Basti pensare a Han Van Meegeren, il più grande falsario della storia,
in grado di riprodurre alla perfezione i capolavori di Vermeer e di riuscire a venderli
a collezionisti rapaci quali Himmler e Goering. Quando nel dopoguerra fu processato
per collaborazionismo per aver venduto tele inestimabili ai gerarchi nazisti, Van Meegeren
si discolpò dipingendo davanti ai giudici uni stupendo " Gesù tra i Dottori " nello stile inconfondibile del maestro olandese.
Nulla di strano dunque che a patacche più recenti, i clamorosi falsi Modigliani, le tre
sculture di volti di donna rinvenute nell'estate 1984 nel Fosso Reale di Livorno,
sia stata dedicata una mostra in Fortezza Vecchia che si è chiusa il 14 settembre e che ha
riscosso un notevole successo.
Le tre teste false di Modì ne fecero cadere una vera, metaforicamente parlando:
quella di Vera Durbè, all'epoca conservatrice dei musei civici livornesi e
direttrice del museo di Villa Maria, dove nel maggio del 1984 si innaugurò la sensazionale
mostra che avrebbe dovuto celebrare il centenario della nascita di Amedeo Modigliani
Mi piace riassumere qui la storia di questa burla e contare, oltre alle teste cadute,
anche le facce perse, soprattutto di venerati critici d'arte che si affrettarono ad autenticare
le grottesche sculture realizzate dai burloni. Prima di tutto, chi erano questi ultimi?
Come i tre moschettieri erano quattro, tutti studenti universitari:
Pietro Luridiana,Francesco Ferrucci, Michele Gherarducci, Michele Genovesi,
che però si smarcò presto dalla vicenda. Per inciso, alla mostra inaugurata dal neo sindaco Nogarin
c'erano quasi tutti i falsari, oggi affermati professionisti. (Ferrucci, ad esempio, è oncologo, vicedirettore
del settore melanomi della Ieo, con Umberto Veronesi ).
L'idea venne loro quando nel luglio del centenario lessero sul diffusissimo
settimanale Gente l'annuncio della curatrice della mostra, Vera Durbè, che si
sarebbe provveduto a dragare i fossi livornesi all'inseguimento delle leggendarie quattro
sculture che Modì, insoddisfatto quanto Michelangelo davanti al Mosè, avrebbe buttato in acqua.
Una fola che la dottoressa Durbè aveva tirato fuori dal cilindro per risollevare
le sorti della mostra, carente di opere: solo 4 sculture su 26 riconosciute di Modigliani.
L'idea di setacciare i fossi avrebbe creato il giusto clamore per riaccendere l'attenzione del pubblico,
otre a fornire un giallo estivo a sfondo artistico.
Naturalmente il Diavolo, nella persona dei quattro burloni, e di un quinto rincalzo,
l'artista fallito ( ma non senza talento ) Angelo Froglia, ci mese la coda.
Le ricerche godono addirittura della copertura televisiva, e dell'uso di una draga progettata appositamente.
E un bel giorno, il 24 luglio per la precisione, Eureka!, sotto gli occhi dei livornesi e
delle telecamere viene a galla la così detta Modì 1, cioè la prima testa di donna.
E l'entusiasmo cresce ancora quando la draga recupera altre due teste,
Modì 2 e Modì 3. Tre sculture di Amedeo Modigliani recuperate dai fossi livornesi:
la leggenda dunque era vera, un evento di portata storica per l'arte mondiale.
Dalle stelle alle stalle: i primi a dichiararsi sono Luridiana, Ferrucci e Ghelarducci,
che si presentano a Panorama con le foto di Modì 2 prima di gettarla nel fosso,
uno scoop in cambio di 10.000.000 di lire. Vera Durbè, pateticamente, ribatte ostinata che
la loro affermazione non vale nulla: e quelli rifanno Modì 2 in diretta TV, con il trapano
Black e Decker ( che sfrutterà la vicenda con uno slogan " E' facile essere bravi con Black e Decker ".
Poi il grande critico Federico Zeri, che a differenza degli svergognati Giulio Carlo Argan
e Cesare Brandi, aveva fin da principio screditato le teste, invita, sempre in TV,
l'artefice di Modì1 e Modì 3 a palesarsi. A settembre il quinto falsario esce allo scoperto:
è Angelo Froglia, pittore povero in canna, un Modigliani in sedicesimo, donnaiolo, con il
vizietto dell'eroina, che spiega il suo gesto come un attacco alla società dei consumi e dei media
che ha inquinato la purezza dei valori artistici.
Nel mezzo della farsa, un evento luttuoso: la morte, tre giorni dopo il primo " ritrovamento "
di Jeanne Modigliani, la figlia di Amedeo che era stata emarginata da Vera Durbè
perchè in disaccordo sull'attribuzione di alcune opere al padre.
Ma la storia non è finita: a febbraio è cominciato a Roma il processo a carico
di Christian Parisot, presidente dell'archivio Modigliani, accusato di aver autenticato
e venduto opere false.
Dopo trent'anni continuano ad emergere patacche dai fossi
( immagini dal web )
( Fonte Libero )