sabato 19 marzo 2016

Fabergè e le uova dello Zar, terza edizione





Il tempo vola...sembra ieri che Audrey ed io eravamo qui a scrivervi gli auguri del nostro Fatterellando/ Aspettando Natale e adesso eccoci qui con i nostri auguri pasquali...come gli scorsi anni il nostro Buona Pasqua è accompagnato da due delle meravigliose uova imperiali di Fabergè.
Audrei sul suo blog vi proporrà, per questa terza edizione dello Speciale Pasqua due uova spettacolari:      da parte mia vi presento il Winter Egg e il Mosaic Egg



Winter Egg - 1913

Presentato da Nicola II a Maria Fyodorovna

Work-master - Albert Holmström
Progettato da Alma Theresia Pihl

Dimensioni : altezza tot. 14,2 cm
altezza dell’ uovo 10,2 cm. - altezza della sorpresa 8,2 cm.

Proprietario - Collezione Privata, Qatar
Valore $9.6 milioni nel 2002 









L’uovo d’Inverno è fatto di cristallo di rocca, platino, diamanti taglio rosa, diamanti taglio brillante e pietra di luna (selenite). Il canestro in miniatura è realizzato in platino, oro, quarzo bianco, nefrite, granati demantoidi verdi.
Il demantoide è una pietra preziosa molto brillante, un granato verde; il suo nome deriva dall' olandese e significa più o meno "simile al diamante". Esso si riferisce alla particolare caratteristica di questa gemma, dalla brillantezza e luminosità uniche. Alcuni rivenditori di gemme sostengono che il demantoide splende e riluce anche al buio.









Lo spettro cromatico del demantoide include molte varietà di verde e va dal leggermente verde giallino, al verde brunito con una brillantezza dorata. Molto prezioso è quello di profondo verde smeraldo, che tuttavia è veramente molto raro. Esso, non soltanto è una pietra rara e raffinata, ma di solito è anche piuttosto piccola, cosicchè è difficile trovare esemplari di una certa dimensione. Soltanto poche pietre possono raggiungere più di due carati dopo il taglio; molte pesano circa un carato. Quando il demantoide fu scoperto per la prima volta negli Urali, in Russia, nel 1868, esso raggiunse rapidamente la posizione di una gemma particolarmente ricercata. Come una cometa luccicò e brillò esibendo il suo fuoco presso le gioiellerie di Parigi, New York e S. Pietroburgo. Fabergé fu affascinato dalla sua attraente brillantezza, e amò utilizzarlo nei suoi oggetti preziosi.









La storia della scoperta della vena sembra essere stata presa da un racconto di avventura: nel sud di Damaraland, presso il monte Spitzkoppe, a volte chiamato il Matterhorn Africano, sotto l'ustionante sole africano, nulla si muove; molto distante all'orizzonte, la "montagna nera" sembra tremolare nella foschia. E' una terra arida e dura e tuttavia, per un'eternità, essa ha nascosto uno sconosciuto tesoro: le gemme.
Milioni di anni fa, il magma liquido si è spinto dalle viscere della terra fino alla superficie, e si è pietrificato poco sotto di essa. Nel corso del tempo i venti e le intemperie hanno eroso gli strati finchè è rimasta solo la montagna di granito dell'appuntito Spitzkoppe e, naturalmente, le preziose gemme. Ma nessuno aveva la minima idea della loro esistenza, finchè nel dicembre 1996, un capraio errante si imbattè in alcune strutture cristalline che avevano attirato la sua attenzione e suscitato la sua curiosità.










L’uovo è incastonato su una base di cristallo di rocca a forma di blocco di ghiaccio che sta per sciogliersi; applicata in platino con diamanti taglio a rosa, la cerniera verticale racchiude in cima una pietra di luna cabochon, dipinta sul retro con la data 1913. Il corpo sottile dell’uovo è trasparente, finemente intagliato con delicate incisioni sul lato interno, che simulano cristalli di ghiaccio; l'esterno è ulteriormente inciso e nelle linee intagliate sono incastonati motivi in platino e diamanti taglio a rosa.










La sorpresa è un canestro, con doppio manico in platino e diamanti rosa, pieno di anemoni selvatici; ogni fiore è realisticamente ricavato da un unico pezzo di quarzo bianco con stelo e stami in filo d'oro; il centro è costituito da un granato demantoide, scolpito aperto o in un bocciolo. Le foglie sono delicate sculture in nefrite, che emergono da un letto di muschio d'oro, la base del cesto porta incise in lettere romane "Fabergé 1913". Sia l’uovo che la base sono datate 1913, un anno importante per i Romanov, poiché segnava il terzo centenario della dinastia, sontuosamente celebrato in tutta la Russia imperiale.









La storia del Winter Egg è una delle meglio documentate; conosciamo i workmaster, il progettista e forse anche l’intagliatore delle pietre, e se ne conosce anche il costo. La fattura originale Fabergè nell’Archivio di Stato russo registra l’acquisto per 24.600 rubli, il prezzo più alto mai pagato per un uovo imperiale, pari a circa 12,500 dollari (del 1913). La fattura descrive anche i dettagli della composizione: 1.300 diamanti taglio rosa, 360 brillanti e nel cesto 1.378 diamanti taglio rosa.
Le composizioni floreali create per il “Winter Egg” e per il “ Spring Flower Egg” , spiccano tra le opere più tecnicamente impegnative prodotte dalla Maison Fabergè; i fiori di primavera erano un motivo particolarmente celebre e richiesto tra l’elite russa, in quanto simbolo di felicità e di rinnovata speranza, dopo il lungo e impietoso inverno russo.
Il tema era stato introdotto dal designer Alma Pihl. Quando le venne affidata una commissione urgente (una quarantina di piccole spille per il magnate Dr. Emanuel Nobel), trasse l’ispirazione dalle correnti d’aria e dalla luce scintillante del sole, che filtrava attraverso la finestra della bottega. Le spille (probabilmente destinate ad essere donate alle moglie di clienti stranieri durante le sue cene d’affari ) dovevano essere di un design completamente nuovo, ma il materiale doveva essere poco costoso, in modo da non essere interpretato come una tangente.
Fu una grande opportunità per Alma: la finestra del laboratorio, pieno di spifferi e di correnti d’aria, quando il sole splendeva, abbagliava come un giardino incantato di fiori di gelo. Lo spettacolo la ispirò e le spille ebbero un enorme successo; il Dr. Nobel fece altre commissioni simili. Per tutto l’inverno disegnò bracciali di fiori di ghiaccio, ciondoli e spille, in platino, argento con piccoli diamanti incastonati. Le venne poi chiesto di progettare l’uovo imperiale per la Pasqua dell’anno successivo. Poiché nel Nord Europa, la Pasqua cade quando le nevi si stanno sciogliendo, la luce sta tornando e il sole spesso brilla in un cielo blu chiaro, ella pensò di disegnare un uovo con una ambientazione invernale: il “Winter Egg”.










L’uovo d’Inverno rappresenta brillantemente questo periodo dell’anno e il cristallo di rocca siberiano è il materiale più idoneo a raffigurare il ghiaccio. In aprile un magico tappeto di anemoni selvatici appare nelle foreste: Alma scelse un piccolo cestino di platino pieno di questi simbolici fiori primaverili, scolpiti in quarzo bianco, come sorpresa per questo uovo.









Non abbiamo alcuna prova scritta della reazione della vedova imperatrice, ma ad Alma fu chiesto di progettare l’uovo per la zarina Alexandra per la Pasqua dell’anno successivo: l’uovo Mosaico,ora nella collezione della regina Elisabetta II.
La carriera di Alma finì con la Rivoluzione russa.
Dopo anni di stenti, lei e il marito Nikolai Klee finalmente ottennero il permesso di lasciare Pietrogrado (l'amata San Pietroburgo) per la Finlandia nel 1921.
Una signora minuta, dagli occhi penetranti, sempre cordiale, insegnò arte in una scuola secondaria dal 1928 al 1951: i suoi allievi ricordano benevolmente la loro insegnante, pur non sapendo nulla del suo passato, sebbene ella durante le lezioni trasformasse miracolosamente, con l’aggiunta di un tratto a matita qua e là, i loro disegni in opere d’arte.








L'uovo d'Inverno è stata nel 1927 una delle nove uova imperiale vendute dall’ Antikvariat e passò di mano in mano, tra molti proprietari. Scomparve intorno al 1975 e ricomparve nel 1994 in una cassetta di sicurezza a Londra. Nel novembre 1994 fu venduto da Christie's a Ginevra a nome di un offerente telefonico, che agiva per un acquirente americano. Nel 2002 è stato venduto da Christie's di New York ad un emiro del Qatar.




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Mosaic Egg - 1914

Presentato da Nicola II a Alexandra Fyodorovna

Dimensioni: altezza 9.5 cm (altezza miniatura :7,9 cm)

Proprietario: Elisabetta II HM Collection








Questo bellissimo uovo di Pasqua, presentato dallo zar Nicola II a sua moglie, l'imperatrice Aleksandra Fyodorovna il 19 aprile 1914, è costituito da un sistema di cinghie in oro giallo, con applicata una rete di platino con diamanti e gemme colorate, tra cui zaffiri, rubini, smeraldi, perle, pietra di luna, topazi, quarzi, granati, a comporre motivi floreali. Questa tecnica imita l'aspetto di un arazzo ricamato a piccolo punto. L'uovo è stata elaborato da Albert Holmström (1876-1925).

Il motivo del fiore a piccolo punto, ripetuto sui cinque medaglioni ovali è stato progettato da Alma Theresia Pihl, che proveniva da una nota famiglia di gioiellieri impiegati da Fabergé. Nel 1909, all'età di 20 anni, Alma si iscrisse nella bottega dello zio come apprendista disegnatore, responsabile di effettuare i disegni accurati di ogni oggetto eseguito nel laboratorio.





Cominciò a progettare oggetti essa stessa e divenne assistente designer.  Come abbiamo visto Il suo primo grande progetto furono una quarantina di piccole spille commissionate dal Dott. Emanuel Nobel nel 1912. Nel 1913 le fu chiesto di progettare l'Imperial Egg di Pasqua da presentare all’imperatrice vedova, Maria Feodorovna. Questo uovo è noto come “Winter Egg”.









Fu un tale successo che le venne richiesto di disegnare l'uovo dell'anno successivo. Secondo un' intervista rilasciata da Alma Pihl al nipote prima della sua morte nel 1976, l'ispirazione per la progettazione del Mosaico Egg le venne durante una tranquilla serata con il marito Nikolai Klee e la suocera, all'inizio del 1913. Alma stava leggendo un libro e alzò lo sguardo per ammirare il ricamo che la suocera stava eseguendo; l'idea di tradurre il piccolo-punto in metallo e pietre preziose le balzò alla mente subito.









Nel laboratorio si iniziò subito a sperimentare questa idea. Ci furono almeno due prototipi: un disegno ad acquerello appare nel libro di Holmström Albert's del 24 luglio 1913; raffigura una spilla circolare con pietre colorate in un motivo floreale, il cui effetto è descritto come mosaico, da cui il nome dato all’uovo. Non è noto se la spilla circolare sia stata mai fatta, ma una spilla ottagonale con un analogo motivo floreale a mosaico fu eseguita, e si trova nella collezione della famiglia Woolf.










Ciascuna delle piccole pietre preziose dovette essere tagliata con precisione e calibrata per adattarsi alla gabbia di platino curva, che le mantiene in posizione.
L’uovo è diviso in cinque pannelli ovali con mezze perle all'interno di linee di smalto bianco opaco. Cinque diamanti taglio brillante sono fissati ad ogni intersezione; è inoltre decorato da griglie di volute di diamanti taglio rosa e nella parte superiore è incastonata una pietra di luna, attraverso la quale si può vedere il monogramma d'oro della zarina in caratteri russi, intarsiato su una placca smaltata rosa pallido, utilizzata come un foglio.








L'abilità dimostrata nella realizzazione di questo uovo,
illustra il livello di artigianalità eccelsa del laboratorio Fabergé.








L’ uovo mosaico è una combinazione di femminilità domestica e audacia artistica; purtroppo la carriera di designer di Alma fu interrotta dalla Rivoluzione del 1917. L’azienda Fabergè fu chiusa dal nuovo regime, i suoi artisti sparsi in esilio e i beni confiscati dal governo bolscevico. Peter Carl Fabergé fuggì: prima in Germania, poi in Svizzera, ma non si adattò mai alla vita fuori dalla Russia e morì nel settembre del 1920 all'età di 74 anni.Alma Pihl si rifugiò in Finlandia, dove visse fino alla sua morte nel 1976, raccontando ad una generazione più giovane le storie del mondo perduto del grande gioielliere Fabergè.









Nascosto all'interno dell'uovo vi è un medaglione smaltato, tenuto in posizione da due clip in oro e sormontato dalla corona imperiale in diamanti taglio rosa. E’ fatto di oro, perle, diamanti, granati verdi, verde traslucido, bianco opaco, smalto opalescente nero di seppia, rosa pallido, verde chiaro e pallido grisaglia.
La sorpresa estraibile è una miniatura - gioiello su un telaio smaltato con dipinti in rilievo i profili dei cinque figli della coppia imperiale, in un cameo stile spilla.










I ritratti sono incorniciati da smalto verde e perle; il retro, smaltato in color seppia, contiene i nomi dei 5 bambini (Anastasia Nikolaevna , Alexis Romanov , Olga Nikolaevna , Marija Nikolaevna , Tatiana Romanov ) e la data "1914" intorno a un cesto di fiori.
La base ovale con stelo a forma di vaso in smalto bianco, accoglie diamanti, smeraldi e due perle sospese. Un curioso marchio sul piedistallo della sorpresa è stato posto da Carl Fabergé come tributo a suo padre, Gustav, nel centesimo anniversario della sua nascita (1914 ).









In un certo senso la storia di Fabergè finisce con questo uovo; quello stesso anno la guerra avrebbe posto fine all’era dei privilegi e del lusso. L’azienda avrebbe continuato a produrre uova pasquali per altri due anni, ma il costo del conflitto avrebbe significato austerità feroce per la Russia, gli zar e Fabergè. Questo fu l’ultimo uovo di Pasqua fatto senza le costrizioni di un mondo esterno minaccioso.


L'età di Fabergé era finita.
Da solo
aveva 'ridefinito il significato di eleganza
in un mondo di splendore stravagante'.









L’uovo fu confiscato dal governo provvisorio nel 1917, venduto nel 1933 per 5.000 rubli e successivamente acquistato da re Giorgio V il 22 maggio 1933 per  250 sterline, probabilmente per il compleanno della regina Mary (26 maggio) ed ereditato nel 1953 dalle regina Elisabetta II.





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La curiosità di Antonella




Uova Fabergè per Kelch

Il nobiluomo russo Alexander Kelch ha commissionato a Fabergé sette uova di Pasqua gioiello, una ogni anno dal 1898 al 1904, per regalarle alla moglie Barbara.

Furono realizzate sotto la supervisione di Michael Perkhin, all'epoca secondo mastro orafo della Fabergé, che si ispirò a quelle imperiali

Le sette uova Kelch sono altrettanto belle, se non addirittura più sontuose, di quelle della serie imperiale, hanno maggiori dimensioni e con tutta probabilità, costarono molto di più.

Uovo con gallina per Kelch
Uovo con dodici pannelli
Uovo pigna
Uovo dei fiori di melo
Uovo rocaille
Uovo bomboniera
Uovo con gallo

Barbara vendette le uova nel 1920.




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( Fonte ed immagini web)
( Wall Audrey )



Uova Fabergè pubblicate su questo blog:







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giovedì 17 marzo 2016

Le quindici nomination di Jarre, il re delle colonne sonore





Ottenere 15 nomination all'Oscar per la colonna sonora credo rappresenti un record difficilmente battibile. Di queste, concretizzarne tre e sfiorarne altrettante dorse non rappresenterà un altro record, ma di sicuro pone l'autore nel novero dei grandi. A non pochi invece il personaggio non dirà molto e se poi si aggiunge che tutto questo è realizzato nell'arco di trent'anni, sono certo che resterete notevolmente sorpresi. Il musicista e direttore d'orchestra in questione è Maurice Jarre, francese di Lione, nato il 13 settembre 1924.









Allievo del compositore Louis -Francois -Marie Aubert, Maurice collaborò a Parigi con la compagnia di presa di Jean - louis Barrault e Madeleine Renard e per 14 anni diresse il Theatre National Populaire. Nel 1952 ebbe inizio la sua attività per il cinema, facendosi apprezzare attraversi i registi della Nouvelle Vague e sfiorando l'Oscar con Le dimanche de Ville d'Avray ( da noi L'uomo senza passato ) di Serge Bourguignon.









Chiamato a Hollywood nel 1962 dopo questo successo europeo, l'anno seguente vinse il premio Oscar con Lawrence d'Arabia di David Lean, cui seguì la nomination per The Longest Day e nel 1965 l'altro Oscar per Il Dottor Zivago, sempre di David Lean. E' nomination anche l'anno dopo con The  Professionals di Richard Brooks, così come nel 1968 con  Five Card Stud ( Poker di Sangue ) di Henry Hathaway.









Ancora cinque nomination per tutti gli anni settanta, nel 1984 centra il terzo Oscar per Passage to India,
ancora con David Lean. Come si può notare, un binomio perfetto che non aveva funzionato solo per Ryan's Daughter ( La Figlia di Ryan ), una decisione che all'epoca fece scandalo ( l'Oscar andò a Francis Lai per Love Story ). Ultime nomination con Wilness ( Il Testimone ) di Peter Weir,  Gorilla nella nebbia di Michael Apted, L'Attimo fuggente ancora di Peter Weir e Ghost di Jerry Zucker del 1990.









Dopo Ghost la vena sembra appannarsi ( ci sarà un Gloden Globe nel 1995 per A walk in the clouds  - da noi Il profumo del mosto selvatico - che sembrò più un premio alla carriera piuttosto che alla stucchevole colonna sonora ) e Jarre tira fuori allora il suo sogno nel cassett: avere un'orchestra tutta sua e girare il mondo per far conoscere la sua musica, prevalentemente quella tratta dai film più famosi, ma non solo.









Il successo iniziale è senza alcun dubbio di sicuro effetto, ma anche i costi cominciano a farsi sentire. Oltre tutto, con suo profondo fastidio, Jarre si accorge che il pubblico vuole sentire soltanto le musiche tratte dai film che hanno ottenuto l'Oscar. Nella realtà, come la gran parte dei compositori, ritiene che alcuni brani apparentemente minori meritino invece le stesse attenzioni di altri più famosi, ma anche con lui sarà la storia di sempre che si ripete.









Ridotto al minimo essenziale il numero dei suoi professori, Jarre per alcuni anni si avvarrà principalmente di orchestre sinfoniche locali, tuttavia i suoi concerti non attireranno più le folle dei primi tempi.
Colpito da una lenta, progressiva malattia degenerativa, si spense a Los Angeles il 29 marzo 2009






( Sergio De Benedetti, Libero del 18 febbraio 2016 )
( Fotografie dal web )
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domenica 13 marzo 2016

Lieti calici: il Verdicchio di Jesi






“L’antico Verdicchio sale alle nari, raggiunge il cervello, 
rianima il nostro oppresso e sfiduciato cuore.”







Carta d'Identità



Denominazione:    Verdicchio dei Castelli di Jesi DOC

Vitigni principali:    Verdicchio

Gradazione alcolica minima:   11,5 gradi


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Caratteristiche

* Colore:    Giallo paglierino che può presentare riflessi verdi

* Odore:       Intenso, persistente, fruttato e floreale.

* Sapore:       Asciutto, armonico con sentori di frutta, di mele e di mandorle amare.


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Servizio

Temperatura:   10 - 12 C°

Abbinamenti:     Frutti di mare crudi, risotto alla marinara, spaghetti alle cozze, orata alla griglia, dentice al 
                            cartoccio, zuppe di pesce. Il Verdicchio Classico, maturato in botte, accompagna piatti di 
                            carni bianche senza intingoli



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La zona in cui ha avuto origine il Verdicchio è situata in provincia di Ancona a Sud del fiume Esino, non lontano dal mare. Comprende cinque piccoli paesi: Castelbellino, Castelplanio, Cupramontana, Maiolati, e Monte Roberto, che delimitano la zona dei Castelli di Jesi. Il paesaggio aperto è addolcito da morbide colline degradanti verso il mare.









La Storia



Il vitigno Verdicchio è coltivato con tutta probabilità da millenni. I piceni, antico popolo autoctono, potrebbero essere stati i primi ad allevarlo utilizzando tecniche di viticoltura apprese dagli etruschi.
Si ipotizza che la sagra di Sant'Emidio, che si festeggia ad Ascoli Piceno in 5 Agosto, risalga proprio alle antiche feste di vendemmio dei piceni. I romani apprezzarono il vino bianco locale come risulta dagli scritti di autori quali Catone, Varrone e Plinio il Vecchio.









Dopo la caduta dell'Impero romano, si trovano citazioni del Verdicchio in occasione del passaggio nelle Marche dei Visigoti: re Alarico si approvvigionò di " quaranta some in barili, nulla a sè stimando recar sanitade et bellico vigore melio del Verdicchio ". 









La viticultura marchigiana fu incrementata con leggi specifiche dallo Stato Pontificio, ma la fama del Verdicchio di Jesi, fino a circa la metà del '900, non uscì dall'ambito locale. Attorno agli anni '50 una nota azienda produttrice lo promosse e lo commercializzò  in bottiglia a forma di anfora. Con questa immagine il vino divenne famoso in Italia e all'estero. Negli anni Settanta e Ottanta altri produttori di piccole dimensioni, che puntarono soprattutto alla qualità, contribuirono a fornire al vino un'immagine seria ed affidabile.








I Vitigni



Il verdicchio è un vitigno marchigiano che , trapiantato al di fuori della propria zona di produzione, non dà risultati apprezzabili. Ha grappolo conico o cilindrico - conico, costituito da acini medi, con buccia sottile, colore verde - giallino e polpa zuccherina. Si tratta del vitigno base dell'omonimo vino, in quanto per il disciplinare deve costituire almeno l'80% delle uve impegnate. Partecipano alla restante quota trebbiano toscano e malvasia del Chianti o toscana.









Il terreno che caratterizza la zona di produzione del Verdicchio è prevalentemente argilloso, ma non mancano sabbie, fossili e minerali che danno pregio alle uve. La condizione climatica della zona è assai favorevole alla viticoltura, anche se la vicinanza degli Appennini aumenta il rischio di fenomeni temporaleschi, molto dannosi per i vigneti.








La Doc


Il Verdicchio di Jesi è divenuto doc nel 1968. La zona di produzione, in provincia di Ancona,va da Corinaldo a San Mariano, ad Apiro, a San Vettore e a Morro d'Alba. Nella zona più antica, cioè quella dei Castelli, con esclusione dei territori posti a sinistra del fiume Misa e dei comuni di Ostra e di Senigallia si produce il Verdicchio denominato " Classico "









Il disciplinare stabilisce che la produzione massima di uva per ettaro non debba superare i 150 quintali.
Il vino deve essere brillante, di colore paglierino tenue, talvolta percorso da riflessi verdini; l'odore deve essere delicato, caratteristico, con possibile profumo fruttato e floreale; il sapore deve essere asciutto, armonico che può arricchirsi di sentori di pesca e di mandorla, la gradazione complessiva  deve raggiungere almeno gli 11,5 gradi.









Alcune produzioni hanno sapori e profumi risultanti da rese decisamente più basse di quelle prescritte dal disciplinare, a da vinificazioni che prevedono l'impiego di strumenti ad alta tecnologia; esiste anche una varietà spumante.









Il Verdicchio  in Tavola



Il Verdicchio ha molte sfaccettature: secondo il tipo di vinificazione cui è stato sottoposto, si può presentare fresco e leggero oppure caldo e corposo.

Giovane e fresco

Il Verdicchio è noto come vino da pesce, e pertanto di giusta ma non esagerata corposità, da stappare giovane. Bevuto entro un anno dalla vendemmia è particolarmente fresco e passante adatto ad accompagnare i menù della cucina estiva a base di pesce e di verdure.
Il Verdicchio Classico ha in genere caratteristiche più accentuate e una più solida struttura. Il Verdicchio è consigliabile ( servito a 8 - 10 C° di temperatura) con antipasti quali frutti di mare credi, insalate di crostacei bolliti conditi con olio d'oliva, sashimi e carpacci di pesce.









Accompagna inoltre primi piatti come risotto alle code di scampo, spaghetti al ragù di pesce, linguine al cartoccio, fedelini alle vongole veraci. E' infine adatto a secondi piatti quali verdure gratinate ripiene di magro, ratatuille, spiedini di gamberoni, orata al cartoccio, dentice al sale e pagello al forno.









Affinato in botte

Alcune produzioni di Verdicchio vengono fatte maturare in botte o in barriques, per consentire al vino di acquisire maggiore corpo grazie ai tannini ceduti dal legno dei vasi vinari. I risultati sono eccellenti e dimostrano come il Verdicchio sia un vitigno assai versatile.
Il vino così ottenuto accompagna in tavola, servito a 12 gradi, preparazioni di pesce saporite e carni bianche cucinate senza intingolo: dunque triglie in umido, triglie al prosciutto crudo cotte al forno, pesce azzurro alla griglia o in umido, seppie ripiene; pailard di vitello, terrine di selvaggina da pelo, pollo bollito alla salsa di tonno, coniglio al vino bianco.








Spumante

Il Verdicchio può inoltre essere spumante in due versioni: Charmat e Classico. Sono entrambi vini adatti ad accompagnare preparazioni di verdure e di pesce; il metodo classico, più corposo e meno fruttato, va destinato alle preparazioni più saporite. Come tutti gli spumanti sono entrambi con preparazioni fritte come fiori di zucca ripieni, fritti di verdure che comprendono melanzane, zucchine, cipolle, patate, carote, affettate e leggermente impastellate; ricchi fritti di mare composti da calamaretti, gamberi, scampi, triglie, soglioline, nasellini, acciughe, pescheria, moleche e cozze, gamberi aperti a libro e capesante impanate e fritte.








La ricetta: Orata al forno


Un abbinamento esemplare per il Verdicchio giovane è costituito dai pesci cucinati al forno, anche al cartoccio, questo genere di cottura esalta il gusto della polpa poichè la disidrata dolcemente concentrandone i sapori. Inoltre la presenza di erbe aromatiche sottolinea ed accentua l'aroma del pesce. Le varietà più adatte sono quelle a carne bianca e saporita come il sarago, l'orata e il dentice.









Ingredienti per 4 persone

1 orata da 800 grammi
1/2 bicchiere di vino bianco
olio d'oliva
pangrattato
sale, pepe.

* Pulite, squamate e lavate bene il pesce e asciugatelo con carta da cucina.
Ponetelo in una teglia da forno, ungetelo con due cucchiai dì olio, salatelo e pepatelo. Accendete il forno a 170°

*Coprite la teglia con un foglio di carta oleata o d' alluminio e passate in forno per 10 minuti. Quindi aprite la teglia aggiungete il vino bianco, richiudete e proseguite la cottura per altri 30 minuti.

* A cottura ultimata, togliete la copertura dalla teglia e cospargete il pesce  di pangrattato e passatelo  al grill finchè non è dorato.

* Potete servire l'orata con un contorno di patate al forno.




Le strade del vino










Vi invito a passare da Audrey per scoprire la ricetta del suo Cocktail
di questo mese: il  Rossini al Verdicchio di Iesi

( Immagini dal web
Wall d'apertura Audrey )
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Piemontesità

Piemontesità
" ...ma i veri viaggiatori partono per partire, s'allontanano come palloni, al loro destino mai cercano di sfuggire, e, senza sapere perchè, sempre dicono: Andiamo!..." ( C.Boudelaire da " Il viaggio")