Tre Te&Me, come sapete, è una rubrica nata in collaborazione con Audrey del blog "L'atelier du Fantastique". Solitamente, questo piccolo e sporadico spazio, ci mette a confronto mostrando i nostri differenti punti di vista ma a partire da oggi ci permetterà anche di parlare di tipicità. Difatti, io e Audrey, vi mostreremo ogni volta un prodotto tipico delle nostre zone, in questo caso io parlerò del Castelmagno e lei del Caciocavallo. Voi, invece, nei commenti, potrete raccontarci una vostra tipicità appartenete allo stesso campo o semplicemente votare la vostra preferita. Una piccola "sfida", per mostrarvi qualche bontà e primizia da non perdere e, perchè no, apprendere anche qualcosa in più sul nostro territorio.
Il Castelmagno
Non lasciatevi ingannare dalla sua " faccia " pulita e da quell'aria " tenera " e " innocente ",
perchè " lui ", il prezioso Castelmagno delle Valli piemontesi, vale tanto oro quanto pesa!
Volete le prove? Allora, dovete sapere che... Correva l'anno 1277 quando nei comuni tra
Castelmagno e Celle di Macra, l'usufrutto di pascoli o piccoli appezzamenti di terreno si pagava
in...forme di formaggio Castelmagno. A dettare l'originale" canone di affitto " era stato
l'allora signore di queste terre il Marchese di Saluzzo, un autentico amante della stagionata
Da allora, la fama del Castelmagno ( che deve il suo nome proprio a questo comune, anche se di
formaggiai specializzati se ne contano pure nelle zone di Pradleves e Monterosso Grana, intorno a Cuneo )
non ha potuto che crescere, raggiungendo le vette che conserva ancora oggi. Perchè?
Semplice: le sue selezionatissime e " segretissime " origini, ossia il latte della
" pura razza piemontese ", nobile " stirpe " vaccina, abituata a nutrirsi solo di foraggio fresco
( anche se qualche formaggiaio non disdegna di unire piccole quantità di latte
Chiamatelo pure " snob " , ma per il Castelmagno è solo una questione di tradizioni.
Le stesse che gli impongono lunghi periodi di ritiro nelle " risole " ( speciali fagotti
in cui resta appeso un'intera giornata ) prima di raggiungere, in fascera, le esclusive
grotte di stagionatura. Solo qui, infatti, imparerà le " buone maniere " , le regole
per essere sempre all'altezza. in ogni luogo e...su ogni tavola.
Perchè una volta ridotto in " quarti " ( o in consistenti fette ), il Castelmagno non può non farsi
apprezzare: e allora si lascerà affettare e gratinare su generose fette di polenta, soprattutto se
fresco e ancora morbido, o ridurre a scaglie e servire nei carpacci, affettati e corposi vini rossi.
Proprio come si fa nelle valli piemontesi, che lo hanno visto nascere, crescere e divenire " torto "
ossia duro, dall'aspetto giallo ocra con venature blu e molto, molto gustoso!
Dimagrire dentro a una...risola
Come tutti i migliori anche il Castelmagno si fa " in quattro " per arrivare in tavola
nella sua forma migliore. Come? Innanzi tutto con il latte che passa dal secchio
della mungitura alle focose " braccia " ( 37 / 38 gradi ) di una caldaia.
Un incontro mozzafiato, certo, ma di breve durata, perchè una volta coagulata e
rotta a puntino, la cagliata viene raccolta e sistemata in appositi teli " risole ",
del tutto simili a grandi amache
Prima di godersi il meritato riposo, tuttavia, il latte viene pressato leggermente e
finalmente lasciato " sgocciolare " per circa 12 ore. Trascorso questo tempo è
pronto per compiere il primo trasloco, ovvero entrare in speciali recipienti di legno
dove soggiornerà, in totale relax, dai 2 ai 5 giorni. E il meglio deve ancora arrivare.
Uscito dalle risole il formaggio è di nuovo" massaggiato " ( o meglio rimescolato da mani abili )
e preparato per il secondo trasloco: quello in fascera. Qui vi resta, compresso ben bene da
un torchio, da 1 a 3 giorni, ma la " tortura " dura poco. Scoccato il terzo
giorno, il Castelmagno si libera di torchio e fascera, si lascia condire a dovere
( ovvero salare per quasi 48 ore ) e quindi si avvia verso lidi migliori, freschi e assolutamente
Sarà nelle umide grotte ( o nelle cantine di fondovalle come quelle di Caraglio )
che il suo spirito " crescerà " e si rinvigorirà fino al momento ( dopo 2 / 3 mesi,
anche se i formaggiai consigliano 5 ) di sbarcare in ...tavola.
Certo non tutti i fratelli hanno tanta fretta: i più difficili e snob ( quelli che per
definizione amano farsi aspettare), si lasceranno " coccolare " nelle muffe per molto,
molto più tempo, almeno quello necessario a cambiare " abito " !
Il loro " ingresso in società " , a quel punto, li vedrà ammantati di abiti arancioni,
" profumati " quanto basta da non passare inosservati e l'interno sarà tempestato di
" gioielli blu e verdi "
Il fascino delle tempie brizzolate
Paura di invecchiare? Se provate a chiederlo ad un formaggio di razza come il
Castelmagno la sua risposta sarà semplicemente " no ". Come dargli torto...
Una volta indurito a puntino, macchiettato di strane e curiose " presenze " colore verde
o blu, e soprattutto avvolto da stagni abiti marroni o giallo intenso diventa il signore
indiscusso di tavoli e pranzi di tutto rispetto.
Ma non crediate, arrivare a simili altezze non è da tutti! Occorrono tempi lunghi, certo,
ma anche virtù innate che alcuni latticini hanno ed altri no.
Durante la " maturazione " o " stagionatura "
( che è poi l'ultima fase della lavorazione del formaggio ), la struttura del latte cagliato
( quella massa che si ottiene una volta eliminato tutto il siero ) subisce delle variazioni.
In altre parole accade che le molecole del formaggio, ad opera di enzimi e microrganismi,
si dividano e diano vita a prodotti completamente diversi con proprietà che cambiano a seconda
del tipo e delle dimensioni delle scissioni che si sono verificate.
Un primo effetto? Quando è ancora " giovane " il coagulo è friabile e poco
saporito; a mano a mano che " invecchia " il suo sapore diventa sempre più intenso e pronunciato.
Ma chi sono questi enzimi e microrganismi che tanta parte giocano nel successo
di un formaggio? Nient'altro che comuni muffe e batteri. La loro " azione " tuttavia non è
Nel caso dei formaggi erborinati come il Gorgonzola questi instancabili lavoratori agiscono
dall'interno e solo dopo qualche tempo perchè è col tempo che si formano.
In formaggi come il Grana Padano o il Pecorino, invece, le trasformazioni avvengono,
ancora all'interno della pasta, per opera di batteri che già inizialmente sono presenti nel latte.
E' di questa grande famiglia che fa parte anche il Castelmagno stagionato.
Tutta un'altra categoria è invece quella che riguarda i latticini " avvolti " dalle muffe,
ossia con trasformazioni solo all'esterno. Un esempio? In Taleggio e il
Camembert diventano "prime donne " solo una volta che le muffe li hanno avvolti per benino.
E ora la fatidica domanda: ma quanto tempo occorre perchè questo acceda?
Impossibile a dirsi. Molto dipende dal tipo di formaggio, dall'ambiente in cui si trova e,
soprattutto, dalle " cure " che riceve.
( Fotografie il Tempo Ritrovato: Castelmagno - Cuneo )
( Fotografie dei formaggi e della lavorazione dal web )
Bè, dopo tutta questa " signorilità " voglio proprio vedere cosa riescono ad inventarsi
Audrey e quel simpatico diavolo del suo amico Caciocavallo...mi sa che questa volta
non c'è storia la partita la vince il Nord...
Dai, andiamo insieme a sbirciare cosa stanno combinando quei due e poi , se volete,
ci direte la vostra opinione.