre nel cuore ed in seguito ho appreso con amarezza le tristi vicende personali dell'Autore.
Un saluto affettuoso:)
Marilena
Ciao Marilena, conoscevo la tua predilezione, che è poi anche la mia, per Bassani. Non ricordo in che occasione abbiamo avuto modo di " parlarne ". Riguardo alle sue ultime e tristi vicende personali abbiamo avuto lo stesso sentire: tristezza e amarezza.
EliminaUn abbraccio.
Antonella
Cara Antonella, il libro non ho letto, ma visto il film, e mi è piaciuto tantissimo ,erano i primi anni del '70. Mi è tornato alla mente non tanto tempo fa.
RispondiEliminaGrazie ciao, bacione.
Dani
Ciao Daniela, se hai occasione leggi anche il libro a mio parere è un libro importantissimo. Il film a me è piaciuto, certo, come sempre accade, il film non è lo specchio esatto del libro...però è un bel film.
EliminaUn abbraccio.
Antonella