giovedì 17 maggio 2018

Storia del Giro, accadde qui: Adorni sfreccia all'autodromo





Gli annali la ricordano come una delle più belle vittorie italiane ai Campionati del Mondo di Ciclismo su strada. Nel 1968 la prestazione di Vittorio Adorni sul circuito di Imola, dove arrive un po' di pazzia. Doti che non difettano al parmense Adorni, il quale azzecca le due scelte decisivea la dodicesima tappa del Giro 2018, fu superlativa. Talmente grande da non essere più nemmeno immaginabile nel ciclismo moderno, in cui i giochi di squadra contano più degli exploit personali.








Primo settembre 1968. Una corsa in bici che comprende diversi chilometri in un autodromo automobilistico è snervante: rettifili infiniti, curvoni, sole cocente. Quel giorno degli 84 partiti ne arrivano solo 19.








Si teme Merckx, e per vincere occorre acume tattico e un po' di pazzia. Doti che non difettano al parmense Adorni, il quale azzecca le due scelte decisive: fuggire subito, dopo 50 chilometri, e avere come compagno un connazionale di Merckx, Rik Van Looy. E' il metodo giusto per bloccare la corsa, con italiani e belgi passivi e francesi indispettiti. I due raggiungono subito altri corridori che facevano da lepri.








Proseguono veloci, ma la gara è estenuante: 18 giri del circuito dei Tre Monti. Gli otto fuggitivi diventano quattro. Difficile tenere il ritmo per 277 chilometri - tanta è la distanza da coprire - di cui 220 in fuga. Adorni ne è cosciente. Combatte contro la strada e anche contro i molti che lo considerano in declino o, peggio, suddito di Merckx, di cui è compagno di squadra alla Faema.








A 90 chilometri dall'arrivo, sulla salita del Frassineto, coglie l'attimo e parte, da solo contro tutti.
Nessuno lo tiene. Macina una media costante di 39 chilometri orari.
Taglia il traguardo, dopo 7 ore di corsa, con quasi 10 minuti sul belga Van Springel.








( Albano Marcarini
  Speciale Bell'Italia Sulle strade del Giro  )
( Immagni dal web )




mercoledì 16 maggio 2018

Storia del Giro, accadde qui: quando " Purito " si vestì di rosa





Nel Giro 2012 lo spagnolo Joaquim Rodriguez si classifica secondo a soli 16" dall'inatteso vincitore Ryder Hesjedal. Rodriguez ha due acuti ad Assisi e a Cortina, prima di ceder la maglia rosa nella cronometro finale di Milano








Ad Assisi mette  in mostra tutte le sue doti di finisseur nelle ascese secche. Quel giorno il gruppo arriva veloce e compatto alla periferia di Assisi. Il temuto " muro di San Damiano ", èendenza media dell'11% a 5 chilometri dall'arrivo, non fa danni,  e nemmeno la discesa su strade larghe, filanti.








Ma l'ultimo chilometro è tutt'altra cosa: vicoli stretti,, gobbe, lastricato di marmo, curve insidiose.
E' fondamentale  affrontarlo in testa al gruppo.
Il team Katusha, con Rodriguez, si para davanti a tutti e indirizza il capitano  verso le traiettorie migliori.








Ci si infila sotto la Porta San Francesco, poi una curva a gomito al 10% stronca le gambe dei più, già provati da 186 chilometri di strada.
Rodriguez segue il suo compagno Dani Moreno, che agli 800 metri ced: allora prende la ruota di Tiralongo, poi di Slagter. Il momento buono arriva a meno di 200 metri da un traguardo nascosto tra le case del centro storico.








Vince a mani levate e si veste di rosa. E' il primo trionfo al giro di " purito " ovvero cigarillo, nomignolo che Rodriguez porta da quando, in gioventù, in salita aveva sbeffeggiato i più esperti compagni di squadra fingendo di fumare un sigaro.
Per penitenza era poi stato costretto a fumare un sigaro vero, sotto l'occhio divertito di tutti.








( Albano Marcarini
  Speciale Bell'Italia Sulle strade del Giro  )
( Immagni dal web )




martedì 15 maggio 2018

Storia del Giro, accadde qui: il Pirata va all'arembaggio





La passione per il Giro d'Italia nasce tantissimi anni fa, avevo 9 anni e frequentavo la elementari e alla Maestra, donna che ancora oggi che di anni ne ho 60 stimo tantissimo, non so come, venne l'idea in occasione del Giro, di dividere noi alunni in gruppi e ad ogni gruppo assegnò una ricerca sui luoghi toccati dalle varie tappe. Da allora mi innamorai del Giro e, esclusi i primi anni dopo " l'affaire " Pantani, non l'ho più abbandonato. Quell'anno, il 1967, il primo importante Gran Premio della Montagna era il Blockhaus, sulla Maiella, il gigante cattivo degli Appennini. Oggi il Giro è nuovamente sull'Appennino, sul GranSasso con arrivo a Campo Imperatore...e anche questa tappa, sull'onda dei ricordi fa battere un po' di più il cuore.
E adesso vediamo cosa accadde, con il grande Pantani, nel 1999.







Giro d'Italia 1999. Ci vogliono 8 giorni per incontrare una vera salita. La scelta è caduta sul Gran Sasso, rampa infinita in un contesto di paesaggio  che ricorda, per solitudine e grandiosità, le steppe di altri continenti.








I corridori sono puntini colorati. Uno di loro, il migliore nelle scalate scalpita.
Si chiama Marco Pantani.  La tappa lunga 253, inizia sul lungomare di Pescara e finirà nella neve a 2.000 metri, sotto la vetta della montagna più alta dell'Appennino.








Calma piatta, ma forte tensione nei primi 200 chilometri. Una fuga dimostrativa per Caucchioli e Piccoli, niente di più. Sono gli ultimi tratti dell'ascesa a decidere tutto. Lo spagnolo Josè Maria Jimenez scatta su un tornante. Il Pirata interpreta il gesto come una provocazione.
Ivan Gotti, agile scalatore bergamasco che vincerà questa edizione del giro, e il campione del mondo Oscar Camenzind approfittano della situazione per mettersi a ruota del Romagnlo








Ma Pantani tiene un ritmo irresistibile, Gotti riesce a dargli il cambio una sola volta. Quando scatta ancora, sempre ritto sui pedali, nessuno gli resiste più. Gli ultimi due chilometri sono di pura forza perchè in ballo c'è la maglia rosa, che Pantani sfilerà a Laurent Jalabert.








Quello sarà il Giro magistrale e tragico del campione cesenate. Prima per la famosa rimonta di Oropa, nella quindicesima tappa, quando, dopo essere stato vittima di un salto di catena, recupererà il distacco superando tutti gli avversari per imporsi in solitaria. Poi con la vicenda di Madonna di Campiglio quando, per anomali valori del tasso di ematocrito, sarà escluso dalla corsa rosa a due giorni dalla fine.








( Albano Marcarini
  Speciale Bell'Italia Sulle strade del Giro  )
( Immagni dal web )




sabato 12 maggio 2018

Storia del giro, accadde qui: la prima ascesa a Montevergine e la grande fuga di Desmet






Questa tappa del Giro mi è molto cara perchè Montevergine è uno dei miei più bei ricordi d'infanzia.
Ci andavamo ogni anno, da bambini prima e da ragazzini poi, durante il consueto viaggio verso il Sud. Il mio papà aveva studiato lì e ogni anno, durante il nostro soggiorno in Basilicata, amava trascorrere una giornata in questo luogo di pace.
Ci sono tornata parecchie volte da adulta, quando il viaggio verso il Sud lo intraprendevo con mio marito... Con il passare del tempo le cose sono cambiate, i primi anni all'interno del monastero vivevano ancora, ormai anzianissimi, i monaci che erano stati gli insegnanti di papà, ho il ricordo di loro che ci ospitavano in quella che allora mi parve una biblioteca immensa. Già allora amavo tanto i libri e quell'immagine è rimasta impressa nella mia memoria. Da adulta ho incontrato spesso Montevergine nel corso delle mie ricerche su Federico II, il cui trono in marmo si trova ancora custodito lì.
Non perdo mai nessuna tappa del Giro ma questa è particolarmente importante per me. 








" Il Giro del 1962 porta grandi novità. E ' un percorso con tanta fantasia, e il vulcanico patron vincenzo Torriani ha preparato un " sottotitolo" per ogni tappa: così a Sestri Levante si corre fino alla " Baia delle Fate ", a Rieti nella " Valle Santa ", a Chieti nella " vallata della Rinascita ", mentre sul Passo Rolle transita la mitica " Cavalcata dei Monti Pallidi ".








E' anche l'anno dell'esordio della salita a Montevergine, sul monte Partenio: ci si arriva da Fiuggi, alla settima tappa, per celebrare il ricostruito santuario intitolato alla Vergine e all'eremita Guglielmo da Vercelli, che decise di stabilirsi qui dopo un'aggressione subita a Taranto, sulla via di un pellegrinaggio in Terra Santa.








Quella sventura fu interpretata dal mistico come un segno divino: Guglielmo si convinse a rimanere in Italia e fermarsi ai piedi del monte Partenio. Era il 1118 e pare che il Santo abbia impiegato parecchio tempo per convincersi della bontà della sua decisione.








Invece nel 1962 il viaggio dei ciclisti fu veloce.
Il belga Rik Van Looy controllava la corsa con la sua " guardia rossa " di gregari. Di tanto in tanto concedeva un via libera a qualcuno, per gratificarlo della devozione.








A Montevergine toccò a Armand Desmet, di cui si diceva un gran bene. In seguito avrebbe tradito le attese, ma quel giorno volò in salita. Prese la rampa finale con il  francese Anglade e l'italiano Sartore. Guadagnarono 6 minuti sugli scalatori di fama, poi Desmet ebbe lo spunto per un arrivo solitario, dando una manciata di secondi ad Anglade.








Conquistò anche la maglia rosa, che tenne poi fino alle Dolomiti. Un inatteso trionfo. I cronisti ne vollero sapere di più ma uno di loro mancava all'appello.
Giovanni Mosca, inviato del Corriere, non vide l'arrivo: su invito dell'Abate aveva ceduto a cinque bicchierini di liquore di Montevergine. "







( Albano Marcarini
  Speciale Bell'Italia Sulle strade del Giro  )






( Immagini dal web )






venerdì 11 maggio 2018

Storia del Giro, Accadde qui: duello sul vulcano tra Speedy Gonzales e " cuore matto " Bitossi.





Non ci fu battaglia quel giorno sull'Etna. Il vulcano rimase quieto. Non si scatenò contro i corridori che violarono i suoi dicchi, i vulcanelli, le colate di lava.
Il Giro d'Italia  1967  approda in Sicilia e punta all'Etna: 169 chilometri, partenza da Catania, un divagare tra agrumeti e campi di pistacchio prima di affrontare la salita fino ai 1862 metri del rifugio Sapienza.









Saggezza ci vuole, più che sapienza, e tutti tirano al risparmio. 
Negli ultimi 19 chilometri, dopo Nicolosi, la strada va su a spigoli.
Gli spettatori ai bordi conoscono i nomi dei loro beniamini, ma non li distinguono  perchè le cronache vanno per radio e questo lavoro in tv lo sa fare solo Adriano De Zan.
Per cui si grida Motta quando passa Adorni, Gimondi quando spunta Taccone.








A meno di 3 chilometri se ne va il solito spagnolo, tale Aurelio Gonzales. Gli si aggancia Franco Bitossi, " cuore matto " che avevano dato per disperso per via della sua maledetta palpitazione.
Invece eccolo lì a stanare Speedy Gonzales.








Radio corsa ha detto che per via del vento lo striscione del traguardo è volato via e non si sa bene dove sia l'arrivo. Si parla di una bandierina rossa tenuta da un addetto.
Meglio non tergiversare, avrà pensato il piccolo spagnolo. E parte come una furia.








Ma Bitossi non si scomoda certo per arrivare secondo: scala le marce, butta su il rapporto 
54x16 e non ce n'è per nessuno.
Un tifoso gli piazza davanti un cartello:
" Viva Bitossi cuor di leone ! "







( Albano Marcarini
  Speciale Bell'Italia Sulle strade del Giro  )
( Immagni dal web )

mercoledì 9 maggio 2018

Luci del Nord







Abbiamo colto l'occasione della lunga settimana di " ponti " appena trascorsa per dedicare più tempo possibile ad Aiace e a Cassandra, per abituare lui al nostro stile di vita e per abituare lei a condividere i suoi spazi con lui. Tra le altre cose abbiamo visitato la bella mostra " Luci del Nord " a Bard. Gli Impressionisti mi piacciono molto e non mi deludono mai, onestamente questa mostra non è tra quelle dedicate a questi artisti che mi è piaciuta di più, ma consiglio, comunque, a chi ama l'arte, di visitarla. Quindi, abbiamo visitato la mostra, percorso i piccoli vicoli di Bard tra negozietti e vecchi cortili, non è mancata una sosta ad Arnad per gustare la " merenda valdostana "  e per capire che Aiace è proprio un bravo cane ed è anche educato, e poi sulla strada del ritorno una sosta ad Ivrea.
Come sempre una bella giornata trascorsa in armonia, con un velo di tristezza pensando alle nostre scorribande in Valle in compagnia di Platone














" Monet, Renoir, Bonnard, Boudin, Corot, Courbert, Daubigny, ma anche Delacroix, Dufy, Gericault...
Per la prima volta il forte di Bard dedica una mostra agli impressionisti e lo fa con un progetto inedito curato da Alain Tapié. Più di 70 importanti opere raccontano la fascinazione degli artisti per la Normandia, un paesaggio naturale dotato di una propria fisicità, vera e vibrante.











questa terra ha esercitato una irresistibile forza di attrazione tra gli artisti del XIX secolo, a partire dalla scoperta che ne fecero i pittori e gli acquarellisti inglesi che attraversarono la Manica per studiare il paesaggio, le rovine e i monumenti in terra francese.











L'attitudine degli artisti inglesi a dipingere immersi nella natura e non più nel chiuso dei propri atelier  ha costituito un modello ed è stata fonte d'ispirazione per intere generazioni successive della pittura francese.















La mostra racconta la nascita, a partire dai primi decenni dell'Ottocento, della pittura d'impressione, che darà vita al movimento dell'Impressionismo così come lo conosciamo, e successivamente al postimpressionismo e ai principali movimenti delle avanguardie artistiche del Novecento che utilizzano il colore come strumento principale d'espressione. " ( dalla brochure della mostra )






( immagini dal web )


Forte di Bard ( AO )
Fino al 17 giugno 2018
Da martedì a venerdì dalle 10,00 alle 18,00
Sabato, domenica e festivi dalle 10,00 alle 19,00
Entrata: intero Euro 8,50
              ridotto Euro 6,50



mercoledì 25 aprile 2018

Benvenuto Aiace!




Di nuovo una lunga assenza, di nuovo sono successe tante cose che mi hanno distolta dal blog, come ho già scritto  quando la vita " reale " ha il sopravvento esige tutto il nostro impegno e non lascia spazio nemmeno per questo piccolo angolo di evasione.
Dunque sono successe tante cose tra le quali una bellissima: è arrivato nella nostra famiglia Aiace, meticcio nero con barba, petto e punta delle zampine bianca, è arrivato come un uragano e , forse, anche come un salva vita. Platone ci mancava e ci manca troppo, manca a noi e manca tantissimo a Cassandra che si è andata intristendo di giorno in giorno. Così il sabato dopo Pasqua abbiamo preso la decisione, non di sostituire il nostro piccolo Platone , ma di condividere la nostra vita con un altro cane, quello che ci stava già aspettando al canile di Omegna.








Anche con lui è stato amore a prima vista e dopo qualche giorno di infinita attesa ce lo hanno finalmente portato a casa. E' arrivato come una ventata di aria fresca, è giovane, curioso, ha voglia di coccole, ha voglia di giocare, è pigro ma nello stesso tempo ci segue passo a passo e fa le scale di case 100 volte al giorno.
Fa di tutto per farsi amare, cerca continuamente le nostra approvazione, è ubbidiente, dolce.
Lui e Cassandra si ignorano, in realtà non " si rivolgono proprio la parola" , però poi dormono insieme tutta la notte...diciamo che si stanno ancora " studiando ", però anche lei sta lentamente tornando ad essere quella di prima.








Io sono più serena, c'è lui che è il cane più allegro del mondo e poi anche il tempo sta lavorando per risanare le ferite che mi sono rimaste nell'anima dopo la morte della mia amica malata, un po' per volta la vita riprende il suo corso e questo mi rende felice, non voglio dimenticare l'esperienza vissuta lo scorso anno ma voglio ricordarla con equilibrio, senza farmi soffocare dal ricordo di quei terribili momenti e vedo che sto cominciando a guarire.
E adesso ve lo presento il nostro Aiace, un vero eroe, eccolo!




































Piemontesità

Piemontesità
" ...ma i veri viaggiatori partono per partire, s'allontanano come palloni, al loro destino mai cercano di sfuggire, e, senza sapere perchè, sempre dicono: Andiamo!..." ( C.Boudelaire da " Il viaggio")