giovedì 31 marzo 2016

Stradivari e l'enigma di un violino irripetibile







Il più vecchio violino mai costruito venne fabbricato dal cremonese Antonio Amati nel 1564
ed è conservato all'Ashmolean Museum di Oxford; nello stesso museo è conservato anche il violino
più famoso del mondo, il Messiah, costruito da Antonio Stradivari centocinquant'anni dopo e ancor oggi
perfetto perchè non è stato suonato praticamente mai.









Fin da subito, quando fu inventato all'inizio del '500 il violino attirò le ire e gli amori riservati a ciò che è destinato a sovvertire le cose: si cercò di snobbarlo e di liquidarlo come uno strumento da saltimbanchi, un ambiguo e secondario accompagnamento alle danze a cui preferire la viola o il violoncello o il liuto.
Poi, però. quando la regina di Francia Caterina de' Medici la sdoganò nel bel mondo, si cominciò addirittura a temerlo.








La Chiesa lo mise al bando e alcuni editti ne ordinarono la sistematica distruzione: in quel suono c'era qualche cosa che non andava. E sarà stata la sua impressionante assonanza con la voce umana ma le prime associazioni tra vilino e demonio cominciarono allora: di lì in poi, per qualche ragione, nessuno si sarebbe mai più sognato di immaginare che un demone potesse suonare, chessò, la tromba, la cetra, o anche solo la viola.
Il diavolo, allora e per sempre,  avrebbe suonato il violino.









Tutto ciò accadeva mentre la famiglia Amati, a Cremona, aveva già portato lo strumento a livelli eccellenti di perfezione. Le sue diverse parti erano contraddistinte in termini corporei e sensuali: il collo, il dorso, le costole,la pancia, le curve concave e convesse, soprattutto quei fori armonici - già allora di inarrivabile perfezione e bellezza - che Man Ray disegnerà nel 1924 sulla schiena di una modella nuda, immortalandoli nel Violon d'Ingres.









Già allora, nel '500, i vari pezzi venivano costruiti con legni diversi e si comprese che la scelta della vernice condizionava l'acustica, impegnando i liutai in discussioni infinite che proseguono ancora oggi.
Capita che un violoncello Amati del '500 sia ritenuto migliore di strumenti modernissimi. Un violino deve essere vecchio per suonare bene, c'è poco da fare: deve cioè conoscere il proprio padrone e adattarvisi, dimostrare memoria e fedeltà. Non si sa bene perchè ma è così. Chiedere a un violinista di cambiare strumento è come chiedergli di cambiare moglie: una follia, o una tentazione vertiginosa. Maksim Vengerof, uno degli artisti più dotati dell'ultima generazione, parlò infatti di matrimonio: nel 1997 per il suo Stadivari Kreutzer pagò quasi un milione di sterline.








Le violiniste hanno con lo strumento un rapporto ancora più fisico, quasi fosse un'estensione di loro stesse: la tedesca Anne- sSophie Mutter rinuncia alla spalliera e suona il suo Stradivari appoggiato sulla spalla nuda, mentre la giovanissima sovietica Viktoria Mullova, nel 1983, riuscì a passare il confine dopo aver lasciato il suo Stradivari in albergo: il Kgb, che la sorvegliava, perse tempo prezioso perchè ritenne impossibile che lo avesse abbandonato.









Sulla supremazia dei violini Stradivari poi siamo al mistero nel mistero.
L'arte di questo artigiano cremonese, a oltre duecentocinquant'anni dalla sua morte,resta un enigma:
la potenza e la coposità ottenuta dal suono dei suoi strumenti sono impressionanti anche nell'eseguire i pianissimo.









Gli Stradivari in buone condizioni valgono milioni di euro e sono suonati dai migliori esecutori del mondo: solo un altro liutaio cremonese, Giuseppe Guarneri detto " del Gesù ", mantiene una reputazione paragonabile. Nè la scienza nè la moderna liuteria, per  il resto, sono riuscire a fornire risposte convincenti sul perchè i violini costruiti da Antonio Stradivari siano incomparabilmente i migliori: non è chiaro chi gli abbia insegnato il mestiere, non è chiaro perchè la sua tecnologia rinascimentale sia rimasta insuperata, non è chiaro perchè i suoi successori non riuscirono minimamente ad eguagliarlo.









Si sa che Straduvari nacque probabilmente come falegname e che fu impareggiabile anche nel decorare i ricci del manico, nell'inserire i filetti ornamentali, nell'intagliare i fori armonici; si sa che ascoltava direttamente le richieste dei musicisti e che fece incessanti sperimentazioni alla ricerca del suono perfetto: anche i suoi violoncelli sono i più apprezzati del mondo. E dire che per svelare il mistero le hanno tentate tutte.









Gli strumenti di Stradivari sono stati smontati e rimontati, replicati, esposti alla luce ultravioletta, esaminati al microscopio, sottoposti ad analisi chimiche e sofisticate tecniche di imaging. 
Non sono giunte testimonianze circa la composizione delle vernici che usava, sicchè gli strati residui sono stati analizzati con spettrometri e con la difrazione dei raggi X: ma senza risultati apprezzabili.









L' adozione di una tecnica usata in ambito archeologico - la dendrocronologia, che analizza gli anelli del legno ed è in grado di risalire alla datazione precisa dell'albero utilizzato- ha permesso di concludere che in Europa, tra il 1645 e il 1715, ci fu una piccola era glaciale che favorì la crescita di alberi dal legno eccezionale e che permise a Stradivari, forse, di costruire strumenti irripetibili: il dettaglio è che lo stesso legno proveniente per lo più da valli del Trentino, fu usato anche dagli altri liutai cremonesi ed europei.









La dendrocronologia in definitiva ha permesso soltanto di smascherare molti falsi Stradivari, costruiti quando lui era già morto da un pezzo.Altro uovo di Colombo era sembrata la scoperta di una polvere situata tra il legno e la vernice degli Stradivari, una sorta di cenere vulcanica che forse l'artigiano usava come impermeabilizzante: ma la maggior parte degli studiosi l'ha giudicata ininfluente.









Suggestiva, ancora, l'ipotesi che il declino degli strumenti cremonesi sia legato all'avvento di Napoleone: le strade da lui costruite soppiantarono i fiumi come mezzo di trasporto dei tronchi, e forse, l'acqua aveva effetti benefici sul legno; interessante infine l'idea che il segreto potesse nascondersi nell'utilizzo di ceppi della marina veneziana impregnati di salsedine. In entrambi i casi, però, si parla di legno che fu usato anche dagli altri liutai.










La morale è che gli strumentisti di oggi che preferiscono strumenti moderni restano un'esigua minoranza: con la complicazione che gli Stradivari sono destinati a un progressivo logoramento - come tutto, a questo mondo - e che i violini ancora validi non superano la cinquantina.
Insomma, tutto finisce: puoi tirarla lunga, ma stanno per finire anche gli Stradivari.





( Fonte Filippo Facci, Libero 28 dicembre 2015)
( Fotografie dal web )
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sabato 26 marzo 2016

Auguri!





Tantissimi auguri a tutti per una Pasqua serena!

L'Europa non si salverà con lacrime e pupazzetti





Questo non è il post che avevo preparato per oggi. Oggi Venerdì Santo avrei voluto pubblicare, come tutti gli anni, un dipinto  che ci aiutasse a riflettere su quello che il Venerdì Santo significa. Lo pubblicherò in coda a questo articolo, le circostanze mi spingono a scrivere e a riflettere anche su  ciò che è accaduto martedì in Belgio e sulla reazione che noi e con noi l'Europa abbiamo avuto.










E' successo, ancora una volta, l'incredibile, una tragedia enorme...risposta: un tratto di penna infantile.
Due figure bambinesche che piangono e si abbracciano: una è la bandiera francese, l'altra il vessillo belga. Due Stati simbolo dell'Europa sotto shock, inermi, piegati su se stessi. Al primo sguardo fanno tenerezza, al primo sguardo mi sono piaciuti, mi hanno commossa,al secondo hanno fatto esplodere la mia rabbia. E' il disegnino di Plantu, vignettista du Le Monde, eletto ieri dal popolo del web a simbolo della " reazione " alla strage di Bruxelles. Un'immagine virale, per dirla con la neolingua del social network, copiata e incollata da leader e gente comune, assieme all'immancabile #JeSuisBruxelles ( sta volta tocca a loro, si prepari il prossimo ) al fumetto di Tin Tin e del suo cane che piangono ( nemmeno il cane sa ringhiare ) e a tutti gli altri rituali apotropaici con cui l'Europa laica e postmoderna s'illude di fermare la macelleria islamica: condividi l'hashtag un milione di volte fai una fiaccolata per la pace e l'uomo nero non c'è più









Ai due bimbi di quella vignetta manca tanto il papà che li consola, li bacia, li assicura che a risolvere tutti i problemi del mondo ci pensa lui, ma Barak Obama se ne è andato e i piccoli non hanno imparato a cavarsela da soli.
Rabbia zero, anche dinnanzi all'ennesima strage, e l'orgoglio non sembra esserci mai stato.
Paura, inettitudine e lacrime, quelle sì, tante: il disegno di Plantu è l'icona perfetta ed inconsapevole di un continente indifeso e spaventato. Se i lupi volevano terrorizzare gli agnelli, missione compiuta.Ieri abbiamo regalato tante immagini di cui andare orgogliosi, possono tappezzarci una parete.









Piange chi un pubblico dovrebbe mostrare, se non i denti, almeno determinazione. Federica Mogherini è l'alto rappresentante  dell'Unione per la politica estera e la sicurezza. In momenti come questi il volto dell'Europa è il suo. Servirebbe una tempra come quella della socialista Golda Meir, che nel 1972, all'età di 74 anni, quando era primo ministro di Israele, vide undici suoi connazionali, atleti alle Olimpiadi di Monaco, trucidati dai macellai islamici di allora, i palestinesi di Settembre Nero, con i quali si era rifiutata di scendere a patti. Non versò una lacrima, almeno non davanti a fatografi e telecamere. Preferì mandare altri messaggi.









Il primo, pubblico, lo inviò ai leader del vecchio continente, compiacenti o passivi davanti al terrorismo arabo, in un'intervista che Oriana Fallaci pubblico sull'Europeo: " Ve ne pentirete. Grazie alla vostra inerzia e alla vostra condiscendenza, il terrore si moltiplicherà e anche voi ne farete le spese. " Facile oggi definirla profetica. Il secondo messaggio la Meir lo spedì in privato direttamente ai terroristi, tramite il Mossad, incaricato di trovare ed eliminare i tre assassini liberati dai tedeschi e tutti i loro complici sparsi nel mondo.









Nessun leader europeo oggi ha una fermezza simile e la Mogherini meno di altri. L'immagine che martedì ha dato di sè è quella di una persona sotto shock, costretta dal pianto ad interrompere la conferenza stampa e a cercare l'abbraccio consolatorio del Ministro degli Esteri giordano, che pietosamente l'accompagna in un'altra stanza. La scena fa il giro del mondo, la messa in scena della fragilità di colei che dovrebbe provvedere alla sicurezza degli europei entusiasma mujaheddin e simpatizzanti dell'Isis. " Non piangere ora, risparmia le tue lacrime fino alla conquista della tua terra: Roma "vomita uno di loro sul web.









Le poche parole che la sciocca Mogherini riesce a dire sono banalità di circostanza, frasi fatte della stessa retorica vuota già abusata da lei e dai suoi colleghi dopo le stragi di Madrid, Londra, Copenhagen e Parigi. Il senso è quello di sempre: nulla cambia, l'Unione continua a cullarsi nel sogno dell'integrazione, nella convinzione che milioni di islamici possano trasformarsi in cittadini modello dell'Europa liberale immaginata da Konrad Adenauer e Altiero Spinelli. Voltaire e Maometto insieme, finchè morte non li separi




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Questo è il dipinto che avevo scelto per il post di oggi

Caravaggio, Deposizione



giovedì 24 marzo 2016

Pasquetta da asporto




Vi propongo, oggi, un giro d'Italia tra le ricette più gustose e caratteristiche per un picnic fuori porta come tradizione comanda.
Uno sguardo al cielo perchè anche in campo meteo esiste una tradizione che dice che Pasquetta regali improvvise docce ai gitanti che, inconsapevolmente,  rievocano l'incontro di Gesù Cristo risorto con i due discepoli in marcia da Emmaus a Gerusalemme.









Spiegata così la scampagnata con tovaglie a quadri, ceste strabordanti calorie, pennichelle russanti e partite al pallone tra fumi residui di grigliate assume un connotato un po' meno fantozziano e certo si discosta dall'iperbole di Enrico Brignano che elenca come ingredienti del picnic pomodori col macinato della mamma, le fettine panate di zia Carmela pensate per il languore pomeridiano, lìintero maiale di zio Renato il macellaio. Si Può fare un'appetitosa pasquetta senza diventare "gastrocomici" 
accostandosi ai cibi di strada, prerogativa italiana.









Così viandanti della Pasquetta possiamo dalla Valle d'Aosta alla Sicilia camminar mangiando e trovare un tocco di originalità per questa giornata

Se avete deciso di trascorrere qualche ora in Val d'Ayas o ai piedi del Cervino scoprirete che in Valle d'Aosta c'è il cibo di sentiero più che di strada: pane nero, lardo d'Arnad, Fontina d'alpeggio e Jambon de Bosses.









Assai variegato il menù piemontese. Tra le pietanze più insolite ci sono i gofri della Val di Susa e della Val Chisone da gustare dolci o salati e poi le Miasse del Canavese e della Valsesia, ma il massimo è la " merenda sinoira " che prevede acciughe al verde, tomini, insalata russa, giardiniera, vitello tonnato, salame, formaggio, carpioni ( e questa è la dimostrazione che l'apericena l'abbiamo inventato noi piemontesi! )









Passando in Lombardia non si possono nonj assaggiare i mondeghilli ( le polpette fritte nello strutto ) e nella zona dei laghi la frittura di alborelle o nei crotti valtellinesi i pani con il Bitto, i panzerotti, di gran moda a Milano, sono un'importazione pugliese, ma pesino i pizzoccheri si possono considerare un cibo di strada.









In Veneto dalla polenta con la soppressa, al panino col pastin del bellunese, fino alle sarde in saor e allo " scartosso de frito " veneziani è un trionfo di sapori










In Friuli in frico è il primo rappresentante del mangiar per campi, ma come dimenticarsi del prosciutto di San Daniele d e di quello di Sauris e della gubana dolce del viandante.









In Trentino Alto Adige dal Krapfen al Brezel è un trionfo del forno.









Uno dice focaccia e pensa alla Liguria dove però anche le farinata è golosissima.









L'Emilia Romagna è solcata da un'infinità di ricette: erbazzone reggiano, borlenghi, tigelle,  gnocco fritto e poi la piadina da gustare con tutti i salumi, lo squacquerone, il pesto ( è lardo battuto ).









Altra regione simbolo del cibo di strada è la Toscana. Si parte dal panino con il lampredotto ( è una parte della trippa ) al cinque e cinque livornese ( pane e torta di ceci ) dal neccio garfagnino ( è il castagnaccio sottile ) al tortello alla lastra del Casentino fini alla porchetta di Monte San Savino e4 al biscotto salato di Roccalbenga.









Nel Lazio si va di porchetta e di suplì, con l'immancabile filetto di baccalà.













In Umbria porchetta ma anche torta al testo che nelle Marche diventa crescia fogliata per giungere all'apoteosi con le Olive all'ascolana.








In Abruzzo gli arrosticini ( spiedini di carne di pecora e di agnello ) sono come la carta d'identità e contaminano anche il Molise.









In Puglia invece il panorama gastronomico è variegatissimo: puccia salentina, friselle. panzerotti,
bombette ( spiedini di capocollo ).









In Campania la pizza è la regina incontrastata e poi babà, sfogliatelle e scagliozzi di polenta fritta come la pizza fritta.









La fucazza ( è una specie di pizza ) è la ricetta del viandante lucano










mentre in Calabria crespelle reggite, porchetta e vecchiarelle ( ciambelle fritte ) fanno da prologo
alla cornucopia della Sicilia.









Qui ci sono pane con la meusa ( la milza ), pane e panelle, le arancine di riso ( versione popolana del sartù ), sfinciumi ( simili alla pizza ) e stigghiole ( interiora di pecora arrostite ).










Si chiude con gli aromi sardi: casadinas ( panzerotti al formaggio ), pane carasau e pane cunzau, porceddu per arrivare alle seadas, felice incontro di dolce e salato.









Ma se siete affezionati al cestone da picnic potete metterci la frittata di maccheroni napoletana, il vitello tonnato piemontese, la torta d'erbe della Lunigiana, il polpettone di Bologna, il coniglio in porchetta marchigiano, la cotoletta e gli immancabili: pomodori e peperoni ripieni e l'insalata di riso.
Un Lunedì da Angelo!





(Immagini dal web )
( fonte  Carlo Cambi )





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martedì 22 marzo 2016

Andar per laghi...





Oggi vi propongo, per chi non avesse ancora deciso come trascorrere la Pasqua, un fine settimana andando di lago in lago...noi lo abbiamo fatto in un tiepido fine settimana di febbraio e pur essendo poco lontani da casa ci è piaciuto molto anche perchè abbiamo gustato con calma mete che per noi di solito sono riservate a un pomeriggio, al massimo ad una giornata.









Prima tappa del nostro viaggio Arona, il Lago Maggiore appare all'improvviso in una grande luce azzurra; sulla sponda opposta la Rocca di Angera, davanti il centro storico della cittadina, delimitato dall'elegante lungo lago alberato; alle spalle la colossale statua del San Carlone ( a mio parere orribile! ) che domina dall'alto.



















Arona digrada dolcemente lungo le pendici collinari del Vergante, con munumenti d'epoca medioevale ( all'epoca fu importante centro per gli scambi tre Milano e l'attuale Canton Ticino ) e barocca, e la centrale piazza del popolo aperta sul lago con la casa del Podestà e la chiesa della Madonna di Piazza.



















Qui potete passeggiare a vostro piacimento prima sul lungo lago e poi attraverso le piccole vie interne tutte un brulicare di locali e di negozi e visitare la chiesa di Santa Maria nascente che conserva la rinascimentale facciata e il rosone mentre il campanile romanico risulta completato da un coronamento in epoca barocca. Potete, come abbiamo fatto noi, pranzare in uno di questi locali
e poi recarvi a passeggiare nel bel parco della Rocca d'Arona.














































Da qui proseguite direttamente per Stresa percorrendo la bella strada che costeggia il lago e vi troverete in un pezzo di Costa azzurra ritagliata e incorniciata tra le Alpi e il lago Maggiore: stessa atmosfera opulenta e romantica, un po' demodè,identica vegetazione lussureggiante, grandi alberghi di fine XIX secolo frequentati da teste coronate e ricchi borghesi. E dal lungo lago, una delle passeggiate più celebrate d'Italia , la meravigliosa vista delle Isole Borromee.



















Potete decidere di imbarcarvi subito per una visita alle isole Borromee:  Isola Bella, Isola Madre e Isola dei Pescatori opere naturali di assoluta bellezza  in cui l'opera dell'uomo si è perfettamente integrata creando qualche cosa di magnifico ma sulle quali non vorrei dilungarmi troppo avendo in mente di dedicare un articolo a questo paradiso..









Tornati sulla terra ferma, prima di tornare in albergo e pensare alla cena, una passeggiata lungo il lago e nel budello ricco di negozi e, naturalmente di locali.



















Il consiglio è di cenare in qualche ristorantino romantico lungo lago, ce n'è per tutti i gusti e per tutte le tasche e poi di percorrere lentamente la splendida passeggiata ascoltando il rumore dell'acqua...
una serata veramente molto romantica da riporre poi con delicatezza nell'album dei ricordi.





























Noi abbiamo dormito a Stresa ma potete anche scegliere uno dei tanti piccoli paesi disseminati sulle rive del lago Maggiore. Il mattino dopo potete prendere la strada del Mottarone per recarvi al lago d'Orta splendida perla incastonata tra le Alpi del Piemonte.














Il Mottarone è posto tra i due laghi Maggiore e d'Orta ed è uno straordinario balcone naturale. Lo si può raggiungere anche con una comoda funivia, che dopo aver superato il Giardino Botanico Alpinia, raggiunge quota 1385 metri, e dall'alto la vista spazia dalla Pianura Padana alle Alpi: in particolare si possono ammirare ben sette laghi: Maggiore, Orta, Mergozzo, Varese, Comabbio, Monate e Biandronno e le cime del Monte Rosa.
























Dal Mottarone scendete ad Orta, per noi la prima tappa quando veniamo qui è sempre il piccolo Santuario dedicato alla Madonna della Bocciola che sovrasta il lago ed è la chiesa in cui ci siamo sposati...la consideriamo una tappa fondamentale del " nostro andar per laghi"....scesi nel meraviglioso borgo di Orta su cui non mi soffermo perchè ne ho parlato già a lungo qui:
Una domenica al lago d'Orta
potete, come abbiamo scelto di fare noi, prendere la " barchetta " e farvi trasportare fino all'isola di San Giulio, perla incastonata in una perla,. All'epoca noi avremmo voluto sposarci su quest'isola ma purtroppo in quel periodo la diocesi non concedeva la chiesa per i matrimoni..






















L'atmosfera è raccolta e silenziosa, il lago sembra uno zaffiro un luogo un po' fuori dal tempo e ricco di spiritualità. Si percorre la " Strada del silenzio " che ci guida attraverso tutta l'Isola e a cui in seguito vorrei dedicare un intero post ragione per cui, come per le isole Borromee, non mi dilungo troppo.























Rientrati nella bella piazza di Orta si può mangiare nei locali che si affacciano sul lago e concedersi un lungo momento di pausa e di relax in uno dei piccoli borghi più belli d'Italia
Nel pomeriggio  vi consigliamo una bella passeggiata attraverso gli stretti vicoli brulicanti di negozi e poi la rilassante passeggiata lungo il lago, vi sembrerà di vivere dentro una cartolina.



































Infine, se non siete ancora stanchi  e avete voglia di camminare per 5 minuti, lasciando Orta vi consigliamo una puntatina alla Torre del Buccione, anche noi ci siamo stati per la prima volta durante il fine settimana sui laghi. Ben restaurata ci regala altri magnifici panorami su Alpi e laghi in una cornice molto suggestiva.





























Bene , vi ho invogliati ad un fine settimana in terra piemontese? Se non proprio quello di Pasqua uno dei prossimi fine settimana primaverili potrebbe essere l'ideale per una gita come questa...che è piaciuta moltissimo anche ai nostri ragazzi pelosi.





( Alcune fotografie di Stresa così come le prime due del Mottarone non si riferiscono a Febbraio di quest'anno ma alla scorsa estate. )



Piemontesità

Piemontesità
" ...ma i veri viaggiatori partono per partire, s'allontanano come palloni, al loro destino mai cercano di sfuggire, e, senza sapere perchè, sempre dicono: Andiamo!..." ( C.Boudelaire da " Il viaggio")