sabato 10 maggio 2014

Cinque libri che amo e...un giochino!




La mia amica Sheryl autrice del blog



mi ha invitata a partecipare a questo giochino, e come non accettare?
Quando si parla di libri io ci sono sempre.
Dunque, si tratta di elencare e dire due parole su 5 libri e poi invitare
5 persone a proseguire il "gioco"
Però, 5 libri per una come me che vive di libri sono veramente pochi,
come faccio? Devo escludere tanti grandi amori,,,vabbè, ci provo...



Moby Dick, Melville







II giovane Israele incontra in una locanda il polinesia­no Quiqueg e con lui s' imbarca sulla baleniera Pequod. Solo a navigazione iniziata Ismaele conosce il capita­no della nave di cui finora ha sentito favoleggiare 
dal­l' equipaggio che ne è affascinato. Il capitano Achab ap­pare sul ponte, solido come il bronzo, con una gamba d' osso di balena e un' unica ossessione: trovare Moby Dick, l' inafferrabile balena bianca che l'ha mutilato con un colpo di coda. Da anni i balenieri di tutto il mondo parlano di lei. Moby Dick è astuta e feroce. Tutte le na­vi la temono e fuggono, tranne quella di Achab. Per mesi il Pequod percorre gli oceani alla ricerca del mostro e l' irresistibile inseguimento del capitano Achab si ca­rica di significati simbolici. Moby Dick è il Male, il mi­stero del destino, il dramma della vita umana e Achab è l' uomo che non accetta i limiti imposti alla sua con­dizione e sfida le forze della natura. Moby Dick final­mente appare. La caccia dura tre giorni e Achab, divi­so l' equipaggio su tre lance, guida l' assalto definitivo. La nave speronata affonda. Achab con un rampone ag­gancia il mostro ma resta impigliato alla fune e trasci­nato nell'abisso con i suoi uomini. Solo Ismaele si sal­va sostenendosi per due giorni a un relitto.

Grandissimo libro, grande enciclopedia del mare e dell'animo umano.






" Ma nell'inseguire quei lontani misteri di cui sogniamo,
o nella caccia tormentosa di quel fantasma demoniaco che prima o poi
ruota dinnanzi a tutti i cuori umani, nella caccia di tali cose intorno a questo globo,
esse o ci conducono in vuoti labirinti o ci lasciano sommersi a metà strada. "



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Delitto e castigo, Dostoevskij






Lo svolgimento dei fatti è quasi tutto a Pietroburgo, nel corso di un'afosa estate. L'epilogo invece si svolge nella prigione-fortezza di una località non espressamente nominata, sulle rive del fiume Irtyš (fiume del bassopiano della Siberia occidentale). Dovrebbe trattarsi di Omsk, ove era presente una struttura per lavori forzati, conosciuta bene da Dostoevskij per avervi scontato egli stesso una condanna.

Il romanzo ha il suo evento chiave in un duplice omicidio dettato dall'ostilità sociale: quello premeditato di un'avida vecchia usuraia e quello imprevisto della sua mite sorella più giovane, per sua sfortuna comparsa sulla scena del delitto appena compiuto. L'autore delle uccisioni è il protagonista del romanzo, un indigente studente pietroburghese chiamato Rodion Romanovič Raskol'nikov, e il romanzo narra la preparazione dell'omicidio, ma soprattutto gli effetti emotivi, mentali e fisici che ne seguono.

Dopo essersi ammalato di "febbre cerebrale" ed essere stato costretto a letto per giorni, Raskol'nikov viene sopraffatto da una cupa angoscia, frutto di rimorsi, pentimenti, tormenti intellettuali e soprattutto la tremenda condizione di solitudine in cui l'aveva gettato il segreto del delitto; presto subentra anche la paura di essere scoperto, che logora sempre di più i già provati nervi del giovane: troppo gravoso per lui è sostenere il peso dell'atto scellerato. Fondamentale sarà l'inaspettato incontro con una povera giovane, Sonja, un'anima pura e pervasa di una fede sincera e profonda, costretta però a prostituirsi per mantenere la matrigna tisica e i fratellastri. La giovane offre alla solitudine del nichilismo di Raskol'nikov la speranza e la carità della fede in Dio. Questo incontro sarà determinante per indurlo a costituirsi e ad accettare la pena. Ma il vero riscatto avverrà per l'amore di Sonja che lo seguirà anche in Siberia.

Il delitto era stato compiuto: non era stata la Siberia il castigo, ma la desolazione emotiva e le sue peripezie per arrivare infine, grazie a Sonja, alla confessione.

Oltre al destino di Raskol'nikov, il romanzo, con la sua lunga e varia lista di personaggi, tratta di temi comprendenti la carità, la vita familiare, l'ateismo e l'attività rivoluzionaria, con la pesante critica che Dostoevskij muove contro la società russa coeva. Sebbene rifiutasse il socialismo, il romanzo sembra criticare anche il capitalismo che si stava facendo strada nella Russia di quel tempo.

Raskol'nikov reputa di essere un "superuomo" e che avrebbe potuto commettere in modo giustificato un'azione spregevole — l'uccisione della vecchia usuraia — se ciò gli avesse portato la capacità di operare dell'altro bene, più grande, con quell'azione. In tutto il libro vi sono esempi di ciò: menziona Napoleone molte volte, pensando che, per tutto il sangue che versava, faceva del bene. Raskol'nikov pensa di poter trascendere questo limite morale uccidendo l'usuraia, guadagnando i suoi soldi, ed usandoli per fare del bene. Sostiene che se Newton o Keplero avessero dovuto uccidere un uomo, o addirittura un centinaio di uomini, per illuminare l'umanità con le loro leggi e le loro idee, ne sarebbe valsa la pena.

Il vero castigo di Raskol'nikov non è il campo di lavoro a cui è condannato, ma il tormento che sopporta attraverso tutto il romanzo. Questo tormento si manifesta nella suddetta paranoia, come anche nella sua progressiva convinzione di non essere un "superuomo", poiché non ha saputo essere all'altezza di ciò che ha fatto.








" A volte l'uomo è straordinariamente, appassionatamente 
innamorato della sofferenza. "



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I Vicerè,  Federico De Roberto








'I Vicerè' narra la storia della nobile famiglia siciliana de gli Uzeda nell'arco di tempo che va dai primi moti dell'isola alle elezioni del 1882. Gli Uzeda sono dilaniati da accaniti contrasti per motivi di interesse che oppongono il principe Giacomo, duro e avido, al dissoluto conte Raimondo, il cinico e corrotto don Blasco al nipote Ludovico, anch'egli monaco senza vocazione, e alla sorella, donna Ferdinanda. Questi contrasti hanno per cornice i grandi avvenimenti dell'unità italiana. Alle beghe di fratelli e parenti si aggiunge la lotta che tutti insieme sostengono per conservare gli antichi privilegi, per mantenere, nel rapporto tra sfruttatori e sfruttati, la parte dei dominatori: nonostante il naufragio di alcuni singoli come don Eugenio finito in miseria. Don Blasco è pronto ad approfittare della soppressione dei conventi per acquistare i beni degli ordini ecclesiastici. Il vecchio don Gaspare non esita a fingere simpatie liberali riuscendo a farsi eleggere deputato. Consalvo, l'ultimo degli Uzeda, si mescola a faccendieri e corruttori pur di farsi eleggere. Il naufragio degli ideali della borghesia liberale è emblematizzato dalla figura di Giulente, giovane patriota che nonostante il matrimonio con una Uzeda, non ottiene la sperata promozione sociale e risulta sconfitto alle elezioni politiche. Attraverso le vicende degli Uzeda lo scrittore disegna un vasto affresco dell'aristocrazia siciliana nel momento del difficile passaggio dal regime borbonico alla nuova realtà sociale dell'Italia unita.






" Io mi rammento che nel Sessantuno [1861], 
quando lo zio duca fu eletto la prima volta deputato, mio padre mi disse: 
"Vedi? Quando c'erano i Viceré, gli Uzeda erano Viceré; 
ora che abbiamo i deputati, lo zio siede in Parlamento."



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Le confessioni di un Italiano,  Ippolito Nievo








Romanzo di Ippolito Nievo, che a lungo è stato conosciuto come "Confessioni di un ottuagenario", titolo voluto dagli editori che le pubblicarono postume nel 1867, perché il pubblico non avesse il dubbio si trattasse di un libro di propaganda politica. 

ll protagonista Carlo Altoviti detto Carlino, nato nel 1775, narra nel 1858 le proprie vicende, intrecciandole con quelle d'Italia, dalla disgregazione della società settecentesca a causa dei colpi inferti dai nuovi rivoluzionari, al consolidarsi della nazione italiana durante la Restaurazione, passando poi alle prove di libertà sui campi di battaglia. 

Carlino, orfano, viene allevato, poiché sua zia è moglie del conte di Fratta, nel Castello di Fratta nel Friuli, vicino a Portogruaro. Qui, la vita si svolge ancora nei dettami e con gli usi di una società di stampo feudale, ridicola e fuori tempo massimo. 

Carlino è sopportato più di quanto sia amato; ma gli vogliono bene un vecchio servo, Martino, e, a suo modo, la sua cugina Pisana, bambina affatto originale e anticonformista, la quale sarà per tutta la vita il suo romantico amore, nonostante ella si sposi poi con un vecchio, ricchissimo nobile veneziano. 

Carlino, studente a Padova, entra in contatto con ambienti liberali. 
Arriva Napoleone. 
Venezia è venduta col trattato di Campoformio.
La Pisana se ne lamenta con l’amante, un còrso, ufficiale dell'esercito napoleonico, che non ha cuore di farsi restauratore della libertà veneziana; la Pisana lascia il marito e si unisce a Carlo.

Ma questi è costretto alla fuga: Milano, Firenze, e poi Roma. 
Entra nella legione comandata dal Carafa di cui la Pisana, solo per l'odio che nutre nei confronti dei reazionari, è diventata amante. 
Carlo, combattendo poi per la Repubblica Partenopea, viene fatto prigioniero da Gaetano Mammone, capo dei Sanfedisti; ma è salvato dalla morte grazie al romanzesco e provvidenziale intervento della Pisana e del dottor Vianello, uno dei frequentatori del castello di Fratta, innamorato della contessina Clara, sorella della Pisana che si era fatta monaca perché la famiglia non le aveva permesso le nozze con lui. 

Caduta la Partenopea, Carlo e la Pisana vanno a Genova. La città è difesa dal Massena. Si recano a Bologna. Ma la volubile donna abbandona Carlo, che torna a Venezia in occasione della formazione del Regno ltalico. 
Qui Carlo si ammala, e la Pisana lo cura affettuosamente, accompagnandolo quand'è ancora convalescente in una gita sui luoghi dell'infanzia.
Nell'occasione, Carlo conosce una ragazza, Aquilina, che gli vorrà bene; e la Pisana vuole che i due si sposino, sacrificando il suo affetto intenso ma bizzarro alla pace di lui. Dopo il matrimonio si allontana.


Caduto Napoleone, Carlo è fra i liberali; nel 1820, soldato di Guglielmo Pepe, e ferito, fatto prigioniero e processato per alto tradimento; condannato ai lavori forzati, perde la vista e gli viene commutata la pena nell'esilio.

È opera della Pisana, ancora una volta: che lo accompagna a Londra, lo cura, lavora, chiede l'elemosina per aiutarlo. Carlo riacquista la vista per opera del dottor Vianello, anch'egli esule a Londra; ma la Pisana, stremata dalla vita di privazioni e stenti, muore. 

Carlo conserva però vivo il ricordo della donna, e ne elegge lo spirito a guida anche negli ultimi anni. Sono questi anni che segnano la decadenza della famiglia di Fratta; anche del Castello non resteranno che alcuni ruderi. 


Per la potenza evocatrice d‘un mondo che scompare, per l'umorismo a tratti lieve e giovanile, altre volte pensoso, e soprattutto grazie alla creazione di un personaggio indimenticabile come la Pisana, questo romanzo resta fra i piu suggestivi libri del nostro '800.






" Bisogna aver vissuto e filosofeggiato a lungo
per imparare a dovere la scienza di tormentarsi squisitamente "



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Il deserto dei Tartari, Dino Buzzati








Giovanni Drogo, protagonista del romanzo, dopo l’accademia militare e con il grado di tenente viene assegnato alla Fortezza Bastiani: una caserma fortificata nel mezzo del deserto dei Tartari. Luogo questo di invenzione narrativa ma che ricorda ambienti isolati tipici di alcuni quadri surrealisti e metafisici. Durante il viaggio di alcuni giorni verso la fortezza, Drogo incontra il capitano Ortiz, con il quale prosegue il viaggio.

Drogo viene istruito dal capitano sul fatto che molti cercano di andarsene dalla fortezza e che comunque di solito il servizio dura due anni e serve a molti per fare carriera. Drogo però non sa per quanto tempo dovrà rimanere in servizio alla Bastiani e quando vede la fortezza e la desolazione che la circonda, spera di andarsene al più presto. Viene, però, convinto dal maggiore Matti a fermarsi per almeno quattro mesi. In questo periodo Drogo scopre tutta l’amarezza del vivere in un luogo isolato, sperimenta una quotidianità ripetitiva dove nulla accade di nuovo.

I nemici, i Tartari, non appaiono mai all’orizzonte e quindi diventano una speranza di riscatto e gloria che col tempo tende ad assopirsi. Passati i quattro mesi, Drogo potrebbe andarsene ma è trattenuto dal farlo; oscure presenze, racconta Buzzati, gli impediscono di partire, parte di queste albergano nel suo animo. Cosa è successo?

Si sta abituando ad un’esistenza diversa da quella che aveva immaginato. La vita militare nella fortezza è cadenzata dallo stesso ritmo quotidiano, dagli stessi volti, dalle stesse ripetute ritualità e questo, malgrado tutto, ha un suo piccolo fascino. Un giorno per sbaglio viene ucciso da una sentinella il soldato Lazzari, perché non risponde alla sentinella, identificandosi con la parola d’ordine. Il soldato era andato a recuperare un cavallo.

In seguito avviene un altro lutto, il tenente Angustina muore di freddo durante una missione amministrativa. Missione che doveva incontrare una delegazione nemica mandata a stabilire i confini. Dopo molti mesi di servizio Drogo ottiene una licenza e ritorna nella sua città natale. La distanza fra lui, la madre e i suoi amici si fa più ampia, perché tutto gli sembra un po’ sbiadito. Gli amici hanno altre vite, la ragazza di cui si era invaghito nel passato, ha intrapreso un’altra strada e la madre è invecchiata. Non gli resta che tornare alla fortezza nella speranza che qualcosa di nuovo possa accadere.

In realtà molti suoi amici partono e a Giovanni rimane solo l’amicizia con Simeoni, il quale un giorno avvista movimenti all’orizzonte ed entrambi immaginano, eccitati, l’approssimarsi della battaglia. Ma non è così, i nemici stanno solo costruendo una strada.

Un giorno, dopo anni, i nemici si apprestano ad attaccare. La fortezza è tutto un brulicare di uomini in armi, arrivano rinforzi dalla città e finalmente tutti si preparano alla guerra, ma Giovanni è invecchiato e si è ammalato. Non lo possono quindi tenere lì mentre fervono i preparativi per la battaglia. In una carrozza, solo, viene portato in una stanza d’albergo e lì comprende che la sua vita non è stata vana e che l’ultima missione, la prima e ultima battaglia della sua vita, dovrà combatterla con la morte. Mantenendo quella dignità che lo ha contraddistinto per tutta la vita.


Punti fondamentali del romanzo sono lo stile narrativo, lirico e preciso, in cui ogni parola evoca non solo un’immagine ma uno stato d’animo. E la trama, un racconto con spunti autobiografici ma soprattutto una storia che rappresenta con straordinaria profondità la parabola di un’esistenza.

Spesso il libro trascina il lettore in uno stato d’animo annichilito dalle vicende del protagonista, in cui si riflette un’esistenza comune, legata soprattutto alla monotonia del lavoro e degli impegni sociali. Ma a ben guardare “Il deserto dei Tartari” racconta l’animo umano e il suo adattarsi alle circostanze, oltre a rappresentare la trasformazione delle aspettative e delle ambizioni dell’uomo di fronte alla realtà della vita quotidiana, la cui bellezza si esprime in piccoli gesti e in piccoli atti che con dignità il protagonista svolge fino alla fine.







" Oh troppo tardi ormai per ritornare, dietro a lui si amplia
il suono della moltitudine che lo segue, sospinta dalla stessa illusione,
ma ancora invisibile sulla bianca strada deserta. "



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Doveva essere un piccolissimo post...ma come si fa a parlare di 5 libri
in un piccolissimo post? Spero tanto di non avervi annoiati troppo, so che le mie
letture possono essere considerate " pesanti ", ma questi sono i libri che amo.
Ringrazio ancora Sheryl per avermi invitata a partecipare a questo " gioco " e a mia volta
invito Audrey, autrice di  Borderline,
a " giocare " con noi.


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Se vi fa piacere vi invito a visitare il blog di Grazia
e il bellissimo post che mi ha dedicato











19 commenti:

  1. Per la verità li ho letti tutti o riletti, specie Dostoevskij. Mi manca I Vicerè di De Roberto. Il tuo racconto, la trama che ci illustri mi hanno invogliato a leggerlo. Mi pare una magnifica saga siciliana.

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    1. Ciao Ambra, se non hai letto I Vicerè ti consiglio di leggerlo, a mio parere è un libro bellissimo, una perla della nostra letteratura. Il monologo finale di Consalvo è un capolavoro...se decidi di leggerlo mi dirai la tua opinione.
      Buona serata.
      Antonella

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  2. Ciao Antonella,
    certo che da un semplice tag sei riuscita a tirar furi un gran bel post, complimenti!!!
    Come sai ho provato a leggere Dostoevskij, ma forse non era il moneto adatto. Vorrei leggere Ippolito Nievo perchè mi hai incuriosita.
    Grazie per aver scelto me per proseguire il gioco ;)
    Un abbraccio e buon week end

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    1. Ciao Audrey, è che sono logorroica, il dono della sintesi mi manca proprio!

      Come sai io amo molto Dostoevskij, però ritengo che vada letto al momento giusto, vedrai che un bel giorno lo prenderai in mano e improvvisamente ti innamorerai di lui.

      La lettura di Ippolito Nievo te la consiglio caldamente, io l'ho riletto lo scorso anno, è stata un'impresa titanica, ma ne ho ricavato una grande soddisfazione rispetto alla lettura che ne avevo fatto tanti anni fa a scuola. Un libro splendido che non si può non leggere.

      Aspetto i tuoi 5 libri, un bacione.
      Antonella

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  3. Sono grandi classici.
    Io non amo molto la letteratura russa, e di questi ho letto Moby Dick e i Viceré :)

    Moz-

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    1. Ciao Moz, credo che la letteratura o la si ama molto o non la si ama per niente...a me piace e non mi stanco mai di leggere e rileggere in particolare Dovstoevskij, credo che se dovessi salvare un libro salverei Delitto e Castigo.

      Su Melville che dire? Secondo me un altro libro che non si può non leggere, contiene tutti gli orrori dell'animo umano. I Vicerè...provare a rileggerlo alla luce degli avvenimenti odierni!

      Ti auguro una buona serata.
      Antonella

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  4. Sicuramente molto interessante libro, Il Viceré è l'unico che non sapeva! Grazie per i vostri ottime recensioni!

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    1. Grazie a te Leovi, non so se esiste una traduzione nella tua lingua de I Vicerè, se così fosse ti consiglio di leggerlo, è un grande capolavoro.
      Buona serata, un abbraccio.
      Antonella

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  5. Cara Antonella hai creato una bella pagina letteraria, molto piacevole da leggere .
    Un caro abbraccio

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    1. Grazie Cettina, doveva essere un giochino ma come sempre quando parlo di libri mi lascio un po' prendere la mano, spero di non essere stata troppo pesante1

      Buon fine settimana.
      Antonella

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  6. Che titoli interessanti!! Moby-Dick mi ha sempre incuriosita, ma non l'ho mai letto!! Devo rimediare :)
    Un abbraccio

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    1. Ciao Sheryl, grazie ancora per avermi passato questo gioco-libroso che come vedi mi è molto piaciuto...anzi, mi sono lasciata prendere un po' la mano!
      Sì, Moby Dick è un libro molto bello che scava in profondità tra le paure e le ossessioni dell'uomo. Penso che ti piacerà.
      Un abbraccio.
      Antonella

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  7. un post molto bello e ricco,si sente la tua grande passione per la lettura
    buona domenica

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    1. Grazie, in effetti la lettura e i libri in genere sono la mia grande passione...
      Buona domenica anche a te.
      Antonella

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  8. Ciao Antonella, proposte interessanti.. grandi classici!! Un post ricco di elementi di piacevole lettura.
    Passa una buona domenica, Stefania

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    1. Ciao Stefania, come avrai già capito amo molto leggere questi grandi classici, è stato difficile selezionarne solo 5...
      Buona domenica anche a te.
      Antonella

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  9. Confesso che ho letto solo un libro di quelli che hai nominato: Le confessioni di un italiano. L'avevo letto a scuola e non mi era piaciuto per niente, Chissà che magari riletto adesso, da adulta, non mi possa piacere!

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    1. Ciao Silvia, anch'io avevo letto Le confessioni di un italiano a scuola e avevo giurato che non l'avrei mai più preso in mano. L'anno scorso, non so perchè, ha cominciato a ronzarmi in testa e così ho dato il via all'impresa immane di rileggerlo...è stata una splendida sorpresa, al punto che ormai fa parte dei miei libri preferiti....se ci riprovi fammi sapere.
      A presto.
      Antonella

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  10. Ciao Antonella. Sempre interessante leggerti! Dunque: io amo gli scrittori russi, per cui Dovstoevskij come Tolstoj li so quasi a memoria. Oggi ho ritrovato "Il giardino dei ciliegi" di Cecov, ma debbo rileggerlo perchè non mi era piaciuto molto. Mi spiace per gli altri testi. Ne prendo nota e poi ti dirò. Sei eccezionale. Ora è tardi. Buona notte!

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Piemontesità

Piemontesità
" ...ma i veri viaggiatori partono per partire, s'allontanano come palloni, al loro destino mai cercano di sfuggire, e, senza sapere perchè, sempre dicono: Andiamo!..." ( C.Boudelaire da " Il viaggio")